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2012-10-07

"La protesta di Sangay Gyatso - ha dichiarato Stephanie Brigden, direttrice di Free Tibet - mostra l'assoluta determinazione del popolo tibetano di proteggere la loro libertà, a prescindere da quale sia il prezzo da pagare. I governi internazionali devono alzare la voce per porre fine alla crisi umanitaria in cui versa il Tibet".

Sabato 6 ottobre, Sangay Gyatso, 27 anni, padre di due figli, un bambino di 7 e una bambina di 5, ha gridato per la libetà di religione e di parlare la propria lingua madre in Tibet e per il ritorno del Dalai Lama, prima di immolarsi alle fiamme poco dopo mezzogiorno vicino ad uno stupa all’interno del monastero di Dokar, nella contea di Tsoe, nel Gansu meridionale nella Prefettura Autonoma del Tibet. Il monastero è a circa 10 km dal centro di Tsoe. Il corpo è poi stato trasporatato nel monastero dove i monaci hanno organizzato la preghiera, mentre un numero crescente di tibetani si univano all’omaggio. Altre fonti con contatti nella regione hanno detto che dopo le proteste per la morte di Gyatso, centinaia di militari sono entrati nel monastero, dove hanno cercato chi fosse a conoscenza dell’immolazione, molti anziani sono arrivati al tempio per confrontarsi con le forze di sicurezza dicendo che nessuno nel monastero aveva a che fare con l’immolazione. Fin dalle proteste di massa del 2008 il Comitato di Lavoro è presente nel monastero dove porta avanti programmi di ri-educazione.

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