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Scritto il 09/1/12

Sacrifici? No, grazie. Prima, vogliamo la verità sul debito

Senza più moneta sovrana, gli Stati europei devono indebitarsi con la finanza privata. Ma quando è la finanza a finire in rosso, allora sono gli Stati a sostenere le banche, che altrimenti fallirebbero. E con che soldi gli Stati aiutano le banche? Con quelli dei cittadini, chiamati ad affrontare “sacrifici” straordinari per arginare il debito pubblico. C’è qualcosa che non funziona, è evidente. Il peccato originale? Il sistema privatizza i profitti e socializza le perdite: enormi guadagni per pochi, sempre gli stessi, e salasso garantito per tutti gli altri, che sono sempre di più. La prima mossa da fare per uscire dal tunnel? Ottenere finalmente la verità sul debito: chi l’ha provocato, chi l’ha gonfiato, chi ci ha guadagnato. 

Dalla Francia proviene ora un appello per creare una commissione di audit del debito pubblico in grado di visualizzare come è fatto quel debito, come è stato contratto, a favore di chi e di quali interessi. «Noi vogliamo fare nostra questa proposta – scrive il comitato “Rivolta il debito”, sul suo blog – per rivedere in profondità l’entità del debito pubblico italiano accumulato nel tempo per favorire rendite, profitti, interessi di casta e di una ristretta élite e non certo per favorire le spese sociali, l’istruzione, la cultura, il lavoro». Il primo Stato a pretendere con successo un audit sul proprio debito, nel 2007, è stato l’Ecuador di Rafael Correa, che è riuscito a scremare il passivo da indebite speculazioni finanziarie: giusto pagare solo il debito “legittimo”, non quello gonfiato ad arte dagli “usurai” finanziari.

Il comitato francese “Audit Citoyen” ha radunato politici, sindacalisti come Marie-Laurence Bertrand e Patricia Tejas della Cgt, attivisti del calibro di Jean-Claude Chailley di “Résistance sociale” e Thomas Coutrot di “Attac”, gruppi di consumo critico e sodalizi per i diritti civili, economisti di fama come Philippe Askénazy e Frédéric Lordon e poi sociologi, docenti universitari, scrittori, filosofi come Étienne Balibar. «Scuole, ospedali, alloggi d’urgenza, pensioni, disoccupazione, cultura, ambiente: viviamo quotidianamente l’austerità finanziaria e il peggio deve venire», denunciano i francesi. “Noi viviamo al di sopra dei nostri mezzi”, questo è il ritornello che ci viene ripetuto dai grandi media. Per cui, ora “occorre rimborsare il debito”, ci si ripete mattina e sera, Davvro non abbiamo scelte? Davvero occorre “rassicurare i mercati finanziari e salvare la buona reputazione”, cioè la “tripla A” della solvibilità finanziaria, a scapito del welfare?

«Non accettiamo questi discorsi colpevolizzanti», scrive “Audit Citoyen”. «Non vogliamo assistere da spettatori alla rimessa in discussione di tutto ciò che ha reso ancora vivibile le nostre società, anche in Europa». Massacro sociale? No, grazie. Prima di maneggiare la scure del “rigore”, è meglio controllare la genesi della crisi: «Abbiamo speso troppo per la scuola e la sanità oppure i benefici fiscali e sociali dopo vent’anni hanno prosciugato i bilanci? Questo debito è stato contratto nell’interesse generale oppure può essere considerato in parte come illegittimo? Chi possiede questi titoli e approfitta dell’austerità?». E poi: «Perché gli Stati devono essere obbligati a indebitarsi presso i mercati finanziari e le banche, mentre queste possono farsi concedere prestiti direttamente e a un costo più basso dalla Banca centrale europea?».

«Non accettiamo che queste questioni siano eluse o affrontate alle nostre spalle da esperti ufficiali sotto l’influenza delle lobbies economiche e finanziarie», sottolinea l’appello di “Audit Citoyen”. «Vogliamo dire la nostra nel quadro di un ampio dibattito democratico che deciderà del nostro avvenire comune». La realtà è allarmante: «In fin dei conti, siamo dei giocattoli nelle mani degli azionisti, degli speculatori e dei creditori oppure siamo cittadini, capaci di deliberare insieme sul nostro avvenire?». Il comitato francese annuncia una mobilitazione porta a porta: città, quartieri, villaggi, luoghi di lavoro. Obiettivo, la trasparenza: lanciare l’idea di un grande audit del debito pubblico.

E’ un’ottima proposta, scrive il comitato “Rivolta il debito”, che serve per impostare un’altra politica economica, del tutto alternativa a quella avanzata in questi anni dai vari governi che si sono succeduti. Una politica civica e democratica, «improntata alla redistribuzione della ricchezza, alla valorizzazione dei beni comuni, del lavoro, del welfare e dell’ambiente, contro gli interessi del profitto e della speculazione finanziaria: una politica economica per il 99% contro l’1% del pianeta». Esplicito l’appello francese, che traccia una vera e propria road map politica: «Vogliamo creare sul piano nazionale e locale dei collettivi per un audit dei cittadini con i nostri sindacati e associazioni, con esperti indipendenti, con i nostri colleghi, i vicini, i concittadini. Prenderemo in mano i nostri destini perché la democrazia riviva».

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