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13/11/12

Sciopero europeo, contro il rigore criminale di Bruxelles

La mobilitazione europea del 14 novembre ha un significato inedito, non è il “solito” sciopero: è l’espressione di una protesta generalizzata a livello europeo, che attraversa tutti gli strati sociali, per denunciare l’intollerabilità delle attuali politiche economiche finalizzate a garantire gli interessi delle oligarchie finanziarie che stanno letteralmente distruggendo la vita di milioni di persone. Una protesta partita dai movimenti sociali e dai sindacati spagnoli ed estesasi al Portogallo, alla Grecia e all’Italia e che vede uniti, a livello europeo, lavoratori del pubblico e del privato, studenti, precari, disoccupati, professionisti, commercianti, artigiani, pensionati, insegnanti. Si tratta di interrompere la spirale di politiche che – in nome di un debito che non potrà mai essere estinto a causa dei tassi di interesse imposti – esigono la destrutturazione del lavoro e dei suoi diritti, la fine della sanità e della scuola pubblica, dei beni comuni, e della tutela dell’ambiente. In una parola la fine dello Stato sociale

«È necessario aderire allo sciopero del 14 novembre – sostiene “Alternativa”, il laboratorio politico fondato da Giulietto Chiesa – perché individua il vero problema di oggi, e cioè che in questo scenario non c’è possibilità di salvezza per nessuno: lo schema del ‘900 in cui un gruppo sociale colpito da leggi lesive dei propri interessi, attraverso i propri rappresentanti (partiti, sindacati) riusciva a difendersi e talvolta ottenere risultati migliorativi delle condizioni di lavoro e salariali è stato scardinato». Oggi non ci sono più spazi reali di contrattazione in nessun ambito lavorativo, «per la semplice ragione che le forze politiche e sindacali svolgono solo una funzione amministrativa, quella di rendere operativi i comandi dei mercati finanziari, facendo arricchire i ricchi e impoverire i poveri». Per “Alternativa” non c’è che una strada: «Dobbiamo riappropriarci della politica, quella vera: sono gli esseri umani che determinano i modelli di società entro cui vivere, e per questo dobbiamo porre dei limiti alle logiche dei mercati e dell’economia, finalizzandola a scopi civili e sociali: dobbiamo unirci, tutti, in tutta Europa, in tutto il mondo per dire “basta”a questa “dittatura” dell’economia».

«Con questa nuova rata – fa eco Giorgio Cremaschi su “Micromega” – l’insieme dei tagli alla spesa pubblica imposta da tutti, ripeto tutti, i governi della Unione Europea ammonta al 40% del Pil greco. Come se da noi l’insieme delle manovre decise dai governi Berlusconi e Monti avesse tagliato oltre 600 miliardi di euro. Finora siamo ad un quarto di tale cifra e già le province annunciano che spegneranno il riscaldamento nelle scuole». La Grecia sta «uscendo dall’Europa dei diritti sociali» e ormai «precipita in quella che una volta veniva chiamata la condizione del terzo mondo». E Atene è solo l’anticamera di quello che ci aspetta: «Quanti anziani, quanti bambini, quante donne, quanti poveri vedranno degradare le loro condizioni di vita fino a mettere a rischio la vita stessa, per la cancellazione di quel sistema di protezione che – dalla scuola, alla sanità, alle pensioni, ai contratti, alle tutele contro i licenziamenti – ha fatto faticosamente uscire dal medioevo questo nostro piccolo continente?».

Fu la vittoria contro il fascismo, ricorda Cremaschi, a costruire in Europa lo stato sociale. E sono «la destra liberista e la sinistra inutile e smemorata» a demolirlo, imponendo – in silenzio – tutti i trattati-capestro che la Commissione Europea, senza il minimo contraddittorio né l’ombra di validazione democratica, continua a infliggere ai popoli dell’Eurozona. «Da noi il regime dell’informazione tira un sospiro di sollievo bipartizan perché il Parlamento greco ha messo sul lastrico altri milioni di persone: qui da noi tutto questo non è neanche degno di discussione, da noi si litiga su legge elettorale e primarie», osserva Cremaschi. «Già, le primarie del centrosinistra: dove tutti i candidati sono impegnati a rispettare il Fiscal Compact e quei trattati europei grazie ai quali la Grecia viene distrutta». Primarie in cui «si chiede a chi va votare di vigilare perché quei candidati mantengano quegli impegni».

Conclude l’ex dirigente della Fiom, animatore del “Comitato No-Debito” e del “No-Monti Day”: «Non so in quale percentuale, ma la responsabilità del massacro greco – attribuito quanto spetta al governo di quel paese, a Draghi, a Merkel e a Hollande – tocca anche a Monti, a Berlusconi, a Bersani e a chi accetta i vincoli europei». Il popolo greco? «Subisce danni e vittime paragonabili a quelli di una guerra: questo è un crimine e chi lo compie è un criminale». Aggiunge Cremaschi: «Si può essere criminali perché si fa consapevolmente del male, oppure perché non ci si oppone a esso per opportunismo, paura, ignoranza. Ma resta il fatto che i crimini ci sono e i criminali sono tra noi». Dunque, tutti in piazza il 14 novembre: «Sarà una prima giornata di lotta europea. È un appuntamento importante, giustamente fatto proprio dagli indignados spagnoli e dal “No-Monti Day”, nonostante che la piattaforma ufficiale della confederazione sindacale europea sia totalmente subalterna alla criminalità economica. Noi andremo in piazza contro tutte le complicità verso il massacro della Grecia e di tutta l’Europa».

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