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11 settembre 2012

«T» come tana al transgenico Nestlè
di Riccardo Troisi

Che la Nestlé sia una delle multinazionali più devastanti dal punto di vista economico, ambientale e sociale è cosa ormai nota. Abuso di potere sui mercati, sfruttamento del lavoro soprattutto nel sud del mondo, danni all’ambiente, vendite irresponsabili, utilizzo di Ogm, appoggio a regimi oppressivi, pubblicità scorretta, ricorso ai paradisi fiscali: il suo curriculum non è niente male. Questi comportamenti sono spesso denunciati dalla società civile mondiale, ma la Nestlè continua ad operare più o meno alla stesso modo soprattutto nei nuovi mercati emergenti. Un caso di rilevo è la recente condanna di assenza di trasparenza avvenuto in Brasile.

Una normativa brasiliana infatti stabilisce che per tutti gli alimenti contenenti più dell’1% di materiale geneticamente modificato deve esserci una specifica indicazione nell’etichetta: l’obbligo non è stato rispettato dalla Nestlé e un tribunale ha richiesto alla multinazionale di indicare in maniera perentoria sui suoi prodotti alimentari, etichette contenenti ingredienti geneticamente modificati.

Ma la cosa che più preoccupa i movimenti di consumo critico è che questa battaglia abbia coinvolto anche il governo del Brasile assieme all’Abia (Associazione Brasiliana dell’Industria Alimentare): governo e associazione si erano alleate per combattere la scelta del tribunale. Il giudice ha dichiarato che sia il governo del paese sia l’associazione di categoria hanno agito illegalmente e che i cittadini consumatori hanno il diritto di sapere, come dice la legislazione stessa, se quello che mangiano contiene ingredienti modificati geneticamente. Il Tribunale nella sentenza ribadisce che, sebbene la percentuale di materiale transgenico contenuto negli alimenti trasformati è limitato, ciò non elimina il diritto di informare i consumatori.
Insomma, un brutto colpo per la Nestlé: per evitare ogni dubbio, la multinazionale dovrà apporre un simbolo con la lettera «T» incorniciata da una triangolo giallo negli alimenti che li contengono.

Non c’è dubbio che la sentenza crei un precedente giuridico e potrà esser replicata in altri paesi latinoamericani. Di certo l’impatto che produrrà sul mercato brasiliano, rappresenta una sconfitta per l’industria del transgenico visto che il Brasile è uno dei maggiori produttori al mondo. Per questo non desta meraviglia che il governo e i rappresentanti del settore agro industriale si siano mobilitati su questa vicenda: gli interessi economici in campo sono enormi. Secondo gli ultimi dati questo paese potrebbe diventare il più grande produttore di alimenti geneticamente modificati in tutto il mondo.
La corte ha anche stabilito una multa di circa 2.000 euro per ogni prodotto che si trova sul mercato con materiale transgenico che viola l’ordine del tribunale sull’etichetta. A quanto pare, alcune analisi hanno trovato prodotti alimentari geneticamente modificati, ad esempio i biscotti alla fragola del marchio «Bono», nei quali oltre la metà dei semi di soia utilizzati era transgenica, ma la confezione non ne protava traccia. Chiaramente il provvedimento non riguarda solo Nestlé, tutta l’industria agroalimentare brasiliana trema, visto che sarà tenuta a indicare sulla confezione dei prodotti i contenuti Ogm indipendentemente dalla loro quantità. Il governo e le associazioni di categoria, a quanto pare, hanno chiesto a un gruppo di avvocati di preparare il ricorso per evitare l’applicazione della normativa.
Come spesso accade toccherà ai cittadini consumatori responsabili sostenere battaglie di questo tipo, dove si potrebbero presentare scenari inaspettati per queste multinazionali, tanto affamate di nuovi mercati e tanto incapaci di rispettare la dignità dei cittadini.

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