La Mauritania è stata l’ultimo paese al mondo ad aver abolito la schiavitù, nel 1981. Ma migliaia di persone vivono ancora in catene. Il governo nega il problema. Gli attivisti di Sos esclaves cercano di far conoscere le loro storie.


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autunno 2012

La schiavitù in Mauritania - Intervista a Biram Dah Abeid

Biram Dah Abeid è dirigente della associazione mauritana SOS Esclave e consigliere della Commission Nationale de Droit de l’Homme in Mauritania. Lui stesso ex schiavo, è impegnato da anni nella lotta per l’abolizione della schiavitù nel suo paese. Ossin lo ha intervistato in occasione di un suo recente viaggio in Italia.

Domanda: Può parlare dell’associazione SOS ESCLAVE al pubblico italiano?
Risposta: SOS Enclave è un’associazione che si occupa in generale dei diritti dell’uomo, ma che mette al centro del proprio intervento la lotta alla schiavitù in Mauritania. E’ stata fondata nel 1995 ed ha lavorato in clandestinità, fino al riconoscimento da parte del governo della Mauritania nel 2005.
L’azione di SOS ESCLAVE è stata caratterizzata da tensioni e conflitti coi diversi governi della Mauritania, soprattutto in relazione ai fenomeni della schiavitù domestica, agricola a sessuale, che persiste e le cui vittime sono numerosissime. Esse ammontano ancora a centinaia di migliaia, in virtù della loro nascita, secondo i costumi e la religione di questo paese.
SOS ESCLAVE ha molto lavorato per la difesa di tutte le vittime di violazioni dei diritti umani, come la tortura, gli arresti arbitrari, le sparizioni forzate, i processi iniqui, ma impegnandosi anche a favore di altri strati vulnerabili della società, come le donne, i minori, gli handicappati e le vittime della tratta degli esseri umani, per non citarne che alcuni.


Domanda: La schiavitù è stata vietata in Mauritania sono nel 1981. Perché questa anomalia nell’ambito del diritto internazionale?
Risposta: La storia del contesto giuridico che regola la schiavitù nella società moresca non è stata mai ispirata a caratteri abolizionisti. Al contrario, già prima dell’Islam, la schiavitù era molto ben radicata nelle società degli uomini di queste regioni saharo-saheliane. E dopo la diffusione dell’islam, i gruppi dominanti sia delle comunità arabe, che berbere e nere, sono riusciti a strumentalizzare la nuova religione per legittimare e rafforzare un sistema sociale schiavista. In seguito, durante la penetrazione coloniale, gli arabo-berberi  firmarono coi colonizzatori francesi trattati che contenevano clausole non scritte, ma assai imperative, tali da assicurare loro un’abbondante mano d’opera servile. E ancora, dopo l’indipendenza della Mauritania nel 1960, queste stesse élite arabo-berbere hanno ereditato lo Stato post-coloniale dalla Francia, nascondendo  e conservando la schiavitù, nonostante la promulgazione di costituzioni e leggi in teoria egualitarie e la ratifica di molte convenzioni, per ingannare la comunità internazionale.
Nel 1981 la schiavitù è stata abolita, senza però che fosse criminalizzata o sanzionata, e l’art. 2 di questa legge di abolizione (il cui decreto applicativo non è stato mai varato) recita: “Lo Stato risarcirà gli aventi diritto”, aventi diritto che altri non sono se non i padroni degli schiavi, ai quali si è promesso una contropartita per l’abolizione. Dunque questa abolizione paradossalmente è stata un riconoscimento de facto e de iure della legittimità e della sacralità della schiavitù in Mauritania. Così i padroni hanno continuato bellamente a tenere sequestrata una numerosa popolazione servile, reclamando crediti verso lo Stato, alla luce di questa abolizione che si è trasformata in ordinanza di sequestro degli schiavi.
Nel 2007, il primo presidente democraticamente eletto in Mauritania ha fatto votare una legge che criminalizza la schiavitù e le pratiche schiaviste. Forte di questa legge io stesso, in qualità di incaricato di SOS ESCLAVE e di consigliere della Commissione Nazionale per i diritti dell’uomo, sono riuscito a liberare 43 vittime di schiavitù domestica, presentando questi casi davanti alle Autorità amministrative, giudiziarie e di polizia. E tuttavia non è stata avviata alcuna inchiesta o procedimento penale, ciò che vuol dire che la legge è sempre lettera morta, perché sono i membri dei gruppi favorevoli alla schiavitù che dominano la giustizia, l’amministrazione, l’esercito, la diplomazia, la stampa ed il governo….


Domanda: La schiavitù è stata vietata, ma non è ancora considerata un crimine in Mauritania. Che cosa propone la sua associazione in proposito?
Risposta: Nella nostra società la schiavitù, invece di essere considerato un crimine, è considerato invece come una valore sociale, più ancora come un dogma della religione mussulmana, un pilastro per i credenti e della fede in Dio. D’altra parte la società è assai gerarchizzata, divisa in caste in modo tale che i gruppi dominanti arabo-berberi devono continuare ad assicurasi una mano d’opera servile e gratuita attraverso la schiavitù, perché i modelli di vita e la divisione dei ruoli impongono la schiavitù, anche se si tratta di qualcosa di anacronistico e gravido di conseguenze negative sulla convivenza civile.
In proposito la nostra associazione propone una campagna nazionale sistematica di delegittimazione della schiavitù. Questa campagna deve essere diretta dalla superiori autorità dello Stato e dai capi religiosi, oltre che dai deputati e dai componenti della società civile, per far comprendere a tutti i cittadini che la schiavitù non è solo una vergogna ed un crimine, ma è anche contraria alla religione mussulmana e che rappresenta un grave pericolo per l’unità nazionale in Mauritania e la convivenza civile, tenuto conto del gran numero di schiavi ed ex schiavi che subiscono le gravi conseguenze della schiavitù.
Occorre anche che la legge sia applicata in modo sistematico e rigoroso per funzionare come una dissuasione rispetto alle pratiche schiaviste. Infine occorre che lo Stato si faccia carico dell’emancipazione economica, sociale e culturale degli schiavi, creando per loro migliori condizioni economiche, secolarizzandoli e dotando i loro villaggi e le loro bidonville di infrastrutture sanitarie ed idrauliche, aiutando coloro che lasciano i padroni ad inserirsi nella società.


Domanda: Quale opinione avete del colpo di Stato militare?
Risposta: La mia opinione sul colpo di stato del 6 agosto 2008 in Mauritania è che si tratta di una reazione dei gruppi dominanti degli ambienti arabo-berberi razzisti, schiavisti e corrotti contro la democrazia, lo Stato di diritto ed il buon governo in Mauritania.
Costituisce anche un pericolo per la stabilità politica e la democratizzazione in Africa e nella regione. E’ anche una sfida per la diplomazia europea ed occidentale, per capire fino a quel punto essa possa mantenere fermi i principi che sono alla base delle relazioni col resto del mondo.


Domanda. Quale è la situazione sociale in Mauritania?
Risposta: La situazione in Mauritania è molto critica: c’è una minoranza etnica e di classe, gli arabo-berberi, che detengono le leve del potere politico, economico e militare del paese a detrimento dei cittadini considerati di seconda categoria, vale a dire le etnie nere (Pulaar, Soninke, Wolof, Barbara), e di quelli considerati ancora più inferiori, come gli haratine (schiavi ed ex schiavi). I neri sono stati vittime di razzismo, di sparizioni forzate, di deportazioni, di estorsioni extra-giudiziarie, di espropriazioni e di allontanamenti massicci dagli impieghi pubblici e privati. durante gli anni di piombo 1986-1992. Gli orfani, le vedove, i licenziati, i deportati, gli espropriati non hanno ancora ottenuto nemmeno un’ombra di verità, giustizia e riparazione, perché gli istigatori di questo genocidio, tranne l’ex dittatore Maawuya Ould Sidi Ahmed Taya, sono ancora al comando del paese. 
Quanto ai numerosi schiavi ed ex schiavi, poveri ed impoveriti, essi continuano a subire impunemente le pratiche schiaviste ed ancestrali con tutto ciò che queste comportano, come il lavoro non remunerato, analfabetismo, pene corporali, violenze sessuali, espropriazioni terriere… ecc… Quelli che vivono in campagna sono confinati in specie di homeland (i territori assegnati ai neri nel Sudafrica dell’apartheid, ndt), privi del minimo necessario per una vita decorosa; quelli poi che sono scappati nelle città, si ammassano in ghetti intorno alle grandi città, in condizioni di povertà e precarietà totale che favorisce la delinquenza.  



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