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Lunedì, 07 gennaio

2013: L'Anno della Separazione tra Ebrei Americani e Israele?
di Bradley Burston
Traduzione di Ernesto Celestini

Se gli ebrei americani pensano che quello che si sta facendo a nome loro, sia auto-distruttivo, oppressivo, ottuso e sbagliato, è ovvio che vogliono fermarlo.

Quando un giorno, in futuro, tutto sarà crollato, gli israeliani finalmente si renderanno conto di quali e quanti siano stati i segnali di avvertimento non recepiti?

Ma è possibile che mentre si avvicina sempre più il punto del collasso, mentre suonano tutti gli allarmi, quando incombe il pericolo reale, gli israeliani non vogliono ancora dare ascolto a certe voci ?

La risposta potrebbe stare nel modo in cui reagiscono gli israeliani che pensano che “una rondine non fa primavera”,  quando interpretano come una forzatura,  che si vuol fare sul loro mondo politico, le osservazioni della comunità ebraica americana.

Infatti, appena cominciato il nuovo anno, ci sono segnali che indicano il 2013 come l'anno in cui gli ebrei degli Stati Uniti - per lo più, quelli liberali, quelli impegnati per la tolleranza, per il pluralismo, e per una vigorosa, e sincera ricerca della pace - di fatto si stanno dissociando dalla politica di questo stato di Israele.

Continueranno a sostenere l'esistenza di un Israele come punto di equilibrio tra Stato di Israele e cultura ebraica, nel rispetto dei diritti delle minoranze e dei valori democratici e resteranno attivi nel favorire il benessere dei più disagiati  di Israele.

Ma molti ebrei americani stanno già prendendo le distanze con le parole e con i fatti da un governo che considera ormai arrogante e miope, comandato dalla smania di una corsa agli insediamenti, sprezzante dei diritti dei Palestinesi e degli altri non-ebrei, estraneo alle preoccupazioni di una classe media che sta sprofondando e alla rovina dei più poveri, sprezzante di tutte le preoccupazioni del mondo ebraico.

 La spinta verso sempre maggiori insediamenti nei territori colpisce soprattutto le prospettive di pace israelo-palestinesi, e deride Washington - dimostrando una ambigua insensibilità per i diritti e per  i rituali degli ebrei non-ortodossi.

Nelle ultime settimane, alcuni dei paladini più influenti di Israele negli Stati hanno messo in guardia dalle intransigenti politiche israeliane e dai partiti che potrebbero portare  "alla auto-distruzione di Israele" (Jeffrey Goldberg, The Atlantic), e al  "suicidio della nazione" (Thomas Friedman).

Come sempre i leader israeliani hanno fatto orecchie da mercante. Niente.

Anche quando la questione tocca direttamente le preoccupazioni religiose degli ebrei americani, la risposta del governo è sprezzante e condiscendente quanto disonesta.

Solo la scorsa settimana, dopo anni di proteste, il primo ministro  ha dato incarico a Natan Sharansky  di esaminare i motivi per cui gli ebrei degli Stati Uniti siano sconvolti dai continui arresti per le violazione al divieto,  posto dagli  ortodossi,  che non consente alle donne di pregare ad alta voce indossando scialli di preghiera sul lato occidentale del Muro.

Poche ore dopo, comunque, l'Ufficio del Primo Ministro ha inviato un messaggio agli israeliani, che puntualizzava che l'incarico era solo esplorativo.

"Non ci sono cambiamenti nel modo di pregare  presso il Muro occidentale e non è stata insediata nessuna commissione" hanno dichiarato dall’ufficio di Netanyahu.

Ci sono israeliani che fanno di tutto per non ricordare che ll’appoggio americano, assicurato dagli ebrei degli Stati Uniti, è la risorsa strategica che rende possibili tutte le altre attività strategiche. Le elezioni del 2012, dopo tutto, hanno visto che i membri di spicco della Direzione  del Likud-Beiteinu, in particolare il Vice Presidente della Knesset , Danny Danon ha fatto una campagna attiva contro il Presidente Obama.

Ma orami è passato.

Adesso che la campagna elettorale di Israele si sta avvicinando, il partito favorito, il Likud-Beiteinu, che ripresenta i responsabili di quasi tutti i provvedimenti antidemocratici promulgati negli ultimi quattro anni, sta mostrando con parole e fatti la strada che potrà allontanare gli ebrei americani da Israele.

C'è, per esempio, Moshe Feiglin, che entrerà nella Knesset dopo le elezioni del 22 gennaio. Qualcosa della sua filosofia politica si può leggere in un articolo del 2004 sui coloni radicali, in cui vengono riportate le parole di Feiglin sul New Yorker:

"Perché chi non è ebreo dovrebbe aver voce in capitolo nella politica di uno stato ebraico?" disse Feiglin. "Da duemila anni, gli ebrei hanno sognato uno stato ebraico, non uno stato democratico. La democrazia dovrebbe servire come  valore per  uno stato, non per distruggerlo."  In ogni caso, Feiglin proseguì: "Non si può insegnare a una scimmia a parlare e non si può insegnare a un arabo a essere democratico. Abbiamo a che fare con una cultura di ladri e di rapinatori. Maometto, il loro Profeta, era un ladro, un assassino e un bugiardo. L’arabo distrugge tutto ciò che tocca."

Poi c'è un politico alle prime armi Yair Shamir, catapultato dal nulla ai livelli più alti del Likud-Beiteinu, grazie in parte all’eredità del padre, Primo Ministro defunto,  che combatté con l'allora Presidente George W. Bush  per la costruzione dei nuovi insediamenti.

La scorsa settimana, un articolo di fondo di Yair Shamir è stato intitolato: "Nelle relazioni Israele-USA, gli insediamenti sono del tutto fuori discussione."

Sbagliato. Come aveva già inavvertitamente dimostrato,  suo padre tempo fa.

Ma il candidato Shamir è andato oltre. Riprendendo dove Danon aveva lasciato, Shamir ha attaccato Obama per la nomina di John Kerry come segretario di stato – sulla prosecuzione degli insediamenti.

In sostanza, Shamir  ha detto che il consenso alla costruzione degli insediamenti è la condizione che vincola le relazioni Israele-USA : ". Molti ritengono che la sua nomina possa dissuadere Israele dall’attuare la sua decisione di costruire migliaia di appartamenti a Gerusalemme, in Giudea e in Samaria, e possa essere  considerata come un ostacolo alle relazioni  Israele-USA".

Gli ebrei americani vogliono sapere cosa si sta trafficando a loro nome. In nome del giudaismo. E se gli ebrei americani pensano che quello che si sta facendo a nome loro, sia auto-distruttivo, oppressivo, ottuso e sbagliato, è ovvio che vogliono fermarlo.

Gli ebrei americani si sono stancanti di sentirsi dire che opporsi alle politiche di Israele mette in pericolo gli israeliani. Il ricatto non è persuasione. Se la convinzione sia così forte che può andare avanti anche senza l’appoggio degli ebrei americani, c’è la possibilità di scoprirlo molto presto.



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