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Sabato, 25 maggio

Il mistero della forza della Chiesa. La fedeltà dei ribelli
di Franco Cardini

Andrea Gallo, sacerdote del Dio Vivente, si è addormentato nel Cristo. Non è morto, non può morire, non morrà mai: perché gli uomini come lui non muoiono mai e perché, come diceva un poeta suo concittadino e a lui caro, “l’Inferno esiste solo per chi ne ha paura”. Perché quelli che hanno vissuto con la coscienza pura – cito ancora De André – possono solo sperare nel Paradiso: che, per loro, è Certezza assoluta, Verità indubbia, Luce senza ombre.

Dicono fosse un indisciplinato, anzi un ribelle. Da quell’adamantino e inossidabile reazionario che sono – reazionario autentico: non miserabile baciapile conformista e conservatore – posso attestare che pochi come lui nella storia del cristianesimo sono stati altrettanto fedeli al messaggio del Cristo e alla missione della Chiesa nel mondo.

Come De André, don Andrea aveva il coraggio di scendere nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi (ha già troppi impegni per scaldar la gente d’altri paraggi) e di parlare con i poveri topolini di fogna che li abitano: i diseredati, gli ignoranti, i poveri, gli ammalati per i quali non c’è nemmeno un dispensario, le ragazze di strada e le mature professioniste della fellatio che praticano il vizio per dar di che mangiare ad altri sventurati, più sventurati di loro. Gli Ultimi. Nella Chiesa c’è chi parla, come gli Addams di Boston, solo con Dio; chi frequenta i palazzi del potere, le ambasciate, i ministeri, i salotti eleganti, le sedi delle banche e delle lobbies multinazionali; chi resta avviluppato nelle spire del potere o del peccato salvo poi metter tutto a tacere grazie alla complicità dei media; chi gioca in borsa e conosce tutti i penetralia imperii del Vaticano e i penetralia divitiae dello IOR; chi piange e soffre con i miseri e i dimenticati, come madre Teresa di Calcutta. La forza della Chiesa, che è la dimora di Dio sulla terra, è questa: l’aver molte stanze, il mostrar infiniti volti, il saper parlare linguaggi infiniti.

La storia delle comunità cristiane si è svolta negli ultimi due millenni – ben lo aveva capito Max Weber – all’insegna dell’alternanza, del dialogo e del conflitto tra la dimensione delle istituzioni e quella del càrisma. La Chiesa è stata sede di potenti, come Teodosio, Carlo V e John F. Kennedy; ma al tempo stesso di uomini straordinari come il Savonarola e Galileo; e di anonimi, di poveracci, perfino di ladri e di assassini. La Chiesa ha saputo continuamente riformarsi, eppure nessuna riforma – né quella dell’XI, né quella del XVI, né quella del Vaticano II – è bastata a restituirla al Vangelo e alla Verità. La Chiesa, società umana che s’ispira alla perfezione divina, striscia penosamente nell’imperfezione e nel peccato. E, dinanzi ai potenti e ai superbi come Bonifacio VIII o come Alessandro VI Borgia, coloro che si sono opposti più efficacemente alla superbia dei prelati e alla violenza degli inquisitori non sono stati quelli che – credendo a loro volta orgogliosamente di aver la Verità in tasca e di parlare direttamente con Dio – l’hanno tradita disubbidendo e ribellandosi, aderendo a una delle tante eresie che nel corso dei secoli si sono andate presentando alla ribalta della storia. No. La Chiesa l’hanno salvata coloro che hanno continuato a esserle fedele nonostante tutto e ad amarla per i suoi difetti e i suoi peccati: che l’hanno fustigata implacabili per i suoi vizi ma non l’hanno mai abbandonata. Francesco d’Assisi, ai primi del XIII secolo, assisteva al decollo della Modernità, vale a dire al tempo del prepotere della forza del denaro e della sapienza mondana: e non contrastava in nulla i tempi moderni – pur avendo la netta consapevolezza che essi avrebbero allontanato gli uomini dal Cristo -, non desiderava che i suoi stessi superiori fossero cristiani migliori di quel che erano (ed erano, difatti, cristiani pessimi); ma era inflessibile nel chiedere, per sé e per quanti accettavano di seguirlo, la gloria della Povertà e della Croce.

Un giorno don Andrea incontrò un illustre prelato, che lo rimproverò di non vivere all’altezza della dignità richiesta agli uomini di Chiesa; egli rispose, con semplicità, di limitarsi a seguire l’esempio di Gesù e di chiedersi, ogni volta che avvicinava un drogato o un ladro o una puttana, come avrebbe agito Gesù al posto suo; “Ah, beh, caro don Gallo – ribatté l’illustre prelato – se Lei la mette su questo piano…”; “E perché, eminenza - replicò lui –, su che piano la dovrei mettere?”.

Ciao, Andrea. Da poche ore sei entrato là dove gli angeli ti hanno sostenuto affinché il tuo piede non vacillasse. Grazie, da parte di tutti i poveri cristiani che avrebbero già da tempo perduto la fede, se esempi come quello di Francesco d’Assisi, di Teresa di Calcutta e di don Gallo, prete degli angiporti, non li avessero confortati. Papa Bergoglio ha scelto la pallida luce dell’argento per l’Anello del Pescatore. Ma il tuo esempio di povero prete, il tuo cappelluccio spiegazzato, il tuo eterno mezzo sigaro, rifulgono come l’oro presso il trono di Dio.


Franco Cardini

Fonte: http://www.francocardini.net/

23.05.2013

Titolo originale: "Il mistero della forza della Chiesa. La fedeltà dei ribelli"

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