Foto dell'evento: http://snipurl.com/2537aor

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28 settembre 2012

Marcia per la pace a Sud di Hebron
di Operazione Colomba

Ispirati dalla marcia Italiana Perugia-Assisi, fondata da Aldo Capitini, e ad un anno di distanza dalla prima marcia per la Pace, i palestinesi dei villaggi delle colline a Sud di Hebron, il 22 settembre si sono riuniti per ribadire il loro deciso impegno nonviolento nella ricerca della giustizia.

Una giustizia che nei Territori Occupati troppo spesso è funzionale all'’occupazione. Dove la politica israeliana di isolamento dei villaggi palestinesi mira a guadagnare sempre più terreno e pone i palestinesi in una condizione di insicurezza. Molti sono stati gli attacchi negli anni subiti dagli abitanti del luogo ad opera dei coloni, ed oggi, anche per questo motivo si marcia.

Si cammina sulla strada che ogni mattina porta i lavoratori dal villaggio di Tuba alla città, ma questa volta si cammina assieme. Si cammina nella “Palestinian Peace Area”, come ricordano i manifesti attaccati sui blocchi che delimitano la “firing zone”, un’area nata all'inizio degli anni ‘70 destinata alle esercitazioni militari comprendente dodici villaggi palestinesi, di cui attualmente otto sotto ordine di evacuazione e demolizione.

È un gruppo folto, unito, quello dei palestinesi accorsi da molti dei villaggi vicini in segno di solidarietà. C’è gente di At-Tuwani, Al-Mufaqarah, Susiya, Ar-Raeez, Jawwaya, Maghayir al Abeed, al Birke. Tra cori, striscioni e musica si parte da At-Tuwani alle undici del mattino. Nei vari cartelloni branditi da un gruppo di bambine c’è anche Vittorio Arrigoni e il suo Restiamo Umani. La marcia cammina sulle strade polverose palestinesi, affiancando i piloni della corrente abbattuti dal’'esercito ed in direzione di Al Mufaqarah, villaggio che è stato luogo di arresti e demolizioni in passato e oggi importante centro della resistenza nonviolenta delle colline a Sud di Hebron.

Il corteo cresce lungo la strada accogliendo con sé i palestinesi che trova. Il messaggio è solo uno: “PEACE IS WHAT WE WANT”. Questo è quello che continua a ripetere il coordinatore del comitato nonviolento promotore della marcia. Non c’è odio sulla faccia dei manifestanti ma tanta gioia e solidarietà per chi queste strade le fa tutti i giorni, spesso nell'incertezza e nella paura di essere attaccato dai coloni.

Dopo esser passati vicino all’avamposto di Avigayil, sempre scortati a vista dall’esercito israeliano, ci si ferma a Al Mufaqarah per un tè in un clima di festa. Si riparte, percorrendo il sentiero vicino all’avamposto di Havat Ma’on, dove una decina di coloni attende l’arrivo dei manifestanti. Troppe volte i palestinesi sono stati vittime di attacchi percorrendo una strada che gli appartiene di diritto, ma oggi no. C’è l'esercito, ci sono gli attivisti israeliani e internazionali, c’è la voglia della gente di portare avanti una manifestazione pacifica. Sotto gli occhi attoniti dei coloni centinaia di palestinesi affollando il percorso, rendendo qualsiasi provocazione sterile.

 Dopo due ore dalla partenza si giunge a Tuba, dove decine di persone attendevano la marcia, pronti con cibarie ed acqua, in una giornata particolarmente calda. Nel pomeriggio i manifestanti hanno preso parte alla proiezione di “Tomorrow’s Land” un documentario sull’occupazione e sulla resistenza nonviolenta di cui molti di loro erano protagonisti. Oltre allo stupore di ritrovarsi sul grande schermo, in molti è cresciuta la consapevolezza che l’occupazione non la si può nascondere, che tutto ciò che hanno subito non è stato e non sarà mai dimenticato, nel tentativo di costruire un futuro migliore. E proprio la documentazione e la denuncia sono alcune delle armi nonviolente di questi villaggi.

È strano come si possa avere una differente percezione di uno stesso episodio: quello che per i volontari internazionali e per gli attivisti desta indignazione, per la gente del posto invece è la normalità. Al ritorno diversi palestinesi sono stati attaccati dai coloni. Quasi a dimostrare che non basti una marcia per rivendicare l’appartenenza di una strada, ma questo è un processo lungo che si porta avanti giorno dopo giorno.

Per oggi qualcosa di straordinario è stato raggiunto, ovvero che una volta tanto un colono è stato arrestato. Forse ci piace pensare sia stata anche una diretta conseguenza della marcia e del loro impegno quotidiano nel ripudio della violenza. Intanto i palestinesi guardano già al prossimo anno, quando si collegheranno con la marcia italiana in streaming, e per quel giorno vogliono essere sempre di più.

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