Questo articolo è stato pubblicato in inglese su Counterpunch.
http://www.eilmensile.it
1 marzo 2012

La nuova eresia economica
di Michael Hudson*

Sono appena ritornato da Rimini, in Italia, dove ho sperimentato uno degli spettacoli più sorprendenti della mia carriera accademica. Quattro associati dell’Università del Missouri di Kansas City (Umkc) sono stati invitati a tenere una conferenza di tre giorni sulla Teoria monetaria moderna (Mmt), per spiegare perché oggi l’Europa ha così tanti problemi monetari, e per mostrare che esiste un’alternativa rispetto all’austerità imposta al 99% e che l’enorme e violento rastrellamento della ricchezza da parte dell’1% non è una legge di natura.

Stephanie Kelton (prossima direttrice del Dipartimento di Economia dell’Umkc e redattrice del blog economico, New Economic Perspectives), il criminologo e professore di legge Bill Black, il banchiere di investimento Marshall Auerback oltre a me (insieme a un economista francese, Alain Parquez) abbiamo fatto ingresso venerdì sera nel palazzetto dello sport. Abbiamo camminato in lungo e in largo, anche oltre nel corridoio centrale, in mezzo a un folto pubblico, la cui presenza è stata di 2100 persone. Quando sono stati pronunciati i nostri nomi, è stato come entrare alla serata degli Oscar. Alcuni ci ha riferito di aver letto per intero i nostri blog economici. Stephanie ha detto di aver capito cosa possono aver provato i Beatles. C’è stato un applauso prolungato, e questo per un incontro intellettuale, non per un avvenimento sportivo.

Con una differenza, ovviamente: non c’erano i nostri avversari. Erano presenti molti rappresentanti della stampa, ma gli euro-tecnocrati al potere (i lobbisti di banca che determinano le politiche economiche europee) sperano che quanto meno si discuta delle possibili alternative all’austerità, tanto più facile sarà realizzare la loro brutale morsa finanziaria.

Tutti i membri del pubblico avevano contribuito a racimolare i fondi per farci volare dagli Stati Uniti (e dalla Francia per Alain) e per ospitarci al Grande Hotel di Federico Fellini sulla spiaggia di Rimini. La conferenza è stata organizzata dal giornalista Paolo Barnard che ha studiato la Mmt con Randall Wray e che ha compreso come ci fosse una grande richiesta in Italia per una discussione culturale di massa su quello che sta determinando le condizioni di vita in Europa, e sull’emergente élite finanziaria che spera di utilizzare questa crisi come un’opportunità per diventare una nuova signoria finanziaria per costruire feudi, per privatizzare i beni pubblici svenduti dai governi che non hanno una banca centrale per finanziare i deficit, obbligati a seguire gli obbligazionisti e gli eurocrati provenienti dal campo neoliberista.

Paolo e il suo enorme gruppo di supporto di traduttori e collaboratori ha fornito un’opportunità di sentire un approccio ala teoria monetaria e fiscale che fino a poco tempo fa era praticamente ignorata negli Stati Uniti. Solo una settimana fa il Washington Post ha pubblicato una recensione della Mmt, seguita da una lunga discussione sul Financial Times. Ma la teoria rimane confinata principalmente al dipartimento di economia dell’Umkc e al Levy Institute al Bard College, a cui noi siamo in gran parte associati.

Il vettore principale della nostra argomentazione è che i governi possono creare soldi, così come le banche commerciali creano elettronicamente il credito sulle tastiere dei loro computer (creando un credito su un conto corrente dei mutuatari per ricevere in cambio le rate di pagamento e gli interessi). Non c’è alcun bisogno di prendere in prestito dalle banche, dato che le tastiere dei computer possono offrire la creazione di credito pressoché gratuito per finanziare la spesa.
La differenza, chiaramente, è che i governi spendono i fondi (almeno in linea di principio) per promuovere la crescita a lungo termine e il lavoro, per investire nelle infrastrutture pubbliche, per la ricerca e sviluppo, per fornire le cure sanitarie e altre funzioni economiche basilari. Le banche hanno una necessità temporale più a breve termine. Prestano fondi in cambio di collaterali. Circa l’80 per cento dei prestiti delle banche sono mutui per l’acquisto di beni immobili. Gli altri prestiti sono fatti per finanziare investimenti a leva e per rilevamenti societari. Ma la gran parte dei nuovi investimenti in capitale fisso da parte delle grandi aziende viene finanziato con i profitti già incamerati.

Sfortunatamente, il flusso degli introiti viene ora sempre più deviato dal settore finanziario, non solo per pagare gli interessi e le penali alle banche, ma anche gli acquisti di azioni per sostenerne le quotazioni, per rivalutare anche le stock option che vengono elargite ai direttori delle società finanziarizzate. Per quanto riguarda la borsa – che gli esempi da manuale ancora descrivono come la raccolta dei fondi per i nuovi investimenti di capitale – è stata trasformata in un veicolo per rilevare aziende a credito (ad esempio, con obbligazioni spazzatura che hanno alti tassi di interesse) e per sostenere la ricchezza con il debito. Visto che i pagamenti per gli pagamenti sono deducibili dalle imposte – come se fossero un costo necessario per fare impresa -, le imposte versate dalle grandi aziende subiscono un abbattimento. E quello che viene raccolto dagli esattori delle tasse viene messo a disposizione per pagare i banchieri e gli obbligazionisti che si fanno ricchi appesantendo l’economia con il debito.

Benvenuti nell’economia post-industriale finanziarizzata. Il capitalismo industriale è passato attraverso una serie di fasi di capitalismo finanziario, dall’Economia delle Bolle alla fase del Negative Equity, al periodo dei sequestri degli immobili per ipoteca, allo sgonfiamento del debito, all’austerità, e a quello che in Europa sembra essere uno schiavismo del debito, soprattutto per i paesi PIIGS, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna. (I paesi baltici di Lettonia, Estonia e Lituania sono già talmente gravati dal debito che le loro popolazioni stanno emigrando per trovare lavoro e per evitare di affogare nei mutui per l’acquisto di immobili. Lo stesso è successo all’Islanda da quando i sotterfugi bancari provocarono il suo collasso nel 2008.)

Perché gli economisti non descrivono questo fenomeno? La risposta è data da una combinazione di ideologia politica e di analisi fatta con i paraocchi. Appena terminata la conferenza di Rimini nella sera di domenica, ad esempio l’articolo di lunedì 27 febbraio del Times a firma di Paul Krugman, “What Ails Europe?” (Cosa addolora l’Europa?, ndt) ha valutato i problemi dell’euro sono nell’inabilità dei vari paesi di poter svalutare le proprie monete. Ha giustamente criticato la linea del partito Repubblicano, che attribuisce la colpa dei problemi dell’eurozona alla spesa sociale, dando poi la colpa di tutto ai deficit di bilancio.

Quello di cui non ha parlato è la camicia di forza della Banca Centrale Europea incapace di monetizzare il passivo, e ciò è dovuto da una politica economica fallimentare scritta nella Costituzione dell’Ue.

“Se le nazioni periferiche avessero ancora una propria valuta, potrebbero e utilizzerebbero la svalutazione per ripristinare rapidamente la competitività. Ma non lo fanno, e ciò significa che dovranno subire un lungo periodo di disoccupazione di massa e una flessione lenta e continua. Le loro crisi debitorie sono principalmente un sottoprodotto di questa infausta prospettiva, perché le economie depresse portano a deficit di bilancio e una flessione aumenta il peso del debito”.

Il deprezzamento abbasserebbe il costo del lavoro e aumenterebbe il prezzo delle merci importate. L’ammontare del debito denominato in valuta straniera salirebbe di pari passo con la svalutazione, creando problemi a meno che il governo non vari una legge per ridenominare tutti i debiti in valuta nazionale. Ciò sarebbe in linea con la Prima Direttiva del finanziamento internazionale: un debito sempre denominato nella propria valuta, come fanno gli Stati Uniti.

Nel 1933 Franklin Roosevelt annullò la Gold Clause nei contratti di prestito statunitensi, che permetteva alle banche e agli altri creditori di essere pagati nel valore equivalente in oro. Ma, con la sua solita impostazione neoclassica, Krugman ignora il problema del debito: “Le nazioni colpite, in particolare, hanno a disposizione solo cattive scelte: o soffrono le conseguenze della deflazione o decidono drasticamente di uscire dall’euro, e non è politicamente fattibile a meno che non falliscano (un punto a cui la Grecia sembra avvicinarsi). La Germania potrebbe collaborare, invertendo le sue politiche di austerità e accettando un’inflazione più alta, ma non è di questo avviso”.

Ma uscire dall’euro non è sufficiente per evitare l’austerità, i mancati pagamenti dei mutui e la deflazione del debito se la nazione che esce conserva ancora le politiche neoliberiste che affliggono l’euro. Supponiamo che l’economia post-euro abbia una banca centrale che si rifiuti ancora di finanziare i passivi di bilancio, costringendo il governo a prendere in prestito dalle banche commerciali e dagli obbligazionisti. Supponiamo che il governo decida di dover intervenire sul bilancio invece che potenziare l’economia con la spesa per incrementare la crescita.

Supponiamo che il governo tagli la spesa sociale, o che salvi le banche per le loro perdite, o che inserisca nei propri bilanci le scommesse azzardate delle banche, come successo in Irlanda. Oppure, cosa accadrebbe se i governi non depennassero i mutui da pagare per gli immobili o altri debiti che le persone non sono in grado di rimborsare, proprio come avvenuto in Islanda? Il risultato sarà ancora una deflazione del debito, la confisca delle proprietà, la disoccupazione, e un’ondata crescente di emigrazione in parallelo alla contrazione dell’economia e delle opportunità di lavoro.

Quindi, qual è l’aspetto fondamentale? È avere una banca centrale che opera nel modo per cui sono state fondate: per monetizzare il passivo di bilancio e per spendere fondi nell’economia, nel modo adatto a promuovere la crescita economica e la piena occupazione.

Questo era il messaggio della Mmt per cui cinque di noi sono stati invitati a Rimini. Alcuni partecipanti ci hanno spiegato di essere venuti dalla Spagna, altri dalla Francia e dalle città di tutta Italia. E, anche se abbiamo rilasciato molte interviste ai giornali, alla radio e alle televisioni, ci hanno detto che i media più diffusi ci hanno ignorato perché non siamo politicamente corretti.

Questo è lo spirito censorio dell’austerità monetaria neoliberista. Il suo motto è Tina: “There Is No Alternative” per mantenere le cose così come stanno. Fino a che riusciranno a reprimere le discussioni sulle migliori alternative esistenti, hanno la speranza è che il pubblico rimanga acquiescente anche se il tenore di vita peggiora e la ricchezza viene risucchiata dalla vetta piramidale dell’’ per cento.

Il pubblico ha chiesto soprattutto chiarimenti teorici da Stephanie Kelton, che ha tenuto la conferenza di argomento economico più chiara che abbia mai ascoltato, una presentazione euclidea della logica della Mmt. Qui c’è un video della grandezza dell’evento. Alla fine, ci siamo sentiti come star di un concerto.

La quantità di pubblico che ha riempito il palasport per sentire le nostra spiegazioni economiche su come dovrebbe funzionare una banca centrale per evitare l’austerità e per promuovere, invece che per scoraggiare, il lavoro, ha mostrato che il tentativo del governo di fare il lavaggio del cervello alla popolazione non sta funzionando. Non sta funzionando così come è successo alla classe Economics 101 di Harvard, da cui gli studenti sono usciti per protesta contro la proposta di universo parallelo irrealistico, che descrive l’economia escludendo l’analisi del debito, i benefici dei benestanti e il parassitismo finanziario.

 

*Michael Hudson, ex analista finanziario di Wall Street, ricercatore e professore emerito di Economia presso l’Università del Missouri di Kansas City (Umkc), autore di vari saggi tra cui “Super-Imperialism: The Economic Strategy of American Empire”, consigliere economico di vari governi (Islanda, Lettonia e Cina) in materia di finanza e diritto tributario.

top