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28 febbraio 2012

La spy-economy di Goldman Sachs
di Enrico Piovesana

La più potente e discussa banca d’affari del mondo, la statunitense Goldman Sachs, voleva sfruttare le informazioni geopolitiche riservate dell’agenzia privata d’intelligence americana Stratfor per fare insider trading e speculare sui mercati valutari e dei titoli di Stato.

E’ una delle più scottanti notizie emerse da una valanga di email aziendali della Stratfor ‘hackerate’ lo scorso 26 dicembre da Anonymous e ora pubblicate da WikiLeaks: cinque milioni di messaggi di posta elettronica risalenti al periodo 2004-2011 che svelano il coinvolgimento della società texana in attività illecite di spionaggio di attivisti per conto del governo Usa e di aziende multinazionali (Dow Chemical, Lockheed Martin, Northrop Grumman, Raytheon), riciclaggio di denaro e, per l’appunto, speculazione finanziaria.

L’anno scorso, dopo due anni di incubazione, l’ex alto dirigente di Goldman Sachs, Shea Morenz, e il fondatore e presidente di Stratfor, George Friedman (figlio di ungheresi sopravvissuti all’Olocausto), hanno dato vita a un fondo d’investimento denominato StratCap. Di cosa si tratti lo spiega chiaramente, in una mail riservata dello scorso 5 settembre, lo stesso Friedman: “StratCap userà le nostre informazioni e analisi per commerciare nel campo degli strumenti geopolitici, in particolare titoli governativi, valute e simili nei mercati dei Paesi emergenti”.

Nella stessa mail (indicata come “riservata a uso interno, da non diffondere e discutere all’esterno”), Friedman spiga come il dirigente di Goldman Sachs abbia ideato il progetto StratCap investendovi appositamente oltre 2 milioni di dollari (oltre ad altri grossi finanziamenti diretti a Stratfor) e come Morenz sia entrato nel consiglio di amministrazione della stessa Stratfor. “Abbiamo già fornito consulenza ad altri hedge fund: ora, grazie a Morenz, ne abbiamo uno nostro”.

Il fondo StratCap, che sarebbe dovuto diventare operativo sui mercati finanziari nella primavera 2012, va così ad aggiungersi alla lunga lista di scandali e attività poco chiare che hanno visto coinvolta la superbanca americana per cui hanno lavorato anche Romano Prodi, Mario Draghi e Mario Monti.

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