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13 nov 2013

La rabbia di Netanyahu
di Michel Warschawski

Ancora una volta Israele fa la voce grossa con gli Stati Uniti. Stando ai media israeliani l’ultimo incontro tra Benjamin Netanyahu e il Segretario di Stato statunitense John Kerry è stato burrascoso e le parole usate da Netanyahu prima dell’incontro sono state tutt’altro che diplomatiche. Secondo i leader israeliani, l’amministrazione Obama semplicemente non capisce i piani iraniani ed è incappata in un circolo di ingenuità e codardia. Contrariamente a quanto possa credere Obama, l’Ayatollah Rohani è un doppiogiochista, bravo a nascondere la mancata intenzione di rappacificare le relazioni tra Iran, Stati Uniti e Israele dietro a una retorica moderata. Almeno, questo è ciò che i leader israeliani credono, o dicono di credere, in termini assoluti.

“Se rimaniamo da soli, faremo il lavoro da soli” minaccia Netanyahu. Parole vuote, come sempre. Netanyahu abbaia ma non può mordere. Israele non può e non vuole attaccare l’Iran da solo, sicuramente non adesso, quando la comunità internazionale è profondamente coinvolta in un processo di negoziazione a Ginevra che potrebbe portare a un accordo con la leadership iraniana a proposito dello sviluppo del loro programma nucleare. “Teheran delenda est” è il mantra ininterrotto proveniente da Tel Aviv, incapaci di accettare che in seguito alle sconfitte in Afganistan e Iraq, gli Stati Uniti semplicemente non sono pronti per una nuova missione militare rischiosa. Inoltre, il declino dell’egemonia statunitense e la presenza nel Medio Oriente di altre potenze influenti come la Russia, la Cina e l’India, rendono tale opzione impraticabile. Mentre Netanyahu e Lieberman si trincerano nell’ideologia neo conservativa della guerra preventiva e nel sogno del “secolo americano”, l’incubo dell’Impero sta divenendo realtà ed è giunto il momento per Israele di adattarsi al nuovo contesto globale. A Tel Aviv però ancora si continua a credere che Obama sia solo una spiacevole parentesi prima del ritorno dei neo conservatori alla Casa Bianca e al Campidoglio. Nel frattempo, minacciano di portare avanti il lavoro da soli, ignorando il nuovo corso degli eventi che sta modificando l’arena politica internazionale. Ogni storia ha anche una dimensione grottesca, in questo caso porta il nome di Francois Hollande. Il più debole presidente francese degli ultimi 50 anni, che non ha perso un’occasione per commettere errori sia in politica interna che estera, si sta unendo ai discorsi aggressivi israeliani, lanciando un appello per la fine degli sforzi internazionali volti a stabilizzare diplomaticamente il Medio Oriente. Nonostante le iperboli, sarebbe poco saggio accantonare completamente la minaccia di un attacco israeliano contro le strutture nucleari iraniane, in quanto nel caso di una rappresaglia iraniana la conseguenza sarebbe l’entrata nel conflitto da parte degli Stati Uniti e di altri paesi NATO. Israele imporrebbe agli Stati Uniti la propria volontà: questa è la strategia israeliana per negoziare il conflitto, pronto a sacrificare migliaia di civili israeliani in una nuova missione militare criminale.   I servizi segreti israeliani stanno cercando di spingere i leader politici a un pensiero più razionale, nonostante la storia ci offra una pletora di esempi in cui i calcoli razionali sono stati sacrificati all’arroganza dei leader politici.

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