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29/11/2012

Analisi: politica e umanitarismo in Israele-Palestina

GERUSALEMME (IRIN) – "Diamo aiuto, non facciamo politica", è stato il mantra tradizionale della comunità umanitaria tradizionale. Ma questa divisione non è sempre facile da mantenere, specialmente per coloro che lavorano nei Territori Occupati Palestinesi, cosa che è stata messa in forte rilievo dai recenti sette giorni di bombardamenti sulla Striscia di Gaza.

ONG come Oxfam hanno rapidamente condannato l'escalation, dicendo che "la vera sicurezza per le persone a Gaza e nel sud di Israele arriva quando tutte le parti in conflitto metteranno le persone davanti della politica." Ma se la politica è riconosciuta come il problema, è possibile per gli umanitari ignorarla nella loro ricerca di soluzioni? Per alcuni, la linea di demarcazione tra gli aiuti umanitari e il sostegno politico è sempre più confusa.

Il bombardamento ha distrutto decine di edifici che erano stati ricostruiti con gli aiuti umanitari dopo la crisi 2008-9, e nel più ampio contesto della terra di Israele, del mare e del blocco aereo della Striscia di Gaza ha anche ostacolato il lavoro umanitario "con le Nazioni Unite e il lavoro di altri progetti, per ora fermi a causa delle lunghe procedure burocratiche israeliane, per portare materiali fondamentali come acciaio, aggregati e cemento ", ha detto Ana Povrzenic, organizzatrice per l'area  di Gaza del collettivo "Shelter Sector ".

L'impatto della crisi provocata dall'uomo in questi ultimi anni nei territori Ocupati, ha dato luogo a una crescente attenzione sulle politiche di difesa tra le ONG umanitarie.

"Guardiamo a questioni politiche, perché l'aiuto umanitario deve arrivare di pari passo con una piattaforma di difesa forte", ha detto Aimee Shalan, direttore della difesa e delle comunicazioni presso la ONG Medical Aid for Palestinians (Aiuto Medico per i Palestinesi), una delle 22 ONG firmatarie - molte delle quali con un mandato umanitario - di un recente report che invita l'Unione europea a vietare le importazioni di prodotti delle colonie israeliane.

Le ONG firmatarie hanno detto che la continua espansione degli insediamenti a Gerusalemme Est e in Cisgiordania è diventata un esempio dell'impatto umanitario delle decisioni politiche sul terreno: colpisce la mobilità dei palestinesi, l'agricoltura, e l'accesso alle cure sanitarie, e rende più difficile qualunque futura soluzione nel conflitto con le colonie.

"Dal nostro punto di vista, ovviamente si tratta per noi di una questione politica", ha detto Shalan, aggiungendo che l'aiuto estero senza impegno politico rischiava di "cementare l'occupazione" e, quindi, di essere dannoso per la dignità palestinese, per la sua indipendenza e la sostenibilità.

Il governo israeliano ha detto che il report ha messo da parte gli interessi puramente umanitari per un programma politico. Le opinioni di Shahlan sono discusse all'interno della comunità umanitaria, che ha a lungo dibattuto sul ruolo del cosiddetto doppio mandato delle ONG, che forniscono assistenza umanitaria, sostenendo al contempo politicamente una delle due parti in un conflitto.
 

Le accuse di partigianeria

L'imparzialità politica è ampiamente considerata come un requisito indispensabile per la sicura consegna di aiuti umanitari, mentre il sostegno politico è spesso considerato come in conflitto, o per lo meno di difficile coesistenza, con i principi del lavoro umanitario.

"Siamo un attore umanitario. Quando diamo sostegno, lo facciamo sulla base dei diritti dei nostri beneficiari (sfollati interni) e dei rifugiati", ha dichiarato Elisabeth Rasmussen, segretario generale del Norwegian Refugee Council (Consiglio norvegese per i rifugiati).

"E 'difficile nei Territori Occupati Palestinesi, perché tutta la situazione è molto politicizzata. Alcuni attori stanno dando molto sostegno, simpatizzando con un partito o un altro nello stesso momento in cui stanno fornendo assistenza – questo sta confondendole cose. Noi insistiamo affinchè si resti imparziali."

Mentre il doppio mandato ONG vede gli aiuti umanitari come vuoti senza l'impegno politico - non affrontano le cause profonde dei problemi umanitari - altri dicono che l'impegno politico  mette effettivamente a rischio il lavoro umanitario.

"Il lavoro politico può certamente mettere in pericolo l'azione umanitaria se influenza la direzione in cui si muove l'intervento", ha dichiarato Ramesh Rajasingham, capo dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari nei Territori Occupati Palestinesi. "Ecco perché l'OCHA e le organizzazioni umanitarie fanno di tutto per evitare tali rischi."

I confini sfocati da parte di alcune ONG hanno già aperto la porta alle accuse che le associazioni umanitarie sono di parte, politiche e anti-Israele, accuse arrivate in particolare da parte del governo israeliano, che traccia una linea netta tra ciò che considera politico e ciò che considera umanitario.

"'Umanitario' significa che si vuole contribuire in modo umanitario, nel settore della sanità o per il cibo o il benessere, senza giudizio politico", ha detto Ilana Stein, vice-portavoce del ministero israeliano degli Affari Esteri . "Ma quando si prendono le parti e si inizia ad esprimere opinioni politiche, questa è già una sfera non-umanitaria".

Il gruppo ONG Monitor della destra israeliana - il cui obiettivo dichiarato è quello di "porre fine alla pratica utilizzata da alcuni sedicenti" ONG umanitarie "di sfruttare l'etichetta 'valori universali dei diritti umani" per promuovere politicamente e ideologicamente ordini del giorno motivati "- è occupato nello stilare la lista nera delle ONG che ritiene colpevoli.

"La distribuzione di acqua è un classico esempio di un'orchestra di tutte le ONG che ripetono le stesse affermazioni infondate", ha detto Gerald Steinberg, la testa del gruppo, che analizza le attività e le relazioni delle ONG.

Come il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha sottolineato in un rapporto del 2011 sul futuro dell'azione umanitaria, la politicizzazione degli aiuti ha una lunga storia e ha portato a "dura critica dell'azione umanitaria per decenni".

Ai sensi delle Convenzioni di Ginevra sulle leggi di guerra, il CICR ha uno status speciale come fornitore imparziale degli aiuti, ma alcune ONG, e in particolare quelle che fanno lavoro umanitario per il governo, sono state meno immuni dalle accuse di fare politica.

E anche CICR a volte è sotto attacco: il vice direttore delle operazioni del CICR, Dominik Stillhart, ha detto in un'intervista che "c'è sempre il rischio che le nostre osservazioni potrebbero essere sfruttate per guadagno politico o strumentalizzate da una parte o dall'altra."
 

La vera causa della vulnerabilità

Alla fine la maggior parte delle discussioni verte sulla definizione di "umanitario". Alcune agenzie umanitarie lamentano il fatto che Israele abbia ristretto intenzionalmente la definizione di umanitario, in modo da escludere le cosiddette attività di tutela, come per esempio il monitoraggio della violenza dei coloni israeliani.

Ciò fa sì che le agenzie umanitarie agiscano camminando su una linea sottile, in bilico tra il rischio di avere restrizioni nella propria attività, e il bisogno morale e pratico di parlare.

Al contrario, secondo Daniel Bar Tal, professore di psicologia politica alla Scuola di Formazione presso l'Università di Tel Aviv, questa linea è molto chiara.

"Israele gode effettivamente di un'ampia assistenza umanitaria in Cisgiordania, poiché questa si prende in carico la responsabilità di Israele di tutelare i palestinesi, fintantoché l'assistenza umanitaria non rischi di infangare l'immagine di Israele", ha dichiarato Bar Tal all'agenzia IRIN.

L'OCHA sostiene che non c'è alcun pregiudizio politico nel voler sostenere valutazioni umanitarie: "abbiamo escluso qualsiasi elemento politico nelle valutazioni e nelle risposte (ai bisogni umanitari)", ha dichiarato Rajasingham dell'OCHA.

"Tuttavia la radice della 'vulnerabilità umanitaria' nei Territori Occupati si trova spesso nelle politiche pubbliche e nelle altre questioni politiche connesse. Il nostro lavoro di advocacy comprende l'identificazione della connessione tra queste cause politiche e la vulnerabilità umanitaria", ha dichiarato Rajasingham riferendosi alle restrizioni al movimento dei civili e all'assedio sulla striscia di Gaza.
 

Attivismo umanitario

Nel maggio 2010, barche di attivisti della "Gaza Freedom Flotilla" hanno tentato di rompere l'assedio su Gaza entrando via mare, con un gesto di simbolica protesta internazionale. Gli attivisti hanno portato con sé anche materiali da costruzione, cibo, medicine e altro tipo di aiuti.

Nove cittadini turchi hanno perso la vita quando un commando israeliano si è impossessato dell'imbarcazione principale, la Navi Marmara, in acque internazionali, per impedirne il passaggio.

"In Israele-Palestina non si può separare il politico dall'umanitario", ha detto Re'ut Mor, un attivista israeliano che ha preso parte alla recente spedizione della flotilla Estelle diretta a Gaza.

"Prelevare l'acqua nella Cisgiordania è un bisogno umanitario primario, ma il modo in cui Israele controlla tale bisogno è profondamente politico. Rendere umanitario ma non politico tale bisogno implicherebbe giocare secondo le regole di Israele".

Quando i volontari e gli attivisti sul posto riportano demolizioni di case e di edifici, attacchi dei coloni o incursioni dell'esercito israeliano in agenzie umanitarie dei villaggi palestinesi, parte del loro lavoro si qualifica come informazione umanitaria.

Ma la reputazione politica di molte persone coinvolte in queste attività può far sorgere alcuni dubbi in merito all'imparzialità e accuratezza delle informazioni raccolti, e pone dei dubbi sull'imparzialità percepita delle ONG a rischio.

Questi volontari insistono nell'affermare che essi colmano lacune significative create dal fatto che Israele ignora la sua responsabilità in qualità di potere occupante (secondo la giurisdizione internazionale), e che non vedono alcuna contraddizione tra il loro lavoro sul piano politico e umanitario.

L'attivista tedesca 'Andi' ha partecipato alla raccolta delle olive nel villaggio palestinese della Cisgiordania di Kafr Qaddum per molte settimane durante quest'anno, alzandosi da un materasso nella hall di un municipio vuoto ogni mattina per accompagnare le famiglie palestinesi ai loro campi d'olivi, vittime costanti degli attacchi dei coloni israeliani.

Il lavoro comprende lo sgombero dei cumuli di macerie dai posti di blocco israeliani, e la registrazione video degli attacchi dei coloni israeliani nei confronti dei palestinesi.

Come volontaria dell'International Women's Peace Service Andi ha detto di essersi impegnata nell'azione politica non violenta. Allo stesso tempo lei ritiene che il lavoro suo e degli altri attivisti sia essenzialmente umanitario.

Ma secondo Stein, che lavora nel Ministero degli Esteri israeliano, proteggere le coltivazioni di ulivi è loro responsabilità, perciò egli si chiede se i volontari non stiano in realtà prendendo una posizione politica.

"La polizia israeliana e le forze armate, specialmente durante la stagione delle olive, hanno il compito di mantenere l'ordine, di assicurarsi che non avvengano attacchi da parte dei coloni. Sono davvero lì per aiutare, o solo per prendere una posizione politica?"



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29/11/2012 16:06

Analysis: Politics and humanitarianism in Israel-Palestine

Aftermath of an airstrike in the Gaza Strip (MaanImages/File)

JERUSALEM (IRIN) -- "We do aid not politics", has been the traditional mantra of the mainstream humanitarian community.

But that division is not always easy to maintain, perhaps nowhere more so than for those working in the occupied Palestinian territory, something that was brought into sharp relief by the recent seven-day bombardment of the Gaza Strip.

NGOs such as Oxfam quickly condemned the escalation, saying that "real security for people in Gaza and southern Israel comes when all parties to the conflict put people before politics."

But if politics is recognized as the problem, then can humanitarians ignore it in their search for solutions? For some, the line between humanitarian aid and political advocacy is increasingly blurred.

The bombardment destroyed scores of buildings rebuilt with humanitarian aid since the 2008-9 crisis, and the wider context of the Israeli land, sea and air blockade of the Gaza strip has also hampered humanitarian work, "with UN and other projects stalled due to the lengthy and bureaucratic Israeli procedures to bring in crucial materials like steel, aggregate and cement," said Ana Povrzenic, area manager of the Gaza "Shelter Sector" collective.

The impact of the man-made crisis in oPt in recent years has given rise to an increasing focus on political advocacy among humanitarian NGOs.

"We address political issues because humanitarian aid must come hand-in-hand with a strong advocacy platform," said Aimee Shalan, director of advocacy and communications at the NGO Medical Aid for Palestinians, one of 22 signatory NGOs - many of them with a humanitarian mandate - of a recent report calling on the European Union to ban imports of Israeli settlements' products.

Signatory NGOs said the continuous expansion of settlements in East Jerusalem and the West Bank has become an example of the humanitarian impact of political decisions on the ground: affecting Palestinians' mobility, agriculture, and access to health care, and making any future territorial settlement of the conflict harder.

"From our point of view, obviously this is a political issue for us," said Shalan, adding that foreign aid without political engagement risked "cementing the occupation" and hence being harmful to Palestinian dignity, independence and sustainability.

The Israeli government said the report had set aside purely humanitarian concerns for a political agenda.

Shahlan's views are controversial within the aid community, which has long debated the role of so-called dual-mandate NGOs, which provide humanitarian assistance while also advocating politically for one side in a conflict.

Accusations of partisanship

Political impartiality is widely viewed as an important prerequisite for the safe delivery of humanitarian aid, while political advocacy is often regarded as conflicting with, or at the very least existing uncomfortably alongside, the principles of humanitarian work.

"We are a humanitarian actor. When we do advocacy, we do it based upon the rights of our beneficiaries, (internally displaced persons) and refugees," said Elisabeth Rasmussen, secretary-general of the Norwegian Refugee Council.

"It's difficult in oPt because the whole situation is so politicized. Some actors are doing a lot of advocacy, sympathizing with one party or another at the same time as they are providing assistance - that is blurring the lines. We insist on being impartial."

While dual-mandate NGOs see humanitarian aid as hollow without political engagement - not tackling the root causes of the humanitarian problems - others say political engagement actually puts humanitarian work at risk.

"Political work can certainly endanger humanitarian action if it influences where assistance goes," said Ramesh Rajasingham, head of the UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs in oPt. "That is why OCHA and humanitarian organizations go to great length to avoid these risks."

The blurring of the lines by some NGOs has already opened the door to accusations that humanitarian charities are partisan, political and anti-Israel, particularly by the Israeli government, which draws a clear line between what it considers political and humanitarian.

"'Humanitarian' means they want to help in a humanitarian way, either in the field of health, or food, or welfare, if it is done without political judgement," said Ilana Stein, vice-spokesperson of the Israeli Ministry of Foreign Affairs. "But when they take sides and start giving out political opinions, that's already non-humanitarian."

The right-wing Israel group NGO Monitor -- whose stated objective is "to end the practice used by certain self-declared 'humanitarian NGOs' of exploiting the label 'universal human rights values' to promote politically and ideologically motivated agendas" -- is busy blacklisting NGOs it sees as guilty.

"Distribution of water is a classic example of an orchestra of NGOs all repeating the same unfounded claims," said Gerald Steinberg, head the group, which analyses NGOs' activities and reports.

As the International Committee of the Red Cross pointed out in a 2011 report on the future of humanitarian action, the politicization of aid has a long history and has led to "harsh criticism of humanitarian action over decades".

ICRC has a special status as an impartial provider of aid under the Geneva Conventions on the laws of war, but certain NGOs, and particularly government humanitarian work, has been less immune from accusations of politicking.

And even ICRC has sometimes come under attack: ICRC's deputy director of operations, Dominik Stillhart, said in an interview that "there is always a risk that our observations could be exploited for political gain or instrumentalized by one side or another."

Root causes of vulnerability

In the end, much of the discussions boil down to arguments about the definition of "humanitarian". Some aid agencies complain Israel has intentionally narrowed its definition of humanitarian, so as to exclude so-called protection activities, like tracking violence by Israeli settlers.

This leaves aid agencies walking a fine line, caught between the risk of having restrictions placed on their work and the moral and practical need to speak out.

But for Daniel Bar Tal, professor of political psychology at the School of Education at Tel Aviv University, the line is very clear.

"Israel actually enjoys a wide scope of humanitarian assistance in the West Bank, because it replaces Israel's own responsibility to take care (of Palestinians). as long as humanitarian is not related with the blackening of Israel," he told IRIN.

OCHA says that in carrying out humanitarian assessments, there is no political bias: "We exclude any political factor in assessments and responses (to humanitarian needs)," OCHA's Rajasingham said.

"However, the root of the humanitarian vulnerability in oPt is often found in policies and politically related issues. Our advocacy work does include identifying the connection between these political root causes and humanitarian vulnerability," he said, referring to movement restrictions imposed on civilians, and the blockade of the Gaza Strip.

Humanitarian activism

In May 2010, boats of activists calling themselves the "Gaza Freedom Flotilla" tried to travel to Gaza by sea to break the blockade of the Gaza Strip in a symbolic international protest.

They also carried with them construction materials, food, medicines and other aid.

Nine Turkish citizens lost their lives when Israeli commandos landed on the lead vessel, the Mavi Marmara in international waters, to prevent its passage.

"In Israel-Palestine, you can't separate the political from the humanitarian," said Re'ut Mor, an Israeli activist who took part in a more recent Gaza-bound flotilla called Estelle.

"Take water in the West Bank: it's a basic humanitarian need, but the way Israel controls it is deeply political. To be humanitarian, but not political, simply means to play by Israel's rules."

When volunteers and activists on the ground report demolitions of buildings, settler attacks or Israeli military incursions into Palestinian towns to humanitarian agencies, part of their work qualifies as humanitarian reporting.

But the political reputation of many of the people involved in these activities can raise doubts about the impartiality and accuracy of the information collected and put the perceived impartiality of NGOs at risk.

Such volunteers insist they fill important gaps created by Israel's ignorance of its responsibility as the occupying power (according to international law), and see no contradiction between political and humanitarian work.

The German activist 'Andi' has supported the olive harvest in the Palestinian West Bank village of Kafr Qaddum for several weeks this year, rising from a mattress in an empty town hall every morning to accompany Palestinian families to their olive groves, regularly the victims of Israeli settler attacks.

Work includes clearing rubble from Israeli roadblocks while also recording attacks on Palestinians by Israeli settlers.

As a volunteer for the International Women's Peace Service, she says she is committed to non-violent political action. But at the same time, she also believes the work she and other activists do is essentially humanitarian.

But for Stein from Israel's foreign ministry, protecting the olive orchards is their responsibility, so wonders if the volunteers aren't really taking a political stand.

"The Israeli police and army forces, especially during olive season, were there to maintain order, to make sure settler attacks don't happen. Were they really there to help, or just to take a political stand?"

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