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Scritto il 28/2/11

Uranio a Quirra: blitz del giudice al poligono radioattivo

Ispezione al poligono militare del Salto di Quirra: in cinque contenitori in un deposito non adeguatamente custodito è stato rinvenuto un quantitativo di uranio. Sarebbe la conferma di tanti sospetti, dietro alle troppe morti bianche causate dalla “sindrome di Quirra”, versione sarda della “sindrome dei Balcani” che ha fatto strage tra i soldati dei contingenti internazionali in Bosnia. Diagnosi: tumori mortali, probabilmente generati dalle “polveri di guerra”, i residui che restano nell’aria, sul suolo e nell’acqua dopo l’esplosione di proiettili di artiglieria contenenti uranio, spesso “impoverito”. A far scattare le indagini, e il sequestro del materiale, una denuncia sanitaria: il 65% dei pastori che vivono attorno all’area è malato di leucemia.

Ora, la prova: c’è l’uranio a Quirra. Isotopo 238, in gergo: uranio arricchito . E c’è da chissà quanto tempo, scrive “L’Unione Sarda”, che rivela che il materiale radioattivo è stato rinvenuto il 26 febbraio dagli esperti inviati dalla Procura di Lanusei per un’ispezione nel poligono, area interforze della Nato spesso affittata alle multinazionali delle armi per condurre test missilistici. L’uranio è stato scovato «all’interno di alcune cassette metalliche, cinque per l’esattezza, sistemate in un deposito di materiali speciali, compreso il munizionamento rimasto inesploso dopo le esercitazioni e in attesa di una futura distruzione. Magazzino – continua “L’Unione Sarda” – senza nessuna misura di protezione o di sicurezza, senza nessun cartello di pericolo, dove l’accesso era libero per chiunque lavori all’interno della base».

Il deposito si trova a Capo San Lorenzo, a due passi dalla spiaggia e dalla zona dove, secondo i veterinari delle Asl di Lanusei e Cagliari, si sono ammalati di leucemia 10 dei 18 pastori. La scoperta dell’uranio rappresenterebbe una svolta nelle indagini: un autentico colpo di scena nell’inchiesta del procuratore Domenico Fiordalisi. Le cinque cassette metalliche altamente radioattive (sono stati registrati valori cinque volte superiori alla norma) sarebbero state consegnate al professor Paolo Randaccio, fisico nucleare dell’Università di Cagliari, per verificare l’esatta dislocazione dell’uranio. Si tratta di particolari proiettili in grado di perforare qualsiasi corazza? Oppure di barre stabilizzatrici di missili o semplici componenti di radar, come sostiene l’amministrazione del poligono?

L’ispezione del 26 febbraio, continua il giornale sardo, è stata ispirata dalle denunce arrivate alla Procura di Lanusei e alla Squadra mobile di Nuoro: gli inquirenti hanno potuto appurare che in quei magazzini diversi soldati che lavoravano come magazzinieri si erano ammalati tutti della stessa patologia: linfoma di Hodgkin, uno dei tumori più aggressivi. Secondo la professoressa Maria Antonietta Gatti dell’università di Modena, inizialmente coinvolta in una prima inchiesta (parlamentare) su Quirra, le “polveri di guerra” disseminate dalle esplosioni contaminano vaste aree della Sardegna, la regione dove si concentra il maggior numero di basi militari italiane. Per il comitato civico “Gettiamo le basi”, che da dieci anni denuncia il pericolo, è giunto il momento di fare piena luce sui rischi del Salto di Quirra, il poligono militare più grande d’Europa.

La denuncia è esplosa nel 2008 con un romanzo, “Perdas de Fogu”, firmato da Massimo Carlotto insieme al giovane collettivo sardo Mama Sabot. Epicentro del dramma, il paese di Perdasdefogu, una delle località che circondano Quirra. La trama si sviluppa attorno all’omicidio di una veterinaria, fermata perché “pericolosamente” interessata ad approfondire la causa dell’alta mortalità degli agnelli e dei casi di ovini nati deformi. Profetica intuizione: oggi le indagini sono partite proprio dal rapporto dei veterinari delle Asl, allarmati dalle anomalie negli allevamenti dell’area, colpiti da morie di ovini e dalla nascita, in serie, di agnellini segnati da gravi deformità. Dalle pecore ai pastori, malati di leucemia e altri tumori. I morti sarebbero ormai decine, tra allevatori e personale militare in servizio al poligono.

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