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25 giugno 2012

L’uso dei droni è un ‘crimine di guerra’
di Luca Galassi

Cinquant’anni di diritto internazionale messi a rischio: così il rappresentante delle Nazioni Unite per le esecuzioni sommarie, Christof Heyns, definisce l’uso dei droni da parte della Cia. Gli omicidi mirati eseguiti attraverso gli aerei senza pilota, in special modo nelle aree tribali al confine tra Pakistan e Afghanistan, in Somalia e in Yemen, sono ‘la più grande sfida al sistema del diritto internazionale dopo la Seconda Guerra Mondiale’.

Di più: tale pratica potrebbe incentivare altri Stati a compiere le stesse violazioni che, in alcuni casi, Heyns classifica come veri e propri crimini di guerra.

Le esternazioni – le più dure da parte del legale sudafricano, specialista Onu in esecuzioni extra-giudiziali e terrorismo – sono arrivate durante una conferenza organizzata dall’Aclu, tra le maggiori organizzazioni per la tutela dei diritti umani degli Stati Uniti. Assieme a Heyns, ha preso parte alla conferenza anche un altro esperto in anti-terrorismo, Ben Emmerson QC, che ha annunciato di voler dare priorità assoluta alle inchieste sugli attacchi con droni. Un tema, quest’ultimo, che verrà posto ai vertici dell’agenda internazionale dopo che questa settimana Cina e Russia hanno elaborato, assieme ad altri Paesi, una dichiarazione congiunta di condanna degli attacchi con droni al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

Se Stati Uniti o altre nazioni responsabili per attacchi al di fuori di zone di guerra riconosciute non avvieranno ‘inchieste indipendenti’ su ciascun caso di omicidio, ha enfatizzato Emmerson, “allora spetterà alle Nazioni Unite costituire un proprio organismo d’indagine”.

Heyns ha dichiarato che alcuni Stati trovano gli omicidi mirati “enormemente attrattivi. Altri Paesi potrebbero farlo in futuro. Le pratiche attuali indeboliscono il ruolo del diritto. Mentre gli omicidi mirati possono essere legali in alcuni conflitti armati, ce ne sono molti che si verificano lontano da aree riconosciute come tali. Ci sono stati attacchi ‘secondari’ di droni sui soccorritori che portano aiuto ai feriti – ha detto Heyns, citato dal quotidiano britannico Guardian –: tali attacchi secondari sono un crimine di guerra”.

Heyns ha definito ‘ridicola’ la tesi degli Stati Uniti secondo la quale gli attacchi contro Al Qaeda o affiliati sono la legittima risposta agli attacchi dell’11 settembre. “Alcuni Stati – ha sostenuto – sembrano voler inventare nuove leggi per giustificare nuove pratiche”.

“Il termine ‘omicidio mirato’ è sbagliato, perché suggerisce l’implicazione di un ruolo marginale della violenza. Il danno collaterale può essere minore rispetto a un bombardamento aereo, ma poiché si elimina il rischio di perdite militari, il loro uso può diventare smodato”.

Emmerson ha invece posto l’accento sulla necessità di inchieste da parte degli Stati coinvolti. “Alternativamente, sarà compito delle Nazioni Unite istituire un organo di inchiesta. E’ tempo di terminare la ‘cospirazione del silenzio’ sugli attacchi dei droni, e ‘accendere la luce sui processi di indagine indipendenti’.

Secondo l’Aclu, 4mila persone hanno perso la vita in attacchi con droni statunitensi dal 2002 in Pakistan, Yemen e Somali. Una significativa quota sono civili. Da quando Obama è diventato presidente, il numero dei morti è salito esponenzialmente.

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