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16 luglio 2012

La tavola rotonda del Big business vuole stravolgere la legislazione ambientale dell'Ue?
di Umberto Mazzantini

Osservatorio Ceo: «Mario Monti tra i maggiori sostenitori della "Corporate Europe"»

 Secondo Corporate Europe Observatory (Ceo) «Il Big business in Europa ha sviluppato idee chiare per i prossimi passi che vuole che faccia l'Europa per rispondere alla crisi, alcuni dei quali sarebbero semplicemente quelli di mettere la società al servizio del  business. La loro agenda si adatta inquietantemente bene con  quel che i governi degli Stati membri e la Commissione europea  hanno detto di recente». L'osservatorio, che tiene sotto controllo le attività delle lobby multinazionali a Bruxelles e Strasburgo, traccia uno scenario preoccupante: «Immaginate che tutta la legislazione ambientale dell'Ue  venga spazzata via in un colpo solo. O il blocco effettivo di tutto ciò che potrebbe migliorare le condizioni di lavoro. Oppure immaginate che una qualsiasi normativa degli Stati membri che sia considerata dalla Commissione come  una violazione delle norme comunitarie relative al mercato unico, ad esempio sugli Ogm o sugli additivi alimentari, possa essere annullata dalla Commissione senza ulteriori discussioni. O che ogni volta che qualcuno, per esempio nel Parlamento europeo, propone una modifica ad una legge europea, la proposta deve essere esaminata immediatamente da persone che si preoccupano solo degli interessi del business. Può sembrare inverosimile, ma attualmente proposte in tal senso vengono effettivamente presentate. Sono  spinte da business lobby groups  come l'European roundtable of industrialists (Ert) ed hanno un riscontro positivo in quel che i governi e la Commissione sta prendendo in considerazione».

Da anni le grandi imprese premevano perché l'Ue avesse il potere di interferire nei  bilanci e sul diritto del lavoro degli Stati membri, paradossalmente, la crisi europea, che è una delle punte della crisi dell'iperliberismo, ha reso questi sogni possibili, realizzando così un federalismo europeo ben diverso da quello a cui pensavano i padri fondatori europei legati alla socialdemocrazia ed al cristianesimo sociale.

Corporate Europe Observatory avverte: «A quanto pare,  i business groups si stanno attrezzando per la prossima sfida». L'Ert non è proprio una bocciofila: si tratta dello strumento di pressione di una lobby esclusiva, gestita dai dirigenti di più di un centinaio di grandi imprese, che è stato creato  per l'azione. Nel settembre 2011 si è incontrato con la cancelliera tedesca Angela Merkel, a novembre il presidente Ert, Leif Johansson, della Ericsson, ha fatto visita al Primo Ministro danese Helle Thorning Schmidt per essere sicuro che avrebbe prestato, attenzione alle proposte che sarebbero state presentate dalle grandi imprese durante la presidenza di turno danese dell'Ue . L'Ert sarà quasi certamente ricevuta anche dal governo di Cipro, nuovo presidente di turno dell'Ue ed ha grandi progetti che vedono la risposta dell'Ue alla crisi come una grande opportunità per aumentare il potere ed il coinvolgimento delle multinazionali. Ceo sottolinea che «L'Ert non è un normale gruppo di lobby che affronta qualsiasi vecchio ordinamento. Torna in vita quando ci sono grandi cambiamenti in corso, quando nuovi importanti sviluppi aprono la porta alle riforme globali. L'attuale  eurocrisi è certamente un caso del genere e, come sempre, l'Ert è ambiziosa,  non vuole niente di meno che gli interessi del big business per il futuro dominino su tutta la regolamentazione pertinente».

Gli interessi dell'Ert coprono tutti i settori strategici:  mercati digitali, diritti di proprietà intellettuale, impostazione, tassazione, standard setting, leggi sul lavoro, istruzione, ricerca... I suoi documenti  contengono i suggerimenti neoliberisti che da anni puntano a salvaguardare gli interessi specifici delle corporation industriali, ma la caratteristica dell'Ert è quella, al momento giusto, di elaborare e premere per riforme fondamentali. La crisi europea è servita ad  approvare in pochissimo tempo le riforme che l'Ert ha chiesto nell'ultimo decennio. Secondo il Ceo, «Da quando nel 2000 la strategia di Lisbona ha come obiettivo primario della competitività dell'Unione europea, l'Ert ha svolto un ruolo importante dietro le quinte. Ma subito dopo, il gruppo si lamentava che l'applicazione della nuova strategia fosse stata ostacolata dall'incapacità dell'Unione europea di interferire con bilanci e il diritto del lavoro. Con l'eurocrisi, tale ostacolo è stato rimosso. Come altri business lobby groups, l'Ert ha caldamente sostenuto il nuovo sistema di "governance economica" che è stato introdotto nell'Unione europea. Ora, a quanto pare, il club esclusivo si sta muovendo  verso la fase successiva nel suo lavoro per garantire che "All policies across Europe aim to improve industrial competitiveness", come recita uno dei suoi slogan».

Dalla metà del 2011 l'Ert ha fatto lobbyng per ottenere il sostegno di governi e politici per una completa revisione della legislazione dell'Ue, con una proposta in tre punti: per la legislazione vigente: "sunset screening" per identificare quelle parti  di legislazione che "inibiscono la crescita e che possono essere abolite senza compromettere le protezioni fondamentali"; per la legislazione che deve passare attraverso il processo decisionale, "Moratoria su tutta la regolamentazione connessa al business in tutta la business-related regulation, compresa l'attuazione delle normative esistenti a livello comunitario e nazionale, che non hanno dimostrato un effetto positivo immediato sulla crescita economica"; per la legislazione futura: la creazione di un meccanismo o un organismo indipendente (cioè non dipendenti dal pubblico, ma presumibilmente con persone vicine alla business community) "per garantire che tutte le attività legate a proposte politiche siano valutate per il loro effetto atteso sulla crescita economica e, essenziale, anche per il loro costo iniziale per le imprese". Per assicurarsi che questo non si limiti ad optare per la prima versione della proposta, l'Ert vuole continuare lo screening di tutto il percorso attraverso del procedimento e vuole che anche le modifiche siano sottoposte a screening.

Insomma, la deregulation alla Tatcher ed alla Reagan che viene imposta (e controllata) delle imprese ai governi proprio mentre i cittadini stanno pagando la crisi di quel modello...  Ceo fa l'esempio della British american tobacco (Bat) che con l'aiuto dell'European Policy Centre, un think tank finanziato dalle multinazionali, è riuscito a ottenere modifiche al Trattato di Amsterdam del 1997, aprendo la porta a valutazioni periodiche sull'impatto sulle imprese della legislazione, riuscendo così ad  eliminare o ridurre i regolamenti per il business. In una rapporto sul programma, la Partnership Smokefree scrive:«Se non verrà preso in seria considerazione, la Better Regulation potrebbe, così come sembrano intendere le società coinvolte alle quali è destinato, operare affinché le politiche che agiscono nell'interesse del  business abbiano maggiori probabilità di successo rispetto alle politiche necessarie per la protezione della popolazione, la salute o per l'ambiente».

Ceo fa notare che «Le proposte dell'Ert vanno ben oltre presenti le valutazioni d'impatto e l'agenda della Better Regulation. Potenzialmente, potrebbero portare alla cancellazione su larga scala della regolamentazione già in vigore, ad esempio del diritto del lavoro, ad esempio di standard, norme alimentari, pianificazione urbanistica, diritti dei consumatori, tutela dell'ambiente, ecc. ed  in futuro potrebbe impostare i termini del dibattito in seno all'Unione europea, mettendo interessi del business al centro di tutte le discussioni». Le idee della Roundtable sono sostenute anche dalla più grande business lobby organisation a Bruxelles, l'European employers federation, BusinessEurope, che nella sua ricetta per "rafforzare l'euro"  dichiara che «Prima di tutto la Commissione deve fare sul serio per garantire che tutta la legislazione sia in oggetto di un complesso di controlli sulla competitività». Ma Ert e BusinessEurope vogliono una più forte applicazione delle regole del mercato unico, e hanno regolarmente lamentato il fatto che la legislazione tende a lasciare agli Stati membri un certo margine di interpretazione flessibile. La cura, secondo BusinessEurope, è quello di "migliorare la governance e una migliore rispettare le regole del Single Market e continuano a lamentarsi che a tal fine  il Consiglio non presenti proposte specifiche". 

Idee in gran  parte preoccupanti per il concetto di democrazia controllata che si vede in filigrana, ma che non sarebbero molto preoccupanti se fossero rimaste nella sfera ideologica neoconservatrice della business community, ma negli ultimi mesi, con l'imposizione di un'austerità a senso unico  che immola i diritti sociali sull'altare della "governance economica", la Commissione Ue (dominata dal centro-destra) ed alcuni governi hanno accolto queste sollecitazioni e le hanno presentate come il nucleo di ferro della risposta alla crisi.

Il Corporate Europe Observatory è convinto che queste priorità siano sempre più importanti nelle politiche dell'Ue: «Questo è evidente nel cosiddetto "Compact for Growth and Jobs" adottato al vertice Ue del 28 -29  giugno 2012. Il patto è conosciuto soprattutto per i 120 miliardi di euro di investimenti si suppone in stimoli -  non dovuti a soldi freschi governo, ma soprattutto dalla rietichettatura dei fondi comunitari non utilizzati e all'uso creativo di circa 10 miliardi di euro di capitali extra forniti dall' European Investment Bank. Ma in realtà, il documento è più interessato ai nuovi tentativi di "Ridurre l'onere normativo generale a livello Ue e nazionale" ed al "deepening" del Single Market.  In questo preoccupante scenario il Ceo riserva un posto speciale all'Italia. Infatti  tra i maggiori sostenitori della riforma fondamentale proposta da Ert vengono citati il governo britannico del conservatore David Cameron e «Non ultimo il primo ministro italiano Mario Monti».  L'associazione ricorda che «Nell'ottobre 2009, quando ancora Monti lavorava per banca d'investimenti Usa Goldman Sachs, era stato assunto dalla Commissione per fare un importante rapporto sullo sviluppo del Single Market. Nel rapporto del maggio 2010 presentò una proposta di rottura per un nuovo tipo di applicazione del mercato unico: dare alla Commissione il potere di prendere decisioni in tema di contraffazione, ed abbandonare il normale uso dei procedimenti giudiziari (Mario Monti; "A new strategy for the single market - At the service of Europe's economy and society", report to the Commission, May 2010, page 97) Quando divenne primo ministro italiano, Monti tornò alle sue proposte. Nel febbraio 2012, ha detto al Wall Street Journal: "Se diamo più mordente alla Commissione per rimuovere gli ostacoli nazionali al funzionamento del mercato unico, riusciremo, infine, a creare un "large level playing field" che,  come insiste da sempre la business community, è una componente fondamentale della crescita". Conseguentemente, Monti ha assicurato il Consiglio che sarà possibile effettuare una riforma fondamentale della governance del mercato unico con un semplice impegno politico firmato dai governi degli Stati membri».

Al di là delle interpretazioni su chi sia il più volonteroso applicatore delle richieste del Big Business, è però evidente che il risultato dell'eurocrisi  le (contro)riforme che sono passate nei bilanci, nelle politiche sociali e nel  diritto del lavoro degli  Stati membri dell'Ue sarebbero state impossibile prima dello scoppio di una crisi che puzza sempre più di shock economy. 

«Ora, dopo due anni di riforme completate - conclude Ceo -  la Commissione e il Consiglio stanno prestando sempre maggiore attenzione alla business regulation ed al Single Market, problemi che una volta erano la massima priorità, ma che sono stati messi per un po' nel dimenticatoio. Con il ritorno della "better regulation" e del Single Market in cima all'agenda, c'è un reale pericolo che anche qui la crisi renda possibile l'adozione di una legislazione pro-big business profondamente antidemocratica. Le idee delle business lobbies sono certamente abbastanza chiare, ed i loro sogni più selvaggi sembrano essere presi sul serio dalla Commissione e dal Consiglio. Se ci riusciranno, sarà un duro colpo alla democrazia e un altro grande passo verso la "Corporate Europe"».

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