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12 Gennaio 2012

Finiremo come la Grecia? La crisi vista dalle strade di Atene
di Andrea Borgarello

Da quando è iniziata la crisi, cosa è cambiato nella quotidianità di chi vive in Grecia? Se lo è chiesto Andrea Borgarello, fotogiornalista freelance di Torino, che tra novembre e dicembre ha trascorso alcune settimane ad Atene, a contatto diretto con le conseguenze della recessione sui cittadini.

 “Finiremo come la Grecia” tuonano i media. “No, non siamo come la Grecia” ribattono gli inguaribili ottimisti. Ma alla fine, debito pubblico, deficit e spread a parte, che cosa significa per noi cittadini comuni finire come la Grecia? Che cosa è cambiato nella quotidianità di chi vive nella Repubblica Ellenica ogni giorno?

Il paese, da un punto di vista macroeconomico, è in recessione dal 2008, e il 2012 confermerà il trend decrescente con un -3% dopo aver toccato questo stesso anno un -6%. E questo dato, associato all’indebitamento dello Stato che si appresta a superare il 160%, dà un’idea dell’instabilità in cui versano. Questi numeri, al di fuori delle cause che li hanno provocati, prime fra tutte la speculazione innescata dai sistemi bancari senza più lacci nel campo finanziario, si tirano dietro altri indici negativi che ci toccano da vicino.

Pensiamo al numero di disoccupati che secondo le stime del Fondo Monetario arriveranno al 19% nel 2012, quando nel 2008 erano al 7,7%. All’aumento delle tasse, tra le quali l’IVA al 23%, i tagli alla sanità e al sistema scolastico, dove anche i libri, un tempo gratuiti, adesso sono sostituiti da appunti e dispense, e infine alla novità della tassa sulla casa (tra 0,5 e 16 euro per metro quadro) il cui non pagamento prevede addirittura il taglio dell’elettricità. Ma non è certo finita qui.

Il 7 dicembre il nuovo Governo 'tecnico' ha approvato l’ennesima manovra di austerità, quella vera: basti pensare che le pensioni che da noi discutono se indicizzare o no, dall’inizio della crisi il governo greco le ha già ridotte del 30% (con le dovute esenzioni e differenziazioni fra mestieri), che i salari dei dipendenti pubblici sono stati progressivamente tagliati già 3 volte fino a un totale del 28% (senza contare gli esuberi e i blocchi alle assunzioni) e l’imposizione fiscale è salita in modo esponenziale fino a determinare un costo del lavoro del 41,5% (suddiviso fra impresa e lavoratore).

È per questo motivo che ho voluto vedere con i miei occhi cosa sta succedendo alla gente, se l’austerità si percepisce per le strade, se è tangibile.

Eccomi nel centro di Atene a conoscere e intervistare persone di diversa estrazione, professione, età. Tutti hanno voglia di parlare, di esternare la loro frustrazione.

Se si leggono le statistiche sulle attività commerciali, si vede che nel 2011 oltre 4000 attività hanno chiuso nella sola Atene, e la previsione è di un aumento dei fallimenti.

Entro in un’edicola e una coppia mista, lui libico, lei polacca, mi dice che 10 anni fa avevano dovuto assumere due persone per limitare la ressa dentro il locale: i Greci sono tra i più assidui lettori di quotidiani! “Oggi siamo solo noi due”, mi dicono, “nessuno compra più nulla”.

Un attimo dopo sono ospite a pranzo presso una famiglia ateniese al 100%, genitori sulla cinquantina, figli più che adolescenti. Quando racconto loro che cosa sto cercando di fare, mi ripetono con un sorriso cortese e malinconico “anche noi abbiamo un’attività di vendita ma… adesso non ci resta che metterci un lucchetto!”. E questo è solo l’inizio.

"Ho fatto l’Erasmus qui in Grecia nel 1999. Dopo la laurea vi sono tornato, ero innamorato di una ragazza greca ed erano gli anni del boom economico. Ho trovato subito un lavoro in uno studio di architettura a 900 euro al mese”, mi spiega Antonio 38 anni, architetto nostrano nonché libero professionista. Per Antonio che veniva dall’Italia era un sogno! Oggi invece nessuno investe nella ristrutturazione del proprio immobile, è superfluo. In molti nemmeno ce l’hanno più la casa. E conclude "Sono riuscito a tenere solo qualche cantiere, alcuni non sono nemmeno riusciti a pagarmi il lavoro nel frattempo svolto, se continua così o cambio lavoro o vado altrove".

A Elena, 35 anni e una laurea in comunicazione, non va molto meglio. Mi racconta che dopo aver lavorato in oltre 10 paesi diversi per conto della Banca Mondiale, i suoi genitori l’hanno convinta a tornare: “mi hanno detto che il paese era in piena fioritura e in quel momento era vero. Appena rientrata ho trovato un lavoro in una grossa azienda di comunicazione con circa 800 impiegati, poi il fatidico annuncio del rischio fallimento. Prima ho perso il lavoro, poi l’appartamento e infine sono tornata a vivere a casa dei miei genitori. È come se fossi di nuovo un'adolescente. Anche a mio fratello è successa più o meno la mia cosa e adesso siamo di nuovo tutti sotto lo stesso tetto. Mi viene da piangere solo a pensarci, è come se tutti questi anni di crescita personale e professionale non fossero serviti a nulla. Dovevi essere qui nel 2004, l’anno delle olimpiadi, non crederesti a quello che vedi oggi”.

Prendo lo spunto al volo e in un attimo mi tornano alla memoria le immagini di un’Atene splendente e tirata a lustro. Secondo stime giornalistiche (DIMITRIS 2011), per le Olimpiadi furono spesi 13,4 miliardi di Euro, tre volte di più di quanto previsto. Spinto dalla curiosità, decido di visitare il villaggio olimpico, ma quando arrivo lo trovo semi distrutto: porte e finestre rotte, fatiscenza ovunque, odori pestilenziali tengono la gente lontana probabilmente più di quanto non faccia il guardiano appisolato all’entrata che, non vedendomi passare, mi scambia persino per un ladruncolo.

Nadia, 46 anni, farmacista, è il mio incontro successivo e mi dice che i farmaci non sono più interamente disponibili. Suo marito lavora per una casa farmaceutica e le spiega che non si fidano più del governo greco e non fanno più credito. Lo Stato non paga, le case farmaceutiche non forniscono i prodotti e i pazienti hanno difficoltà a trovare le medicine. Il Governo secondo le indicazioni della Troika (UE, FMI e BCE) ha ridotto di oltre 1 miliardo di euro le spese in farmaci e prevede di ridurle di un altro miliardo.

Poi anche Nadia comincia a lamentarsi perché il governo liberalizza orari e prezzi e mi avverte dello sciopero che si terrà la settimana successiva. Ecco un altro tema scottante: le liberalizzazioni! Dopo i trasporti pubblici, le licenze dei taxi e l’energia (dove è in atto la liberalizzazione del 40% dell’energia prodotta tramite lignite) si sta tentando di completare la liberalizzazione delle professioni cominciata con l’approvazione della legge del 2 luglio.

Il tema delle riforme è uno di quelli certamente più delicati e sicuramente più difficili da affrontare. Da quando la Grecia ha chiesto un credito al FMI, non ha scelta, deve sottostare alle indicazioni della troika. Il prossimo anno, oltre ai vari capitoli di tagli alle spese, privatizzazioni, introduzione di nuove tasse e liberalizzazioni varie, sarà affrontato uno dei temi più delicati delle economie occidentali: la riduzione del costo del lavoro attraverso la rimozione dei vincoli di licenziamento (in pratica il nostro articolo 18) e la riduzione del salario minimo, che dovrebbe passare da 750 euro a 500 euro circa. Queste misure, che provengono da una filosofia neoliberista incontreranno la resistenza di molte parti della società civile greca ed è probabile che la piazza Syntagma davanti al Parlamento sarà di nuovo teatro di forti scontri.

Spesso domando agli intervistati cosa li ha maggiormente impressionati durante questa crisi, al di fuori delle loro esperienze personali, e con altrettanta frequenza mi rispondono: “vedere tutte queste persone che cercano resti nei bidoni della spazzatura”. Mi fermo davanti al primo bidone che incontro e mi siedo a pochi metri di distanza. Non avevo idea finché non l’ho visto: non passano alcune persone, ne passano in continuazione. Come se durante la passeggiata o il trasferimento da un posto all’altro si desse una sbirciatina ai cestini che s’incontrano lungo il tragitto. Non a uno ma a tutti. Si fermano, si arrampicano, frugano, talvolta ci finiscono dentro e poi riescono con qualcosa in mano o anche senza nulla e se ne vanno. A quello successivo stessa scena. Sembra quasi che ci sia un’organizzazione alle spalle: chi ricicla la plastica, chi il ferro, chi spera in qualche avanzo…

Martha Frintzila, classe '72, famosa cantante e attrice di teatro, abita nei dintorni di Omonia, in pieno centro. È lei che mi parla di questo quartiere per la prima volta. Negli ultimi 2 anni non riesce più a circolarvi neanche la polizia. È li che mi dirigo. “È in mano a bande di piccoli e grandi spacciatori”, mi dice Martha. Lo attraverso con un po’ di timore e mi ritrovo ad aumentare il passo ad ogni vicolo un po’ per paura un po’ per ansia: in ogni angolo, marciapiede, aiuola, panchina, insomma ovunque persone sdraiate per terra inermi.

Alcuni forse vivono lì, altri smaltiscono la sbornia, altri la dose. E ancora mi racconta: “da alcuni mesi vedo agli angoli delle strade dei gruppi di signore ucraine o russe, che vengono affiancate da grandi macchine. Prima pensavo male ma poi ho capito. Si offrono per lavori di qualsiasi natura ad ore. I conducenti di grandi auto lussuose abbassano il finestrino e dicono di cosa hanno bisogno, pulizie, badante o quello che è. Loro rispondono quanto vogliono all’ora e se la trattativa va in porto salgono in macchina”. Ad ogni angolo una specializzazione, operai, fattorini, e ovviamente altro, poco più in là ecco i ragazzini del Bangladesh o del Pakistan che si prostituiscono per pochi euro.

Man mano che passano i giorni e continuo a camminare mi salta all’occhio che le attività ancora aperte sono più o meno sempre le stesse e che tra queste ci sono compratori d’oro, ricevitorie, ma anche i venditori di legname, di biciclette. Per intuire il volume di affari dei compratori d’oro, basta pensare che il Ministero dell’Economia ha emesso una circolare informativa sui modus operandi consigliati a chi vende l’oro! L’impiegata di una ricevitoria mi concede una breve intervista e mi fa notare come i clienti che vedo nel locale non siano giocatori d’azzardo, ma i nuovi poveri che sperano di pagare le bollette puntando qualche euro sui numeri del Lotto: “la clientela è radicalmente cambiata e le giocate anche”.

L’ultimo giorno, riesco finalmente, dopo numerosi tentativi, ad andare a visitare un centro homeless. L’impatto è brutale: circa mille persone sono in coda per un pasto composto di riso, un po’ di verdura e un boccone di carne. Chiedo di poter fare delle foto, mi rispondono di essere discreto, lo sarò ma non riesco a non soffermarmi su un distinto signore, vestito con un impermeabile bianco che fa la sua coda in silenzio, cosciente che la fame ha preso il sopravvento sulla sua dignità. Noto poi famiglie, anziani ben vestiti.

Di questi centri ce ne sono 75 solo ad Atene, ognuno accoglie 1000-1500 persone, solo nel 2011 hanno avuto 20000 nuovi iscritti!

La crisi c’è e la gente la subisce, la soffre, la vive. La crisi greca quindi non riguarda solo i numeri ma la maggior parte delle persone. Ecco cos’è questa spada di Damocle che pare penderci sulla testa. Se finiremo come la Grecia nessuno lo sa, ma posso testimoniare che le storie che ho ascoltato sulla crisi sono tante e troppo simili nella loro rassegnazione, incluse quelle di alcuni pensionati e dipendenti pubblici, un tempo il fiore all’occhiello delle politiche sociali. Ecco cosa ci potrebbe succedere, nei prossimi anni, perché quello che sarà dopo non lo sappiamo, ma a me è bastato questo.

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