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15 Giugno 2012

"Sulla fame non si specula", una campagna su cibo e finanza
di Valentina Valente

Sono venticinquemila le persone che ogni giorno muoiono di fame. Mentre questa strage si rinnova, in tutto il mondo i prezzi dei prodotti alimentari rimangono alti e molto volatili. Che influenza ha la speculazione finanziaria sui generi alimentari? A spiegarcelo è la campagna "Sulla fame non si specula", nata ad aprile del 2011 a Milano da un gruppo di giornalisti, chef, rappresentanti di associazioni, economisti.

Future, derivati, swap. In tempi di crisi e speculazione finanziaria questi termini sono entrati nel glossario dei media e, indirettamente, nel nostro quotidiano. Ma cosa significano? E che influenza hanno sui generi alimentari? A spiegarcelo è la campagna italiana Sulla fame non si specula, nata ad aprile del 2011 a Milano da un gruppo di giornalisti, chef, rappresentanti di associazioni, economisti.

In occasione delle elezioni amministrative è stato infatti chiesto ai candidati sindaco del capoluogo lombardo di adottare un codice di condotta che impegna l’amministrazione a non investire in titoli derivati legati ai beni alimentari. Milano infatti ospiterà l’Expo 2015, il cui tema è Nutrire il pianeta, energia per la vita, un'occasione unica, dunque, per dare un segnale forte. Il codice di condotta è stato adottato dal Comune di Milano ad ottobre e da giugno 2012 anche la Provincia di Trento ha aderito alla mozione.

La campagna ha così allargato i propri confini a tutto il territorio nazionale ed ha ricevuto l'appoggio di importanti sigle del non profit come Action Aid Italia, Coopi, Vita, PIME, Unimondo, Acli e il sostegno di molte realtà del terzo settore tra cui Banca etica, Altromercato, Slow Food, Coldiretti, Acra, Intervita. In vista del 2015, le associazioni che promuovono la campagna hanno proposto la creazione di un Osservatorio su Cibo & Finanza, per indagare i legami tra speculazione finanziaria e aumento dei prezzi e per ribadire il diritto ad un’alimentazione sana e accessibile per tutti.

Sono venticinquemila le persone che ogni giorno muoiono di fame. 925 milioni quelle malnutrite. I Paesi dove la situazione è 'estremamente grave' sono in Africa: Ciad, Burundi, Repubblica democratica del Congo, Eritrea, che, insieme ad Haiti hanno più del 50% della popolazione malnutrita mondiale. Mentre questa strage si rinnova, in tutto il mondo i prezzi dei prodotti alimentari rimangono alti e molto volatili. Dal giugno 2010, i prezzi del grano e del mais sono aumentati, e addirittura raddoppiati nel primo semestre del 2011, superando i massimi storici.

L’aumento e la volatilità dei prezzi dipendono da tre ragioni principali: la crescita dell’uso di colture alimentari per i biocarburanti, eventi meteorologici estremi e cambiamento climatico, l'aumento del volume di scambi sui mercati a termine delle materie prime, ovvero la speculazione tramite i futures, strumenti finanziari coi quali si stabilisce 'oggi' a quale prezzo comprare 'domani' un certo bene alimentare, come il grano o il riso. Esistono lobby internazionali, infatti, in grado di influenzare i prezzi sulla borsa merci di Chicago, dove si negoziano i contratti sui cereali, i cui valori diventano riferimento per i prezzi in tutto il mondo.

Alcune operazioni finanziarie sono delle vere e proprie scommesse giocate sulle materie prime, dal cibo al petrolio, che permettono notevoli profitti. Per tutti questi motivi da più parti si sta sollecitando un intervento regolativo sui mercati finanziari che protegga un bene essenziale come il cibo dalle mire speculative. La stessa Commissione Europea sembra intenzionata a promuovere un’azione in questo senso. Si tratta, però, di una battaglia lunga e complessa, con grandi interessi in gioco che si ricollegano al grande tema della governance di un mondo globalizzato.

Secondo l’Istituto Internazionale di Ricerca sulle Politiche Alimentari (Ifpri), che redige l’Indice globale della fame, per affrontare il problema è necessario rivedere le politiche sui biocarburanti, regolare l’attività finanziaria nei mercati alimentari e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. È inoltre di vitale importanza costituire riserve alimentari e condividere informazioni sui mercati alimentari, migliorandone la trasparenza.

Non solo. Per alleviare gli effetti del caro-cibo è necessario inoltre investire nell’agricoltura sostenibile su piccola scala, migliorare le opportunità di sostentamento per la popolazione povera sia rurale che urbana, e potenziare l’offerta di servizi di base come l’istruzione, la sanità e i servizi igienico-sanitari.

Per orientarsi e saperne di più, la campagna Sulla fame non si specula ha messo on-line un kit informativo che spiega i legami fra cibo e finanza. Si può scaricare gratuitamente ed è a disposizione di chiunque voglia attivarsi per far arrivare la voce della società civile alle istituzioni e ai governi, per chiedere più norme che tutelino il diritto al cibo dalla speculazione senza regole.

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