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il 02/4/12

Noi, “plebaglia europea” ingannata dai trattati-capestro

«Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?». Parole, testuali, dell’economista francese Jacques Attali, gran maestro – insieme a Jacques Délors – di leader storici del centrosinistra italiano, come Massimo D’Alema. A raccontare lo sconcertante aneddoto è Alain Parguez, già consigliere di François Mitterrand. Il professor Parguez era presente al summit organizzato lo scorso febbraio a Rimini da Paolo Barnard con gli economisti neo-keynesiani della Modern Money Theory, gli uomini che hanno “resuscitato” l’Argentina. Tesi: chi è dotato di moneta sovrana non può temere il debito pubblico, che invece diventa un’autentica tragedia se gli Stati non possono più stampare moneta, ma sono costretti a prenderla in prestito, a caro prezzo. L’Europa? Praticamente, un caso unico al mondo di suicidio finanziario organizzato, pianificato all’insaputa di mezzo miliardo di persone, cioè noi.

Il suicidio monetario dell’Europa – leggasi: euro – è stato attuato all’indomani della caduta dell’Unione Sovietica: finita la Guerra Fredda, evidentemente, il continente europeo ha perso di colpo la sua funzione strategica di baluardo atlantico, trasformandosi in una gigantesca area-test per un esperimento senza precedenti, e cioè la confisca arbitraria delle residue sovranità nazionali a cominciare da quella principale, la sovranità monetaria, condizione indispensabile allo Stato per poter investire risorse a beneficio dei cittadini. Non abbiamo idea, dice Parguez, di quanto gli “inventori” dell’euro odiassero l’Italia e la vitalità creativa della sua economia, capace di rivaleggiare con la Germania dopo aver surclassato, in molti settori, grandi potenze come Francia e Gran Bretagna. Ma se è interamente franco-tedesco il piano europeo che ha configurato l’introduzione dell’euro a vantaggio dell’oligarchia finanziaria, è Wall Street il massimo beneficiario della privatizzazione del debito pubblico. Ed è stata proprio la banca centrale statunitense, la Federal Reserve, a tenere in piedi il sistema bancario europeo drogato dai titoli derivati che, sulla base di autentica carta straccia, hanno assicurato profitti miliardari ai super-speculatori della grande crisi.

In Italia, il degrado della casta al governo – aggravato dall’agonia dell’ultima stagione berlusconiana – ha preparato il terreno per la restaurazione autoritaria di Mario Monti, commissario inviato dagli stessi poteri forti che hanno accuratamente preparato la crisi. Per la prima volta, il 31 marzo, nelle strade milanesi invase dal corteo “Occupyamo Piazza Affari”, i vari portavoce della protesta hanno insistito su un punto: non è accettabile che la libertà della cittadinanza europea sia stata sequestrata con un golpe bianco, silenzioso, che ha di fatto privato i cittadini-elettori del potere di decidere del loro destino. Col Fiscal Compact, dal 2013, nessun governo europeo democraticamente eletto potrà più scegliere in modo autonomo come spendere i suoi soldi; dovrà prima ottenere il placet della Commissione Europea: l’ultima parola spetterà al super-clan degli oscuri tecnocrati non eletti da nessuno, da sempre agli ordini della grande finanza e dei suoi poteri mondiali, dalle lobby di Bruxelles alla World Trade Organization. Certo, i cittadini europei potranno continuare a votare: ma solo per governi che non avranno più il potere di decidere nulla. Tecnicamente: la fine della democrazia?

Per gli economisti della Modern Money Theory, si tratta di un vero e proprio piano criminale organizzato molto tempo addietro e ispirato da teorici come il francese François Perroux, secondo cui sarebbe stato opportuno togliere agli Stati la loro ragion d’essere, ovvero la capacità di spesa a deficit a favore dei cittadini, che si può attuare solo se si dispone di una propria moneta sovrana – come il dollaro americano, lo yuan cinese, lo yen giapponese, la sterlina inglese e tutte le altre monete sovrane del mondo. Oggi l’Europa a trazione tedesca è completamente fuori combattimento, succube della Bce e degli oligarchi neo-feudali di Bruxelles che, a colpi di trattati – da Maastricht a Lisbona – hanno deciso, senza mai neppure uno straccio di referendum, che noi “plebaglia europea” non avremmo più avuto voce in capitolo e saremmo stati retrocessi, da cittadini a sudditi. Movente? Moltiplicare i maxi-affari sulla nostra pelle: meno diritti, dipendenti precarizzati, aziende senza lavoro e senza più credito bancario, beni pubblici saccheggiati e privatizzati. A tutto vantaggio dei grandi “rentiers”, gli eredi moderni degli antichi proprietari terrieri, spaventati – nel dopoguerra – dall’avanzata delle democrazie partecipative in tutto l’Occidente.

Nell’Italia che Mario Monti si appresta a rottamare, come se ormai la politica fosse una mera questione tecnica, di aritmetica aziendale governata dal vertice della proprietà, un elettore su due annuncia che non andrà alle urne, dato l’incredibile spettacolo offerto da centrodestra e centrosinistra, ormai formalmente alleati. In Francia, la campagna elettorale di François Hollande si carica di toni anti-tedeschi: come già l’ex ministro italiano delle finanze, Rino Fornica, anche i politici transalpini ora accusano Mario Draghi di fare esclusivamente il gioco della Germania, che punta a far crescere il suo export a nostre spese e a declassare l’Europa del Sud per creare un mercato del lavoro a basso costo. Lentamente, dopo vent’anni di black-out politico in cui abbiamo puntualmente applaudito i trattati internazionali creati per seppellire gradualmente la nostra libertà ad esclusivo beneficio di potentissime lobby, proprio la durezza della crisi e la scure del “rigore” producono segnali di risveglio.

I politici di domani, dice la piazza di Milano gremita di indignados, dovranno sostanzialmente stracciare due decenni di storia e annullare tutti i trattati-capestro firmati contro di noi. L’ha ribadito apertamente anche un altro francese, l’ex premier Michel Rocard: restiamo Europa, certo, ma dobbiamo costruire insieme un’Europa ben diversa, legittima e democratica, bonificandone le istituzioni politiche e finanziarie. Nazionalizziamo la Banca d’Italia, propone Giulietto Chiesa, che non si nasconde che la piena sovranità italiana non è mai esistita: ieri eravamo subalterni e scoppiavano bombe nelle piazze; oggi ci aspetta una sorta di nuova schiavitù?  Di questo, d’ora in poi, si dovrà pretendere che parli, anche in Italia, la prossima campagna elettorale.

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