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2/3/2012

Valle del Giordano, l’Onu: esiste il rischio espulsione per 60mila palestinesi

Ramallah – InfoPal. Un rapporto delle Nazioni Unite ha lanciato l’allarme sul rischio espulsione per migliaia di cittadini palestinesi che abitano nelle zone che si estendono dal Mar Morto alla Valle del Giordano. La ragione di questo pericolo risiede nei piani di espulsione di Israele.

L’Ufficio per gli Affari umanitari Onu, Ocha, parla del 30% della popolazione della Cisgiordania a rischio di espulsione. Essi sono vittime di reiterati divieti di ottenere licenze di costruzione o di accesso alle proprie aree agricole e per la pastorizia.

Quel 30%, vale a dire 60mila palestinesi, corrisponde all’87% dell’intera popolazione palestinese che vive nell’area C (sotto piena giurisdizione israeliana secondo la suddivisione territoriale risalente agli accordi di Oslo).
Si tratta di intere aree del tutto precluse materialmente a chi – finora – le abita. Nelle medesime zone Israele dispone di progetti per l’insediamento dei propri coloni. Nella zona B, sottoposta invece a controllo militare israeliano e civile palestinese, è il 7% della popolazione palestinese ad essere a rischio di espulsione. Le sue risorse furono destinate allo sviluppo di una riserva naturale (Memorandum di Wye River, 1998). Come oggi, anche allora il premier israeliano era Benjamin Netanyahu.

I residenti palestinesi colpiti da questa politica israeliana sono nello specifico 7.900 pastori nomadi, e già oggi 3.400 di essi abitano in aree precedentemte dichiarate zone militari chiuse. Molti episodi di sgombero coatto si sono consumati proprio qui. Contemporanemente, nel rapporto si sottolinea la presenza di 37 insediamenti israeliani abitati da 9.500 coloni. Le colonie sono illegali in base alla legge internazionale.

Qui, nel 2011 Israele ha demolito oltre 200 proprietà palestinesi espellendo circa 430 individui. Altri 1.200 si sono visti derubare fonti e mezzi per la sopravvivenza.

Sul consumo dell’acqua. Le comunità pastorali oggi non dispongono di oltre 20 litri di acqua pro-capite al giorno. La media raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) è di cento litri al giorno. I coloni israeliani ne consumano 300 al giorno.

I residenti palestinesi di queste aree hanno avuto accesso a 50mila ettari di terra agricola. Tuttavia, la regione che abitano si estende su 12mila ettari, pari al 3,5% dell’area C. Queste stime provengono invece, dalla Banca Mondiale.

Nelle conclusioni del documento Onu si legge il dovere di Israele, in qualità di potenza occupante, di proteggere i civili, di amministrare le aree da essi abitate e garantire loro servizi e Diritti Umani fondamentali.

Nell stesso giorno in cui le Nazioni Unite pubblicano il presente documento, il ministro degli Esteri di Israele, Avigdor Lieberman, ribadisce la posizione del proprio governo: “La Valle del Giordano è di vitale importanza per la sicurezza di Israele. (…) Non esistono i presupposti per lo spiegamento di forze internazionali. Essa resta un punto invalicabile in ipotetici negoziati. La Valle del Giordano è strategica per Israele, soprattutto di fronte ai disordini regionali. Da qui possiamo controllare al meglio la sicurezza di Israele e senza la presenza israeliana qui, non si garantirà la siurezza di Israele. Non potremmo mai rinunciare nella Valle del Giordano a barriere come Gush Dan, fondamentali contro le minacce di cui siamo vittime”.

“Non possiamo accordare fiducia a nessuno, se non concentrarci unicamente sulla sicurezza nazionale”, ha dichiarato ancora Lieberman.

Ricordando le posizioni estremiste del ministro israeliano, Hanan ‘Ashrawi, membro del Comitato esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), ha controbattuto: “Non sono forse dichiarazioni che violano il principio stesso di negoziati per la pace e le norme internazionali?”

“D’altra parte, quanto dichiara oggi Lieberman in merito alla Valle del Giordano, è espressione dell’idelologia israeliana del controllo supremo, dell’imporre le proprie condizioni a tutti, e di astenersi da qualunque vincolo derivi dai principi di legalità internazionale. Nessun riguardo per le richieste di ritiro dai confini occupati (da Israele) nel 1967 e di fermare la colonizzazione”, ha commentato la leader palestinese.

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