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5 Luglio 2013

Egitto, lo scontro tra laici e islamisti fa paura. Il ruolo della Fratellanza
di Alessandro Accorsi

Oggi le prima manifestazioni di piazza contro il golpe dei militari e la cacciata di Morsi. Rinascono le strutture clandestine dei Fratelli musulmani, mentre i "duri" salafiti provano a diventare l'unica voce

Dopo il golpe, l’Egitto si chiede che fare dei Fratelli Musulmani. Quella che resta la più grande forza politica organizzata del paese non scompare con Morsi, nonostante l’ondata di arresti dei leader più in vista.

A preoccupare è la reazione immediata del gruppo islamista e soprattutto degli alleati più
estremisti. Mohamed el Beltagy, uno dei pochi leader ancora in libertà, ha dichiarato al sit-in dei pro-Morsi ancora riuniti a Rabaa che «abbiamo vissuto in prigione per anni. Non sarà un problema. Ma con il loro golpe i militari stanno spingendo altri gruppi a tornare all’idea di poter raggiungere un cambiamento solo con la forza».

E il pensiero va subito alla Gamaa Islamiya, l’organizzazione jihadista che aveva firmato in passato numerosi attentati e che era tornata alla politica “ufficiale” proprio grazie a Morsi.

Per ora la reazione di rabbia di Fratelli Musulmani e islamisti è stata limitata. «Dove non
arrivano i militari a controllare le strade» spiega il blogger The Big Pharaoh, «ci sono centinaia di migliaia di manifestanti. I Fratelli non possono reagire, sono in inferiorità numerica».
Gli scontri tra islamisti e manifestanti anti-governativi sono, infatti, per ora limitati alle zone più rurali del paese, mentre si annunciano manifestazioni pro-Morsi e anti-golpe per la giornata di oggi. La reazione tutto sommato pacifica potrebbe essere anche una conseguenza dell’ondata di arresti.

L’ordine dato dai militari ha avuto, per ora, l’effetto di tagliare la testa del movimento e di costringerlo a riorganizzarsi e a riattivare le sue strutture clandestine. Secondo alcuni analisti
gli arresti potrebbero invece nascondere lunghi negoziati tra gli islamisti e le forze armate per la necessaria re-inclusione – non si sa con quali limiti – della Fratellanza Musulmana nella vita politica. Senza dialogo politico, gli arresti rendono il movimento islamico allo stesso tempo debole e pericoloso.

Gli ex alleati del partito salafita Nour, dopo aver supportato il golpe, continuano ad addossare a Morsi la responsabilità per la situazione attuale e invitano i manifestanti islamisti a «tornare a casa o a recarsi in moschea a pregare». I salafiti non hanno avuto dubbi nell’abbandonare i Fratelli a loro stessi. Così facendo, infatti, si disfano di un alleato-rivale ingombrante che più di una volta aveva creato loro problemi interni e di cui sperano di raccogliere parte dell’elettorato. Si disfano di una visione dell’Islam politico antagonista ed evitano che le sollevazioni anti-Fratellanza si trasformino in uno scontro frontale tra laici e islamisti.

Resta, tuttavia, il dubbio su come convincere gli islamisti che raggiungere il potere per via elettorale e non solo con la violenza è ancora possibile. E resta il problema di chi rappresenterà e farà crescere quell’Islam moderato che non si sente in conflitto con i valori democratici.

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