fonte: http://www.whitehouse.gov/the-press-office/2013/03/19/statement-president-10th-anniversary-iraq-war

21 marzo 2013

La dichiarazione del presidente nel “Decimo anniversario della guerra dell’Iraq
di Paul Street

“Giunti al decimo anniversario dell’inizio della guerra dell’Iraq, Michelle ed io ci uniamo ai nostri compatrioti nel rendere omaggio a tutti coloro che hanno prestato servizio e si sono sacrificati in una delle guerre più lunghe del nostro paese. Salutiamo il coraggio e la determinazione di più di 1,5 milioni di militari e civili che durante molteplici missioni hanno scritto uno dei capitoli più straordinari del dovere militare. Onoriamo la memoria dei quasi 4.500 statunitensi che hanno compiuto l’estremo sacrificio per dare al popolo iracheno una possibilità di forgiare il proprio futuro dopo molti anni di avversità. E esprimiamo la nostra gratitudine alle nostre straordinarie famiglie dell’esercito che si sono sacrificate sul fronte interno, specialmente alle famiglie dei nostri caduti [nell’originale ‘famiglie della Stella d’Oro’], che rimangono nelle nostre preghiere.”

“Gli ultimi nostri soldati hanno lasciato l’Iraq a testa alta nel 2011 e gli Stati Uniti continuano a collaborare con i nostri partner iracheni per far progredire il nostro interesse condiviso alla sicurezza e alla pace. Qui in patria perdurano i nostri doveri verso coloro che hanno servito. Dobbiamo garantire che i più di 30.000 statunitensi feriti in Iraq ricevano le cure e le provvidenze che meritano e che noi continuiamo a migliorare il trattamento delle lesioni cerebrali traumatiche e delle sindromi da stress post traumatico. Con una forte legge post 11 settembre per i soldati dobbiamo aiutare i nostri veterani più recenti a perseguire la propria istruzione e a trovare lavori all’altezza dei loro incredibili talenti. E tutti gli statunitensi possono continuare a sostenere e onorare le nostre famiglie militari che sono pilastri di così tante nostre comunità. In questo solenne anniversario traiamo forza e ispirazione da questi patrioti statunitensi che sono un esempio dei valori del coraggio, dell’altruismo e del lavoro di squadra che definiscono le nostre Forze Armate e mantengono grande la nostra nazione.”

Questo è una splendida esibizione da Stella d’Oro di narcisismo imperiale e/o di sociopatia/psicopatia imperiale nazionale. Il presidente non può ovviamente citare l’olocausto imposto all’Iraq dalla Superpotenza. L’unica preoccupazione dichiarata è per i veterani dell’esercito statunitense. Riferimento ai 4.500 statunitensi morti (che “hanno compiuto l’estremo sacrificio”, cioè sono stati uccisi e sacrificati dall’impero) e al milione e mezzo di coloro che hanno “servito” in molteplici missioni del “dovere” (occupazione e invasione neocoloniale sanguinaria), naturalmente, ma nessun riferimento al ben più di un milione di iracheni uccisi (quando si mettano nel conto le morti causate indirettamente e gli uccisi mediante violenza diretta) dall’invasione o i molti fatti ammalare, mutilati, dispersi o altrimenti lesi … o alla distruzione di infrastrutture e altro.  Nessun riferimento, naturalmente, al coraggio degli iracheni che hanno eroicamente contrastato la sola Superpotenza del mondo. Improponibile identificazione della potenza militare statunitense con l’”altruismo” statunitense. Ridicola pretesa che l’invasione sia stata un tentativo “di dare al popolo iracheno una possibilità di forgiare il proprio futuro”, la dottrina delle buone intenzioni che giustificò (secondo la raggelante espressione di Chomsky all’epoca) la “crocefissione dell’Asia Sud-orientale” da parte degli Stati Uniti negli anni ’60 e ’70. Nessuna preghiera per la nazione che abbiamo ucciso e maciullato oltre le rovine causate dai mongoli. Obama, che ha condotto la sua campagna per la Casa Bianca nel 2007 e 2008 su temi ingannevolmente contrari alla guerra (vedasi il quinto capitolo, intitolato “Quanto ‘contrario alla guerra’?” del mio libro della primavera del 2008 ‘Barack Obama e il futuro della politica statunitense’ (Paradygm editori)) dovrebbe vergognarsi profondamente.

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