Fonte: Al Akbar
http://www.palestinarossa.it
15 giugno2012

Non ci sarà alcuno stato palestinese intervista all'informatore dei Palestine Papers Ziyad Clot
di Max Blumenthal

Nel 45° anniversario della Naksa, l'ex consigliere dell'OLP e informatore dei Palestine Papers Ziyad Clots ha dichiarato che non ci sarà mai uno stato palestinese sovrano a fianco di Israele.

Il mese scorso, migliaia di ebrei israeliani hanno celebrato lo Yom Yerushalayim, o "il giorno di Gerusalemme". E' stato il 45° anniversario di quello che molti israeliani considerano la "riunificazione" di Gerusalemme, un'occasione per i sostenitori della destra di intonare canzoni nazionaliste e slogan anti-musulmani e inneggiare all'omicidio di massa avvenuto per mano del fanatico estremista ebreo Baruch Goldstein, durante la marcia trionfale attraverso il quartiere musulmano della Città Vecchia. Il 5 giugno i palestinesi hanno celebrato il giorno della Naksa, ricordando "la battuta d'arresto" del 1967. E' stato il 45° anniversario della continua occupazione militare israeliana, una data ignominiosa che ispira manifestazioni di rabbia in tutta la Cisgiordania, nella Striscia di Gaza, nei campi profughi palestinesi e nelle città di tutto il mondo.

Siccome l'occupazione va avanti, spingendo alla rapida espansione degli insediamenti israeliani e al consolidamento del regime di apartheid, il concetto di uno stato palestinese sovrano sembra solo un'idea fantastica che smentisce la realtà opprimente che invece si vive sul campo. L'Autorità Palestinese, creata per amministrare il futuro stato, oggi serve a poco altro se non a distribuire stipendi ad un lungo stuolo di persone che ha a carico, fornendo a Israele un conveniente subappaltatore dell'occupazione, che abitualmente arresta i palestinesi non allineati e critici del suo autoritario governo. Dopo essere stati frammentati attraverso decenni di espropriazioni e di colonizzazioni, poi fisicamente separati l'uno dall'altro dal Muro e dall'assedio di Gaza, i palestinesi hanno sempre meno possibilità per resistere alle predazioni dei coloni israeliani. Con la speranza di uno stato indipendente, ma tutto frammentato, si stanno discutendo con rinnovata intensità le tattiche a breve termine e gli obiettivi a lungo termine.

Mentre i palestinesi in Cisgiordania e Gaza si preparavano per commemorare la Giornata della Naksa, ho incontrato in un caffè a Washington DC un autore ed ex consulente legale dell'Olp, Ziyad Clot. Nel gennaio 2008, Clot è stato reclutato nell'Unità di supporto per i negoziati dell'Olp, con il compito di sovrintendere la parte sui profughi palestinesi. Fino a quando si dimise di fronte allo sgomento generale 11 mesi più tardi, Clot ha dichiarato di aver visto "una società crudele" che "amplificava le politiche segregazioniste israeliane" e che "escludeva per larga parte la stragrande maggioranza del popolo palestinese". Nel 2010, con le immagini raccapriccianti della violenza di Israele contro la Striscia di Gaza che ancora bruciano nella sua memoria, in Francia, suo paese d'origine, Clot ha pubblicato una polemica, che non è ancora stata tradotta in inglese, dal titolo provocatorio: "Il n'y aura pas d'Etat palestinian", "Non ci sarà uno stato palestinese".

Poco dopo l'uscita del libro, Clot ha mostrato centinaia di documenti relativi al cosiddetto processo di pace ad Al Jazeera, che hanno portato al rilascio dei Palestine Papers. Accolti con furia dai funzionari dell'ANP, scontratisi con il silenzio inquietante da parte del governo israeliano e messi rapidamente in ombra dalla rivoluzione egiziana, i Palestine Papers hanno mostrato il processo di pace come una farsa crudele che ha opposto un occupante implacabile a un ente palestinese non rappresentativo legati a forze esterne antagoniste.

Nella nostra discussione, Clot è andato oltre la sua critica al processo di pace, mostrando i motivi dello spostamento della lotta palestinese passata per la sovranità e l'esperimento fallito dell'ANP. Secondo Clot, la prima priorità della lotta dovrebbe essere quella di garantire la piena rappresentanza degli oltre 10 milioni di palestinesi che vivono in tutto il mondo da parte dell'OLP, un obiettivo che può essere raggiunto consentendo a tutti di votare alle elezioni del Consiglio nazionale palestinese. Secondo Clot, infatti, una volta che gli esuli palestinesi e i rifugiati diventano consapevoli di poter decidere il futuro della Palestina, i loro contributi finanziari e culturali consentirebbero all'ANP di liberarsi dall'onero dei suoi benefattori occidentali. Considerando che solo l'8 per cento dei palestinesi cacciati dalle abitazioni a causa dei combattimenti nel 1967 è stato autorizzati a tornare in Palestina, riportare tutti gli altri di nuovo nella mischia politica sembra un modo appropriato per porre rimedio alla crisi della Naksa.
 

La mia intervista con Ziyad Clot:

MB: Spiega il titolo del tuo libro. Cosa ti ha portato a concludere che non ci sarà mai uno stato palestinese sovrano?

ZC: La grande domanda è perché fino ad oggi, dopo 45 anni di occupazione, non c'è ancora uno stato sovrano. L'unico consiglio che darei a chi fosse interessato all'argomento sarebbe quello di guardare una mappa e ignorare quelli che sarebbero i confini ipotetici di un futuro Stato palestinese, e riconoscere il fatto che le due popolazioni sono intrecciate in Israele e Cisgiordania. A causa della colonizzazione e del fatto che nessuno è stato in grado di fermarla dal 1967 ad oggi, abbiamo ora raggiunto una situazione in cui in Cisgiordania non c'è una sola collina senza una colonia o un avamposto. Come si fa a creare uno stato palestinese in questa situazione, dove non c'è terra o acqua a sufficienza per creare quello stato? Non è possibile. Pertanto, tutti gli attributi dello stato non ci sono più. Gerusalemme è diventata una capitale de facto unificata di Israele e ciò che realmente mi colpiva quando ero lì era il divario straordinario tra i fatti reali e ciò che è ancora in fase di negoziazione, in un mondo parallelo che ha completamente perso il contatto con la realtà.

MB: I Palestine Papers forniscono il ritratto di un'Autorità Palestinese a dir poco fuori dal mondo. Non solo è stata disposta a negoziare e a cedere la maggior parte di Gerusalemme Est, ma sembrava psicologicamente scollegata dalla situazione dei rifugiati. Come si può spiegare tale disconnessione?

ZC: Loro [i funzionari dell'ANP] vivono e negoziano sotto una situazione di occupazione. E' facile per noi dire che stanno rinunciando, che sono pronti a qualsiasi compromesso e che tutte le linee rosse sono state incrociate - e questa è la mia convinzione personale - ma devono far fronte a così tanti vincoli ed ostacoli che lungo gli anni hanno perso il contatto con gli esuli, con i rifugiati, poi con Gaza e Gerusalemme Est a causa del muro; sono stati inseriti in questa piccola enclave che cercano di amministrare senza piena sovranità. Così nel corso degli anni hanno interiorizzato questi vincoli e si sono abituati al discorso che è accettabile per l'Occidente. A causa della struttura dell'ANP e delle modalità di finanziamento sono più responsabili nei confronti dei donatori internazionali che del popolo palestinese. Quindi questo spiega perché i ponti tra palestinesi non esistono più. Se c'è un settore in cui i palestinesi dovrebbero concentrarsi è sulla questione della rappresentanza. Poiché il processo di pace è diventato irrilevante, a questo punto la questione di chi rappresenta i palestinesi e il modo in cui sono rappresentati diventa molto importante.

MB: Di recente il politico israeliano e sostenitore del processo di pace Yossi Beilin ha invitato Mahmoud Abbas a sciogliere l'Autorità palestinese. Ha anche usato i tuoi stessi termini, definendo il processo di pace "una farsa". Sei d'accordo che l'ANP dovrebbe essere sciolto e, in caso affermativo, cosa prevederesti per il futuro?

ZC: Lo scioglimento dell'ANP è una richiesta dura perché ci sono tanti interessi coinvolti. Se si smantellasse domani gran parte della Cisgiordania rimarrebbe senza reddito. Quindi sarebbe una decisione politica straordinaria. Si deve anche considerare che l'occupazione israeliana è più brutale di quello che i palestinesi stanno affrontando con l'ANP, quindi si vuole davvero affrontare l'occupazione direttamente? Se l'obiettivo a lungo termine è il rispetto dei diritti dei palestinesi insieme all'autodeterminazione, allora è preferibile. A breve termine, invece, questo probabilmente vorrebbe dire un sacco di sofferenza. I palestinesi sono pronti per questo? Non credo. Quindi, per dirla semplicemente: queste questioni critiche devono essere decise dai palestinesi. Sta a loro decidere se questo stato è realizzabile. In caso contrario, le varie opzioni dovranno essere presentate a loro. Purtroppo, a causa della mancanza di rappresentanza, questo è impossibile. Ecco perché penso che la prima priorità debba essere quella di ristrutturare l'OLP. Nel breve termine, la seconda priorità dovrebbe essere quella di preservare l'umanità dei palestinesi che stanno vivendo la sofferenza di massa - in particolare la popolazione di Gaza - e una soluzione politica potrebbe essere una via d'uscita.

MB: Quali misure specifiche possono essere impiegate per offrire l'intera rappresentanza al popolo palestinese?

ZC: A tutti i palestinesi dovrebbe essere consentito di votare nelle elezioni del Consiglio nazionale palestinese - tutti i 10 milioni di palestinesi dovrebbero essere coinvolti e ogni voce dovrebbe essere ascoltata. Questo è un punto molto importante per i palestinesi. Ci sono forti comunità di palestinesi al di fuori dei territori. Se si desidera utilizzarli come un bene, economicamente, politicamente e culturalmente, bisogna dare loro voce. Il problema con l'ANP non è la mancanza di risorse finanziarie - ci sono un sacco di palestinesi ricchi là fuori. E allora dobbiamo chiederci perché l'Occidente sta scrivendo i resoconti senza reputare gli israeliani responsabili di alcunché. I palestinesi ricchi sarebbero più che felici di contribuire, ma purtroppo non si riconoscono come attori con una rappresentanza in Palestina. Nonostante tutte le differenze interne, dobbiamo stabilire una struttura per consentire a tutte queste voci di essere ascoltate.