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16 Giugno 2011

Sondaggio: La Valle Del Giordano? Non E’occupata

La deportazione silenziosa messa in atto da Israele nella Valle del Giordano ha spopolato quest’area dai suoi legittimi residenti. Non solo: ha anche radicato nell’opinione pubblica israeliana, la percezione che questa striscia di terra fertile, sia da sempre parte di Israele. Lo conferma un sondaggio.

Gerusalemme, 16 Giugno 2011 – Nena News – La Valle del Giordano è parte di Israele. Quindi non ha senso parlare di occupazione. Questa è la “singolare” ma radicata percezione che di questa striscia di terra fertile, una volta “granaio” della Palestina, ha la maggioranza degli israeliani. In un sondaggio condotto per la ONG ACRI, nell’ambito della campagna Action a Day campaign, una campagna volta a informare l’opinione pubblica israeliana e decostruire alcuni luoghi comuni,  il 63,5% degli israeliani non riesce a comprendere in che modo la presenza israeliana possa essere messa in discussione. Vale a dire, la Valle del Giordano non è sotto occupazione, nella coscienza collettiva dell’opinione pubblica dello stato ebraico.

Un risultato ottenuto grazie alla metodica campagna di spopolamento e “trasferimento” dei residenti palestinesi, che trattandosi per la maggior parte di comunità beduine, sono diventati attori invisibili nei media israeliani, molto più che i palestinesi di Sheikh Jarrah (quartiere arabo di Gerusalemme Est) o di Nablus (nord Cisgiordania). Una popolazione che oggi è quindi ridotta all’osso, attraverso un processo di espulsione accompagnato da requisizione e confisca delle terre agricole, sottrazione delle risorse idriche, demolizioni: 56.000 persone la abitano oggi contro gli oltre 300.000 prima del 1967. Una delle comunità più vulnerabili dell’intera area C della Cisgiordania.

I palestinesi sono così invisibili, fa notare Dimi Reider, editorialista israeliano (sul mazine on lene +972), a commento del sondaggio, che infatti il 34,5% degli intervistati afferma con assoluta convinzione che  gli israeliani sono  numericamente superiori ai palestinesi nella Valle del Giodano. Quando la realtà dei dati è assolutamente diversa: il rapporto tra palestinesi e coloni è di 6 a 1. Nonostante le colonie occupino il 50% dell’intera area.

La natura degli insediamenti (illegali secondo il diritto internazionale) che si trovano in questa area, contribuisce a rafforzare o quantomeno a non contraddire questa percezione. Nel linguaggio israeliano ci si riferisce alle colonie della Valle del Giordano come a “yishuvim” (comunità) o a “kibbutzim” (plurale di kibbutz): vale a dire che il carattere non religioso-nazionalista affibbiato a questo tipo di coloni, conquista maggiormente il cuore del mainstream israeliano, quello laburista sionista  laico, rendendoli di fatto coloni “più accettabili”. Un articolo di Ha’aretz dello scorso marzo http://www.haaretz.com/print-edition/news/left-leaning-youth-movement-to-initiate-new-west-bank-settlement-1.348468 ) sollevava la possibilità dato che il movimento Bnei Hamoshavim (kibbutz di centro-sinistra) potrebbe in futuro costruire proprio nella Valle del Giordano e precisamente nella base militare abbandonata di Gadi, una colonia per i propri studenti laureati.

Svenduta dal presidente USA Obama lo scorso ottobre, in cambio di una proroga di 2 mesi della moratoria sulle nuove costruzioni nelle colonie (proroga a cui il Primo Ministro Netanyahu disse no), la Valle del Giordano è destinata nei piani di Israele a rimanere sotto il suo controllo. Alla luce di questo sondaggio sarà davvero facile, fare accettare agli israeliani quello che il Primo Ministro Netanyahu (e prima di lui altri uomini politici tra cui Olmert che ripeteva lo stesso ritornello nella campagna politica del 2006) affermano da sempre: e cioè che in qualsivoglia ipotesi di accordo politico con i palestinesi, le forze armate israeliane resteranno a presidiare la Valle del Giordano. “È qui, sul Giordano il nostro confine di sicurezza. È qui la nostra linea di difesa”. Parole di Netanyahu durante una visita alle basi militari nella Valle del Giordano occupata, dello scorso 8 marzo. Nena News

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