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17/1/13

Io, israeliano, cedo il mio voto a un cittadino palestinese

Chi salva una vita, salva il mondo intero. L’antico adagio della cultura ebraica si riverbera nella decisione che, nel 2013, alla vigilia delle elezioni, hanno preso alcuni cittadini israeliani indignati per la condizione dei palestinesi, vessati dal governo di Tel Aviv che nega loro anche il diritto di voto. Come fare per non sentirsi “complici” di Netanyahu? Semplice: basta “cedere” il proprio voto a un cittadino palestinese che non può votare. «Caro Mohamed, tu come voteresti? Dimmelo, via Facebook, e lo farò io per te». L’hanno chiamata “ribellione elettorale”, come spiega Rossana Zena sul newsmagazine “Nena News”: «I cittadini israeliani rinunciano al loro voto alle prossime elezioni a favore di un qualsiasi palestinese che viva in Cisgiordania, a Gaza o a Gerusalemme Est, sotto l’occupazione israeliana».

Dopo la clamorosa protesta dei “Refusenik”, i coraggiosi obiettori militari contrari al bombardamento di Gaza, Israele fa i conti con l’ennesima clamorosa protesta civile da parte dei suoi cittadini democratici che considerano la guerra permanente contro i palestinesi un attentato all’umanità. Si protesta anche in tempo di pace, impugnando l’arma democratica per eccellenza: il voto. «Tutti gli uomini nascono uguali, questo si suppone sia un valore universale», premettono i promotori dell’iniziativa nel loro manifesto. «Eppure, l’attuale legge israeliana e internazionale non tratta i cittadini palestinesi e quelli israeliani allo stesso modo». Senza un sistema “una persona, un voto”, Israele «non può essere considerato uno Stato democratico», sostengono i “ribelli”. «Assoggettare i palestinesi ad uno Stato di cui non sono cittadini a pieno titolo va contro i principi fondamentali della democrazia».

Il movimento, nella pagina Facebook “Real Democracy”, spiega il motivo per cui i fondatori non considerano Israele come una vera democrazia: il governo di Tel Aviv regola e controlla la vita di milioni di palestinesi, che però non hanno il diritto di eleggerlo. «È il governo israeliano a definire quali palestinesi possono entrare ed uscire dal Paese, a decidere quando e come l’esercito israeliano deve invadere, attaccare e controllare le città palestinesi. Ed è sempre il governo israeliano che stabilisce quali partiti o opinioni politiche sono illegali e sotto quali condizioni le tasse dei palestinesi vengono raccolte e distribuite». Vale a dire che i palestinesi sono effettivamente governati, ma senza il loro consenso. E non hanno voce in capitolo nelle decisioni che li riguardano.

Nella pagina Facebook del gruppo, aggiunge “Nena News”, vengono indicate le modalità attraverso le quali i cittadini israeliani possono “cedere” il proprio voto, pubblicando sulla bacheca della pagina una nota. Esempio: «Il mio nome è Shalom, ho 24 anni e vivo a Gerusalemme. In queste elezioni, io do il mio voto ad un cittadino della Palestina». Da parte loro, i palestinesi possono rispondere alla nota con un messaggio diretto: «Il mio nome è Salam, ho 24 anni e vivo a Gaza, userò il tuo voto». In seguito, i due verranno invitati a scambiarsi l’amicizia e, in privato, inizieranno una conversazione in cui il palestinese indicherà all’israeliano chi votare alle elezioni.

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