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19 aprile 2012

Inghilterra, se la Corte europea dei diritti dell’uomo dà fastidio

Editoriali al vetriolo e giudizi per nulla sfumati come “diktat arbitrari” e “giudizi perversi”: il Daily Telegraph, giornale britannico conservatore vicino al governo inglese, è andato all’attacco della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), nata per garantire il rispetto della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (trattato internazionale redatto dal Consiglio d’Europa, firmato a Roma nel 1950 ed entrato in vigore nel 1953, ndr). Ha un potere di intervento e condizionamento degli affari nazionali troppo forte, che va ridimensionato. L’accusa è questa. E non c’è solo il Daily Telegraph: l’attacco frontale alla Cedu è stato condotto su diverse testate. Un attacco mediatico al quale se ne è affiancato uno politico, con Londra che ha lavorato e depositato dei progetti di riforma che hanno fatto scattare più di un allarme. “La proposte inglesi indeboliranno la Corte europea dei diritti dell’uomo”, titola oggi lo European Observer sul suo sito. “Consiglio d’Europa: rinviare una riforma rischiosa”, scriveva due giorni prima Human Rights Watch. L’obiettivo, per nulla segreto, di Londra è quello di spostare il baricentro del “potere” dalla corte di Strasburgo – che ad oggi è l’ultima istanza alla quale possono rivolgersi cittadini che abbiano subito un torto e che si siano visti dar torto dalla giustizia nazionale – ai tribunali nazionali. E questo farebbe venir meno il potere e la garanzia di tutela di diritti fondamentali e inalienabili di 800 milioni di persone, anche perché tra i 47 membri del Consiglio d’Europa non ci sono solo democrazie consolidate ma anche Paesi in cui la democrazia è più fragile come Russia, Georgia, Azerbaijan, per citarne solo alcuni. E infatti, il 26 per cento delle cause inoltrate alla Cedu provengono da cittadini russi, seguiti a ruota dai turchi.

Ma Londra guarda in casa propria e denuncia le ingerenze della corte nei proprio affari. Non è stata digerita, ad esempio, la sentenza di gennaio con cui i giudici di Strasburgo hanno annullato una sentenza di rimpatrio ai danni di Abu Qataba, giordano, presunto membro di al Qaeda. In Giordania l’uomo avrebbe rischiato la tortura e addirittura la morte, così a Londra è stato ordinato di tenersi il detenuto. “Ignorate la sentenza e mettetelo su un aereo”, strillava oggi l’Express, riferendosi al nuovo ordine di sospendere l’estradizione, ridecisa da Londra a poche ore dal nuovo arresto di Abu Qataba, ordine che ha rinfocolato aspre polemiche. Allo stesso modo, anche il trasferimento negli Stati Uniti di un secondo islamista, Abu Hamza al-Masri, è stato a lungo bloccato. Né agli inglesi è piaciuta l’ingiunzione di concedere il diritto di voto alla popolazione carceraria britannica. E così è maturata l’idea di risolvere il problema alla radice, depotenziando la corte. Un piano che è stato aiutato dal fatto che attualmente è la Gran Bretagna ad occupare la presidenza semestrale del Consiglio d’Europa. Così Londra ha messo il progetto di riforma in cima all’agenda dei lavori che hanno scandito la riunione del Consiglio a Brighton, dal 18 al 20 aprile, meeting al termine del quale è attesa la cosiddetta Dichiarazione di Brighton, che illustrerà le linee guida del progetto di riforma. Da qui l’allarme lanciato da Hrw.

Due sono le critiche principali avanzate alla corte dal governo inglese, non del tutto infondate: la prima riguarda l’inefficienza del tribunale di Strasburgo. I casi pendenti sono oltre 150 mila e il tempo medio di discussione di una causa si aggira sui cinque anni. La seconda nota dolente di cui Londra si è lamentata riguarda il potere d’ingerenza dei giudici negli affari interni di un Paese. Per risolvere il primo problema, gli inglesi propongono di facilitare l’iter di rigetto di una causa, soprattutto nel caso in cui la corte si sia pronunciata già sulla stessa materia. Ma il secondo punto invece attiene agli equilibri di poteri tra la Cedu e la giustizia nazionale ed è tutt’altra questione; qui Londra sembrerebbe puntare a una restrizione delle aree di competenza della corte (solo le gravi violazioni dei diritti umani) o vietando ai giudici di Strasburgo di discutere sentenze vincolanti emesse dai tribunali nazionali. Londra vorrebbe una Corte europea dei diritti dell’uomo che sia poco più di un organo consultivo. Una versione provvisioria del progetto è stata diffusa il 12 aprile: da allora, l’azione di lobbying di alcuni Paesi membri (Germania in testa) e di importanti ong si è fatta intensa, tanto che secondo le ultime indiscrezioni, il chairman inglese potrebbe essere costretto a fare un passo indietro, ad esempio accentando che consistenti modifiche – soprattutto per quanto riguarda l’introduzione del principio di sussidiarietà e la limitazione del potere discrezionale della corte – vengano introdotte nel preambolo della Convenzione piuttosto che nelle parti operative.

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