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Fonte: Notizie radicali
9/01|2012

Ricordo di Francesco Tullio
di Francesco Pullia

Ho conosciuto Francesco Tullio intorno alla metà degli anni Settanta. Desideravo allargare, da giovane militante radicale qual ero, la cerchia delle mie conoscenze e mettermi in contatto con qualche riferimento perugino. Il suo nome mi era stato segnalato dal partito come quello di un appartenente alla Lega Obiettori di Coscienza. Francesco era romano, ma si era trasferito a Perugia per frequentare la Facoltà di Medicina. Andai a trovarlo, un giorno di fine estate, in un appartamentino in vicolo degli Archi, una labirintica rientranza della centrale via Cavour, a pochi metri dalla piazzetta dedicata a Giordano Bruno. Per arrivarci bisognava passare sotto una piccola volta che immetteva a un intrico di stradine. Francesco mi attendeva con una compagna sul gradino della porta. Fui subito colpito dall’affabilità. Mi accolse con dell’ottimo the e mi spiegò di avere scelto Perugia per gli studi universitari perché, essendo più tranquilla rispetto alla caotica Roma, consentiva una maggiore concentrazione. Appartenente ad una famiglia benestante, si era formato nella scuola svizzera della Capitale dove aveva potuto, tra l’altro, acquisire, oltre ad una buona conoscenza del tedesco, una visione allargata che lo aveva condotto alla comprensione dell’anacronismo delle strutture militari. Da qui il suo rifiuto della coscrizione obbligatoria e l’avvicinamento ai radicali. Fu evocato il nome di Pietro Pinna, primo obiettore di coscienza italiano, la cui abitazione “ereditata” da Aldo Capitini, in via di Villaggio S. Livia, era sede del Movimento Nonviolento ed ospitava, insieme alla LOC, le riunioni del nucleo radicale perugino.

In quell’ora trascorsa insieme toccammo diversi argomenti intrecciando politica, cultura, scelte di vita, arrivando a parlare delle teorie, che cominciavano a diffondersi tra noi, di Georges Ohsawa e della sua macrobiotica. Già allora Francesco prestava particolare attenzione all’approccio psicosomatico affidando alla nutrizione, alla cura del cibo, un ruolo particolarmente importante. Alla fine degli anni Novanta, ormai affermato psicoterapeuta, avrebbe accettato la scommessa di aprire a Perugia un negozio di alimenti biologici. In un articolo provocatoriamente intitolato “Perché uno psichiatra apre un negozio di alimentari?” scriverà tra l’altro: “Di fronte ai problemi dell’ambiente, della salute collettiva ed individuale è necessario che tutti scegliamo il nostro cibo con un atteggiamento pragmatico ed orientato alle soluzioni concrete, ma etico e di ampio orizzonte. Etico nel senso che non ci garbano soluzioni che non rispettino l’ambiente, gli altri e le generazioni future; di ampio orizzonte nel senso che preferiamo soluzioni basate sul ristabilimento delle capacità autocurative del soggetto e sull’equilibrio complessivo piuttosto che sul tamponamento dei sintomi e la creazione di dipendenze da cibi, da farmaci e da operatori vari”. Mettersi in gioco, in discussione, cercare continuamente nella prassi un riscontro dei propri convincimenti era una prerogativa del carattere di Francesco Tullio che, nel corso del tempo, lo condurrà in Nicaragua, per prestare servizio all’ospedale di Matiguas, in Iraq; come responsabile medico dei Volontari di pace in Medio Oriente; a Sarajevo proprio mentre era posta sotto assedio; in Slavonia. Al suo incessante impegno si devono la creazione del Centro di ricerca e formazione sui conflitti e per la pace, dell’Associazione medici italiani per la prevenzione della guerra, nonché di un Centro studi finalizzato alla realizzazione del progetto “Caschi bianchi” (per consentire interventi umanitari nelle situazioni di crisi) programmato dalla 49a Assemblea generale dell’ONU. Con l’editore Franco Angeli pubblicò, nel 2007, “Il brivido della sicurezza. Psicopolitica del terrorismo, dello squilibrio ambientale e nucleare”, mentre per conto del Ministero della Difesa e di quello degli Esteri curò rispettivamente le ricerche “La difesa civile ed il progetto Caschi bianchi; peacekeepers civili disarmati” e “Le Ong e la trasformazione dei conflitti. Le operazioni di pace nelle crisi internazionali. Analisi, esperienze, prospettive”.

Perché non ne parlo al presente? Perché Francesco Tullio è venuto a mancare in questi giorni stroncato da un male incurabile diagnosticatogli alla fine di novembre. Non c’è stato, purtroppo, nulla da fare e nel giro di poche settimane è stato sottratto alla vita. Era nato nel 1952. Con lui viene a mancare una voce critica che ci ha arricchito con i suoi stimoli e le sue analisi sempre propositive.

Negli ultimi tempi si era nuovamente avvicinato ai radicali. Nel 2008 aveva accolto con entusiasmo l’invito a partecipare alla commissione su nonviolenza e politica transnazionale in occasione del VII congresso di Radicali Italiani svoltosi a Chianciano. Vi ritornò anche nei due anni successivi. L’ultima volta che ci siamo incontrati gli ricordai di “Msunduza”, un bellissimo brano di Dollar Brand che aveva fatto da sottofondo musicale al nostro primo colloquio. Impregnato di reminiscenze africane, era tutto giocato sul lirico dialogo tra un delicatissimo flauto (Dollar Brand) e i preziosismi di un contrabbasso (Johnny Dyani). “Hai ragione, era stupendo, chissà, tra i tanti traslochi, dove sarà finito quel disco…”. Mi chiese di riversarglielo in cd per quando ci saremmo rivisti. Glielo dedico adesso, nella certezza che in quest’ultimo viaggio la sua anima si sia già fusa con la magia di quel soffio, di quelle note.

Francesco Pullia. Nato a Terni il 4 novembre 1956, è radicale da quando aveva quattordici anni. Vegetariano, animalista, appassionato gattofilo, è militante nonviolento, capitiniano.

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