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11 marzo 2012

Italia, un’autentica follia
di Stella Spinelli

Andrea e Senad, 23 e 24 anni, sono nati e cresciuti a Sassuolo. Lì hanno studiato. Lì hanno i loro amici. Lì la loro vita. Eppure, da un mese sono rinchiusi nel Centro di identificazione ed espulsione di Modena, perché non in regola: né per restare in Italia, né per andarsene. Da quando i loro genitori, originari della Bosnia Ersegovina, non hanno potuto rinnovare il permesso di soggiorno, perché disoccupati, i due fratelli sono rimasti senza patria, senza diritti, senza nazionalità. Per l’Italia sono stranieri e per la Bosnia non esistono. I loro genitori infatti non hanno provveduto a segnalarli all’ambasciata del loro paese entro i diciotto anni di vita e dunque, adesso, Andrea e Senad non sono cittadini, né apoliti. Sono fantasmi. Brancolano nel vuoto giuridico di leggi cieche, che si ostinano a negare lo ius soli (acquisizione della cittadinanza per nascita sul territorio) senza sé e senza ma. Inutile l’identità culturale e linguistica: i due fratelli, per la legge, non sono italiani. Ma neanche bosniaci. Per adesso sono solo ospiti di un Cie, di una terra di mezzo, senza passato e senza futuro.

La loro normale vita scandita da uscite con gli amici, qualche cena in pizzeria e le partite del Sassuolo Calcio di cui sono tifosissimi è crollata loro addosso il 10 febbraio scorso, durante un normale controllo di documenti da parte della polizia stradale. L’anomala situazione anagrafica dei due giovani è saltata subito agli occhi degli agenti che non hanno esitato a trascinarli nel vicino Cie con tanto di generica notifica di espulsione notificata dal questore. E da allora i due fratelli, da dietro le sbarre, non si stancano di chiedere giustizia.

Sostenuti dall’avvocato Luca Lugari si sono appellati al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alla Corte europea per i diritti dell’uomo e al giudice di pace, che si spera aiuterà a districare l’ingarbugliata matassa. L’udienza è fissata per lunedì 12 marzo. “Per lo Stato sono due clandestini di vaghe origini balcaniche – spiega l’avvocato – quindi non godono di nessun diritto civile. Sono due fantasmi rinchiusi al Cie dopo un controllo che ha dimostrato la disoccupazione dei genitori, a cui è seguito un provvedimento di espulsione notificato dal questore. Provvedimento che non potrà essere però eseguito”. Ed esprime tutti i suoi dubbi sull’esito della vicenda, che altro non è che la prima di una lunga serie ancora da venire. Il caso dei giovani di Sassuolo, infatti, sarà fondante perché il risultato diverrà esempio e potrà costituire un precedente, fare giurisprudenza. E tanta gente, tanti ‘immigrati di seconda generazione’ che, pur non avendo mai visto altro paese all’infuori dell’Italia sono tagliati fuori da tutto, si appigleranno a questo caso per chiedere giustizia.

“Siamo nati e sempre vissuti in Italia – scrivono nella lettera indirizzata al Quirinale e alla Corte di Strasburgo – sebbene i nostri genitori non abbiamo ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno perché attualmente disoccupati. Ci sentiamo profondamente italiani: abbiamo frequentato le scuole dell’obbligo in Italia, conosciamo usi e costumi italiani e tifiamo il Sassuolo Calcio. In questa specie di carcere ci chiamano ospiti, ma noi non siamo né ospiti né intrusi. L’assurdità della nostra vicenda è che non possiamo essere espulsi dall’Italia poiché il Paese dei nostri genitori, la Bosnia Erzegovina, non ci ha mai censiti né sa chi siamo. Così rimaniamo qua, al Cie, a spese del contribuente italiano in attesa di un provvedimento che non potrà mai essere eseguito”.

Una vicenda che altro non è se non “un’autentica follia”, per usare le parole scelte da Napolitano per definirla. L’arretratezza italiana in materia di cittadinanza e seconde generazioni è, infatti, imbarazzante. Da venti anni, la questione è regolata da una legge, la n.91 del 1992, considerata fra le più restrittive in Europa. In Germania per esempio, dal 2000, se un bambino nasce in territorio tedesco da genitori stranieri può avere la cittadinanza se almeno un genitore ha il permesso di soggiorno permanente da tre anni e residente da otto. Mentre in Francia, addirittura, lo jus soli risale al 1515 e nessuno lo ha più toccato. Ma adesso anche l’Italia s’è desta e grazie a una campagna nazionale “L’Italia sono anch’io” che ha raccolto oltre duecentomila firme chiede a gran voce giustizia per i tutti i nostri concittadini discriminati.

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