www.reteccp.org
23 agosto 2012

Dieci anni di rete CCP
di Maurizio Cucci

Per celebrare i dieci anni della rete CCP e del suo sito www.reteccp.org, vorrei anch’io inviare un contributo al convegno dei Corpi Civili di Pace che si terrà a Vicenza questo fine settimana. Non avendo nuove idee da proporre vorrei sottolineare i momenti fondanti dell’idea dei CCP, un’idea che continua a rotolare vivendo di vita propria, e raccogliendo nuovi consensi e rafforzando i concetti che l’hanno vista crescere all’interno delle società civili di tutto il mondo.

Tutto inizia con Alex Langer che, nel 1995, porta davanti al Parlamento Europeo il Progetto Corpi Civili di Pace.

In seguito Alberto L’Abate fa suo quel progetto gli restituisce attualità e lo anima insieme ad altri, presentandolo a quel convegno di Bologna del giugno 2003, per proporlo come progetto costituente di un coordinamento italiano di ong che cercano di dar vita ad un vero Corpo Civile di Pace.

Riprendendo un articolo di Langer del 1991, Contro la Guerra Cambia la Vita, L’Abate aggiunge e Organizza i Corpi Civili di Pace.

Alex scriveva tra l’altro:

bisognerà dunque mettere in discussione la nostra partecipazione ad un "ordine" economico, politico, sociale, ecologico e culturale che rende necessarie le guerre che lo sostengono … si dovrà intervenire per allargare una solida base ideale e culturale di disposizione alla pace ed alla convivenza, disintossicando cuori e cervelli.

… provo ad indicare tre punti che mi sembrano fondanti:

1)   sviluppare l'arma dell'informazione

2)   costituire e moltiplicare gruppi/alleanze/patti/tavoli inter-etnici, inter-culturali, inter-religiosi, di dialogo e di azione comune

3) lavorare seriamente per un nuovo diritto internazionale e per un nuovo assetto dell'ONU

Scrive poi Alberto: Un momento rilevante per la presa di coscienza dell’importanza di un lavoro per la prevenzione dei conflitti armati fatto da ONG si è avuto in occasione della guerra del Golfo, nel 1990/91. I “Volontari di Pace in Medio Oriente” formati da membri di varie ONG italiane, intervennero prima della guerra e riuscirono ad aprire a Baghdad, nell’Isola delle Spose, un “Campo per la Pace” in occasione di un congresso mondiale per la pace che avrebbe dovuto tenersi a Baghdad per risolvere la crisi iraniana. Il congresso non si tenne, scoppiò invece la guerra. Questo permise a tutte le organizzazioni lì convenute di conoscersi, di rendersi conto che avevano quasi tutte gli stessi scopi e spesso anche la stesse radici nonviolente, ed a cominciare a lavorare insieme tanto da poter dar vita ad un secondo “Campo per la pace”, di interposizione tra l’Iraq e l’Arabia Saudita.

Verso i corpi civili di pace. Per una politica europea non armata.

Bologna 6, 7, 8 giugno 2003

Il vastissimo patrimonio di esperienze di solidarietà internazionale che l'associazionismo italiano ha praticato negli ultimi decenni chiede riconoscimento istituzionale, per renderlo uno strumento della politica estera italiana nel mondo. Il Forum rappresenta la proposta delle organizzazioni non governative italiane sulla prevenzione dei conflitti anche in vista del semestre di presidenza italiana dell'Unione Europea.

I partecipanti al Convegno di Bologna avevano oltre dieci anni di esperienze dirette sul campo, nei Balcani come in sud America e in Medio Oriente.

Paolo Bergamaschi, Consigliere per gli Affari Esteri del Gruppo Verde presso il Parlamento Europeo, cercò di fare il punto sulla situazione istituzionale dei CCP all’interno del Parlamento Europeo. Abbiamo insistito molto sul concetto dei CCP e, inserendolo nell’ottica della gestione civile delle crisi ha fatto passi avanti nel Parlamento dell’Unione, ed è stato inserito in moltissime altre risoluzioni, ad esempio la risoluzione dei conflitti del Caucaso, quella dei Balcani ecc … Come il prezzemolo l’idea dei CCP è sempre stata inserita, a disposizione della Commissione Europea. In un progetto pilota finanziato siamo riusciti ad inserire lo studio di fattibilità per i CCPE. Negli ultimi dieci anni si è investito molto nel progetto europeo che, secondo me, è il più grande progetto di pace della storia contemporanea.

Erano ancora i tempi in cui si credeva fermamente di poter coinvolgere le istituzioni nello sviluppo di politiche di pace non armata e nonviolenta. Non che ora si sia persa quella convinzione, ma indubitabilmente viviamo tempi meno ideali e molto più drammatici.

Scrivemmo anche una lettera al Presidente del Consiglio e al Presidente della Repubblica: Il valore del servizio civile nella costruzione di un mondo di pace è stato efficacemente e solennemente da Lei richiamato nelle celebrazioni del 2 giugno. Si offre oggi al nostro Paese una straordinaria occasione perché questa convinzione trovi adeguato spazio nella Convenzione dell’Unione Europea …

Personalmente scrivevo e mi trovo tutt’ora d’accordo: Credo che un’interazione costruttiva e intelligente tra il professionismo e la vocazione di massa alla Diplomazia Popolare e all’interposizione nonviolenta possa essere la formula vincente in grado di veicolare i CCP verso il raggiungimento di risultati coerenti ed in sintonia con i principi che ne animano l’idea e che si sono diffusi in modo così sorprendente durante l’ultimo decennio.

Mia moglie Carla scriveva: Spesso i volontari impegnati in questo lavoro privo di copertura e lontano dai riflettori dei media vengono uccisi, incarcerati o, nel migliore dei casi, espulsi dai paesi in cui operano. Ciò nonostante crediamo che il loro impegno conduca alla necessità di costituire un Corpo Civile di Pace permanente basato su quattro pilastri principali:

1)   La prevenzione attiva dei conflitti;


2)   L’interposizione durante lo svolgimento del conflitto;


3)   La costruzione di nuove premesse per la Pace;


4) La riconciliazione delle popolazioni coinvolte

Anche molti altri si espressero in quel convegno e alla fine riuscimmo a formare la Rete Corpi Civili di Pace, iniziando così un nuovo percorso di allargamento di quella solida base ideale e culturale di disposizione alla pace ed alla convivenza di cui parlava Alex Langer nel suo articolo, oltre vent’anni or sono.

Fin dai tempi della lotta nonviolenta per l’indipendenza dell’India, Gandhi intuì la necessità della difesa civile nonviolenta (Shanti Sena), e teorizzò che le popolazioni potevano essere egregiamente difese anche da civili non armati. Per esempio la presenza di grandi masse di popolazione schierate a difesa dei villaggi che si rifiutavano di collaborare con l’Impero Britannico rappresentarono un’efficace dissuasione alle operazioni militari.

Ma la vera origine istituzionale dei Corpi Civili di Pace ebbe luogo negli Stati Uniti, durante quel fecondo decennio, gli anni sessanta, che diede alla luce una miriade di impegni costruttivi che ancora oggi sono sempre più importanti e centrali nella lotta per la difesa della vita sulla terra.

Cinquant’anni or sono, il filosofo William James ipotizzò la creazione di un armata di pace in cui i giovani americani potessero servire in giro per il mondo la causa della pace e della giustizia. A questa idea J.F.Kennedy diede le gambe e nel settembre del 1961 il Congresso votò la legge per i Civil Peace Corps e il suo finanziamento.

Oggi anche i tibetani hanno i loro Tibet Corps, che: Attraverso una rete dinamica e coesa  si sforzano di ispirare i tibetani ad impegnarsi direttamente in lavori tangibili per costruire e rafforzare la comunità tibetana in esilio, le sue istituzioni e l’Amministrazione Centrale Tibetana. Immaginando un futuro in cui il popolo tibetano sarà collegato e si potrà riunire attraverso i confini.

La mia esperienza sul campo con i CCP iniziò a Mir Sada nell’estate del 1993, quando molte centinaia di italiani, spagnoli, francesi americani e di altre nazionalità si inoltrarono nel territorio del conflitto civile serbo-bosniaco, con l’intenzione di far valere il proprio diritto d’ingerenza nel conflitto, sostenuto dai principi enunciati nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e in altri patti internazionali. Questa idea, che un singolo individuo può decidere di interagire contro lo svolgersi di una guerra e di interporsi tra le parti portando il proprio messaggio di pace fu qualcosa di molto più eclatante della polvere da sparo. E’ vero che quell’esperienza in particolare non ebbe il successo atteso, ma forse proprio per questo, fu capace di moltiplicarsi in mille diverse azioni di ingerenza, tutte orientate verso lo stesso obiettivo, porre fine alla guerra, anche se non erano contenute da una stessa sigla organizzativa.

Con diverse modalità si è poi sviluppata la storia degli interventi diretti di massa nelle zone di conflitto che hanno animato quest’ultimo decennio. Le sigle sono diventate moltissime, tutte raccogliendo l’attivismo internazionale per confrontarsi con un unico obiettivo. Il diritto delle popolazioni civili alla sicurezza, alla dignità e alla libertà, in sontonia con le leggi internazionali.

Nessuno può dimenticare la Freedom Flotilla che continua a bussare al blocco navale israeliano per entrare a Gaza, è di questi giorni la notizia che la nave Estelle è salpata per raggiungere i porti europei e proseguire infine per rompere l’ingiusto blocco navale di Gaza.

Ancora l’azione conosciuta come “Benvenuti in Palestina” che porta decine e decine di persone a volare in Israele per andare in Palestina, smascherando l’arroganza e la malafede del governo israeliano che deve poi fare pressioni sulle compagnie aeree per non far partire gli attivisti. Tra pochi giorni una nuova azione di massa di “Benvenuti in Palestina” sarà diretta al confine della Giordania con la West Bank.

Non si può dimenticare la lotta per la resistenza nonviolenta dei villaggi della Palestina occupata, che in questi anni è riuscita, nonostante le polemiche a cambiare l’approccio violento della resistenza palestinese.

Ne si può sottovalutare l’azione di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni che si è diffusa in tutto il mondo con risultati quanto meno rilevanti. Un esempio per tutti, è di questi giorni : La società civile vince laddove i governi non sono ancora riusciti a fare breccia. La denuncia incalzante delle ong e dei missionari che combattono la fame nel terzo mondo ha persuaso alcuni dei fondi pensione americani. La minaccia di un boicottaggio da parte dei fondi pensione ha costretto alcune grandi banche a ritirarsi dal business dei derivati che scommettono sui prezzi delle derrate agricole. La finanza derivata ha un effetto di amplificazione sui prezzi con drammatiche ripercussioni sul tenore di vita di intere popolazioni.

Infine non si possono neppure tralasciare le esperienze dei movimenti contro l’allargamento della base Dal Molin e contro l’Alta velocità in val di Susa, movimenti che non hanno aggregato solo diverse componenti dell’attivismo locale e nazionale, ma sono stati capaci di trasformarsi in movimenti di massa aggregando intere popolazioni, famiglie, anziani, madri e bambini che con la loro presenza costante hanno rappresentato un dissenso attivo e nonviolento che ha molto contribuito all’allargamento di quella base ideale e culturale di disposizione alla pace e alla convivenza che con la sua esistenza disintossica cuori e cervelli, come scriveva Alex Langer.

Nonostante l’euforia che potrebbero alimentare tutte queste nuove realtà che da anni si consolidano sul piano dell’azione collettiva, nessuno è mai riuscito ad impedire una guerra. Oggi guardiamo alla Siria, come ad una nazione abbandonata al proprio destino, così infatti titolano i giornalisti onesti che se ne occupano.

Robert fisk scrive: E le Nazioni Unite stanno andandosene veramente. C'è l'idea di lasciare un ufficio minuscolo a Damasco con un militare e un osservatore politico. Ma per il resto, i grandi occhi tristi di quegli asini delle Nazioni Unite si chiuderanno per il sonno: è il fallimento di un'altra missione, e non sarà lasciato nemmeno un soldato internazionale per controllare quando scoppierà la tempesta.

Per quello che vale, vorrei aggiungere che se Obama traccia la linea rossa delle armi chimiche, che l’esercito siriano non può oltrepassare, i russi sono subito pronti a rilanciare ed accusare. Ognuno degli attori impegnato esclusivamente a proteggere i propri interessi economici e i propri alleati.

A nessuno importa veramente delle migliaia di morti sul campo, donne uomini e bambini il cui solo interesse è di sopravvivere con dignità in un mondo pacifico.

Neppure l’Onu è più in grado di impedire che l’esercito nazionale di uno stato membro bombardi impunemente la propria popolazione.

Mentre dall’altra parte del mondo la Cina e la Corea, come iene vigliacche iniziano a mordere i calcagni alle isole del Giappone, indebolito e sopraffatto dallo tsunami e dalla catastrofe nucleare.

Infine, se da un lato la società civile ha mosso enormi passi in avanti e quando s’incontra su temi di primaria importanza riesce a vincere battaglie decisive per il destino di molti, dall’altro le Nazioni Unite, istituzione preposta all’ingerenza umanitaria per statuto e per mandato dei suoi stati membri, sono sempre più ostaggio degli interessi economici dei paesi usciti vincitori dalla seconda guerra mondiale. Il nuovo assetto dell’Onu che Langer auspica nel 1991 è oggi quanto mai urgente, così come una discussione onesta sull’Organizzazione delle Nazioni Unite e sul futuro che ci attende.

La scuola nazionale per Corpi Civili di Pace che Vicenza vorrebbe ospitare e animare, potrebbe essere il prossimo inizio di un nuovo percorso, capace di consolidare le esperienze del passato, così come di rilanciare e sviluppare quegli studi già in corso da anni in alcuni corsi di laurea nelle università italiane. E chissà che qualcuno dei futuri studenti non riesca a farsi strada e contribuire concretamente ad un nuovo corso dell’Onu capace di restaurare i valori fondanti che l’hanno edificata, attuandoli nella realtà e sconfiggendo gli interessi di parte.

In conclusione faccio mie le parole di Kumi Naidoo direttore di Green Peace International : Che ci fareste voi con 1.738 miliardi di dollari? Se vi dicessero che dovreste spenderli quest’anno, per garantire la sicurezza di tutti noi, come li spendereste? Usiamo una quantità incredibile di soldi, immaginazione e ingegno umano per preparare e combattere guerre. Pensate a dove potremmo arrivare se la stessa energia, immaginazione, ingegnosità fosse investita per la pace, per una pace verde.

Note:

Dossier CCP dove troverete i doc del 2003 e non solo.

http://www.reteccp.org/biblioteca/dossier/dos/dosccp5.html

Civil Peace Corps by J.F.Kennedy.

http://www.reteccp.org/biblioteca/disponibili/ccp/peacecorps/peacecorps.html

Tibet Corps, tibetans serving Tibet

http://www.tibetcorps.org/

Lettera al presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio

http://www.reteccp.org/biblioteca/dossier/dossierccp/testiccp/lettera.html

Risposta del Presidente della Repubblica

http://www.reteccp.org/biblioteca/dossier/dossierccp/testiccp/presrepubblica.html

Risposta del Presidente del Consiglio

http://www.reteccp.org/biblioteca/dossier/dossierccp/testiccp/presconsiglio.html

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