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29/5/2013

Organizzazioni internazionali: “invivibile” la situazione dei beduini deportati per espandere le colonie

Al-Quds (Gerusalemme) –Pal.info. Secondo uno studio internazionale (il primo del suo genere che si concentra sulla deportazione forzata di circa 150 famiglie beduine palestinesi), “la situazione delle famiglie in questione è diventata invivibile, sia a livello sociale che economico”.

Lo studio, condotto congiuntamente dall’Unrwa (Agenzia dell’Onu per i profughi) e dall’organizzazione israeliana Bimkom, ha analizzato le conseguenze della deportazione dei beduini, iniziata nel 1997, per espandere l’insediamento di Ma’aleh Adumim, considerato illegale, secondo il diritto internazionale, alla stregua di tutti gli insediamenti israeliani.

Entrambi gli organismi hanno sottolineato il fatto che “la transizione ad uno status urbano centrale, ha danneggiato la coesione sociale di quelle comunità pastorali mobili, e ha distrutto i loro rapporti e la loro base economica tradizionale”.

Stando a quanto rivelato dal portavoce ufficiale dell’Unrwa, Chris Gunness, “le autorità di occupazione starebbero valutando dei piani per creare un nuovo villaggio beduino centrale nella Cisgiordania occupata”. Tuttavia, ha aggiunto: “In ogni caso, gli evidenti risultati di questa relazione porterebbero ad una rivalutazione di questi piani”.

Le comunità rurali minacciate di deportazione verso l’eventuale secondo villaggio si oppongono a tale scelta, spiegando che una mossa del genere distruggerebbe il loro tessuto sociale e danneggerà, in modo irrecuperabile, la loro economia tradizionale, similmente a quanto accadde nel caso del villaggio di al-Jabal. Inoltre, il piano in questione, se applicato, porterebbe ad evacuazioni e sfollamenti forzati, individuali e collettivi, in netto contrasto con le disposizioni del diritto internazionale.

Dal canto suo, Bimkom, una Ngo israeliana per la pianificazione dei diritti umani, ha reso noto che queste tipologie di piani urbani, come quello attuato dall’autorità di occupazione nel villaggio di al-Jabal, sono inefficaci, in quanto “l’assegnazione di piccoli lotti di terra ad ogni famiglia, con il basso livello di servizi ed infrastrutture fornite, potrebbe arrecare gravi danni ai diritti umani. Un progetto di successo, prosegue l’organizzazione, “dovrà tener conto degli aspetti sociali e culturali e fornire le giuste opportunità per la sussistenza e lo sviluppo, inoltre, lo stesso dovrà essere studiato insieme alle persone interessate, e godere del loro consenso”.

Il villaggio di al-Jabal sorge accanto alla più grande discarica di rifiuti in Cisgiordania, dove vengono smaltite 700 tonnellate di rifiuti ogni giorno. Sulla base di studi ambientali di recente pubblicazione si evince la presenza “di alti livelli di gas tossici che minacciano direttamente la salute della popolazione e provocano degli incendi, sia profondi che nella superficie della discarica, con conseguenti esplosioni e collassi del terreno, e molti altri rischi. Inoltre, il luogo in questione rappresenta un habitat naturale per molti insetti e animali che causano epidemie e che prosperano nella discarica e nei suoi dintorni, quali i ratti, i cani randagi, gli scarafaggi e le mosche, con un enorme rischio per la salute dei giovani e delle persone che non godono di buona salute, oltre che per il bestiame da allevamento.

Lo studio ha avvertito che “se i piani dell’autorità di occupazione, che consistono nel deportare il resto delle comunità beduine che vivono nelle periferie di Gerusalemme, in altri luoghi, dovessero proseguire, il numero degli sfollati salirà fino a diventare quattro volte il numero dei deportati nel villaggio di al-Jabal. L’Unrwa continua ad esprimere preoccupazione per il fatto che i profughi palestinesi, dopo più di sei decenni dal loro primo sfollamento, sono ancora oggetto di altre minacce di deportazione, con la conseguente perdita di mezzi di sussistenza.

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