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29 dicembre 2012

Il Chiapas grida: l’urlo del silenzio zapatista
di Leonidas Oikonomakis
traduzione di Giuseppe Volpe

Abbiamo sentito tutti l’urlo del silenzio zapatista nell’ultimo giorno del famigerato calendario Maya. Siamo rimasti tutti impressionati dalla Marcia della Dignità Silenziosa dei 50.000 zapatisti di numerose città del Chiapas, che sono sbucati dal nulla nelle brume del mattino e scomparsi in modo ugualmente silenzioso sotto la forte pioggia del pomeriggio.

Ma fuori dal nulla? Non esattamente. Gli zapatisti sono sbucati dai loro Caracoles e dalle loro comunità per un motivo: ed è la repressione che hanno affrontato negli ultimi anni, una repressione orchestrata dal governo messicano.

Sulla parete di legno, scritto in vernice nera, leggo: “Viva Marcos”.

- “Si riferisce a te?” scherzo con il bambino di cinque anni che ho accanto, il cui nome capita essere Marcos.

- “No!” protesta. “All’altro! El Subcomandante Marcos!”

Sulla porta di un’altra costruzione di legno vicina ho visto l’immagine – o quella che lo sembrava – del Subcomandante Insurgente Marcos con la sua pipa, dipinta in verde e nero.

Immagino che decenni – o anche un secolo – prima, nella stessa giungla, nelle stesse comunità indigene le cui condizioni di vita non sono cambiate molto da allora, ci si sarebbe imbattuti negli stessi murales con le immagini di Zapata o di Cabañas, e con gli stessi bambini con nomi diversi: Emiliano o Lucio, forse.

Gli anziani della comunità mi hanno detto che nei pressi vivono i Nove Re, nascosti dietro le cascate di Bolon Ajaw. Così narra la leggenda che ha dato il nome a quest’area. Non li si può vedere ma chiunque abbia fissato lo sguardo su quelle cinque stupende cascate giurerebbe che la leggenda è vera.

Tutto quello che io so, è che se mai sono vissuti dei re, oggi sono da lungo scomparsi, insieme con il ranchero che un tempo possedeva queste terre incredibili e per il quale lavorava il popolo indigeno dell’area. I re e i rancheros sono da lungo tempo scomparsi da Bolon Ajaw, sono stati cacciati dall’EZLN nel 1994, e la terra è stata da allora redistribuita ai suoi legittimi proprietari: “quelli che la lavorano”, come avrebbe detto Emiliano Zapata un secolo prima.

L’ejido [terreno comune di uso pubblico – n.d.t.] di Bolon Ajaw è lavorato da sette famiglie, tutte BAEZLN (Basi di sostegno all’EZLN) che vivono lì dal 2003 in condizioni molto difficili, senza elettricità, acqua potabile, infrastrutture sanitarie moderne o qualsiasi genere di servizio pubblico.

Qui di notte le lucciole raccontano storie; le storie della comunità. Come si è insediata qui nel 2003, provenendo da diverse aree del Chiapas; come ha costruito le prime capanne fatte di legno e argilla; come ha diviso l’ejido in lotti uguali, uno per ciascuna famiglia; come ha esplorato l’area per trovare sorgenti d’acqua; come è stata creata la scuola con il lavoro comune; come è stato festeggiato il primo raccolto di grano; come l’ejido si sia esteso con ogni nuova famiglia che si formava quando i bambini – diventati adulti – si sposavano.

Ma raccontano anche altre storie …

Parlano di repressione, attacchi, minacce. Parlano di come il silenzio del mezzogiorno sia regolarmente rotto ogni settimana dagli elicotteri e dai piccoli arei che il governo invia per segnalare alla comunità che è controllata. Parlano anche di un mega-hotel, di cinque cascate, di campi da golf e di piattaforme per elicotteri …

Ma prendiamo le cose una alla volta.

Bolon Ajaw è stata rioccupata nel 1994 dall’EZLN e nel 2003 la terra è stata redistribuita alle famiglie indigene perché la lavorassero. La comunità di nuova creazione si è insediata, ha distribuito la terra in lotti uguali – uno per famiglia – e ha cominciato a lavorarli. La proprietà è rimasta comune, nella forma dell’ejido. Hanno presto creato una scuola e hanno proseguito le loro vite, lavorando la terra insieme sulla base del lavoro volontario comune e di processi decisionali di democrazia diretta.

Ma quello che non sapevano era che la loro terra si trovava nel bel mezzo del Progetto Mesoamerica (noto in precedenza come Plan Puebla Panama) che aveva idee diverse sul loro piccolo ejido e sull’area di Agual Azul in cui esso si trova: una “visione” che prevede un Hotel Boutique a cinque stelle, un grande Centro Congressi con campi da golf (!) perché vi vengano a giocare i super-ricchi e un eliporto per il loro arrivo.

Secondo un documento fatto trapelare (grazie a FrayBa) e che era stato preparato dalla Norton Consulting – l’agenzia che offre consulenza al governo messicano per le possibilità di “sviluppo turistico” del territorio del Chiapas – l’esistenza della comunità di Bolon Ajaw intralcia il piano:

“L’amministrazione statale e quella locale devono garantire che i turisti che visitano il Chiapas e il Palenque si sentano sicuri e protetti. Il movimento zapatista è ancora fortemente associato al Chiapas … Molti di coloro che non hanno familiarità con la regione continuano a considerare insicuro il Chiapas … Lo stato deve proteggere gli sviluppatori e gli operatori alberghieri contro la percezione di instabilità politica … Prima di attrarre investimenti, lo stato deve risolvere i problemi di acquisizione dei terreni e di accesso. L’acquisizione delle terre adiacenti le cascate è vitale … (via Bricker).

Così la decisione cui è arrivato il governo è stata di acquistare la terra citata e procedere quindi con il proprio piano. Ma la terra è comunitaria e per poterla acquistare o vendere si deve accedere al programma PROCEDE, un piano che consente che i titoli fondiari dell’ejido siano privatizzati (secondo l’emendamento dell’articolo 27 della Costituzione messicana, uno dei “detonatori” della rivolta Zapatista).

Gli zapatisti, naturalmente, non venderebbero mai la loro terra per diventare camerieri o addetti alle pulizie di un super-hotel, come prevede la “visione di sviluppo” del governo. Perciò l’unica soluzione per il governo è stata di costringere i contadini ad abbandonare del tutto Bolon Ajaw.

Per farlo, ha impiegato i cittadini della comunità di Agua Azul, che già ricevono sovvenzioni governative mediante una quota dei biglietti che pagano i  visitatori delle Cascades di Agua Azul al Casello d’Ingresso, e i membri non zapatisti dell’Organizzazione paramilitare per la Difesa dei Diritti degli Indigeni e dei Contadini (OPDDIC).

Mediante minacce, molestie e violenze fisiche costanti (l’ultimo caso nel 2010) tali contadini indigeni non zapatisti hanno cercato di costringere gli abitanti di Bolon Ajaw ad abbandonare la loro terra, con il piano di occupare essi stessi la terra di venderla al governo affinché il progetto dell’hotel si rimetta in moto.

Per assisterli nella loro missione di molestie dimenticata da Dio, il governo invia regolarmente elicotteri e piccoli aerei – almeno due volte alla settimana – a volare sopra la comunità di Bolon Ajway, che ricordano ai contadini zapatisti che non sarà loro permesso di vivere in pace.  

Fortunatamente, a eccezione di casuali disturbi degli elicotteri (un preriscaldamento per l’eliporto?) non ci sono stati episodi di molestie dal 2010, quando paramilitari non zapatisti sono entrati nella comunità, hanno picchiato malamente gli uomini e minacciato le donne di violenze sessuali. Tuttavia, se Bolon Ajaw ha vissuto un periodo relativamente tranquillo dal 2010, le cose non sono certamente andate così per altre comunità zapatiste.

Si prenda, ad esempio, San Marcos Aviles, una comunità nella regione di Los Altos. Questo video – un “grido d’aiuto” che la Comunità ha preparato qualche mese fa e che La Otra Nueva York ha caricato sul sito della sua campagna contro la repressione delle comunità zapatiste, parla da solo.

Al tempo stesso, sin dal 2006 e dall’elezione di Felipe Calderon alla seggio presidenziale, gli zapatisti si sono confrontati con altre forme indirette di molestie per conto del governo. Non è una coincidenza che molti prigionieri politici oggi in Messico siano sostenitori degli zapatisti. Il caso di Francisco Sàntiz Lòpez, che è stato incarcerato ingiustamente, è l’esempio più eclatante.

O chi può dimenticare la pesante repressione con cui il governo ha risposto alle manifestazioni e alle dimostrazioni di Oaxaca e Atenco? Non è una coincidenza che in tali casi stiamo parlando non di membri della Base di Sostegno ma tuttavia di aderenti all’Altra Campagna Zapatista. E anche delle minacce, trasferimenti, incarcerazioni e della violenza con cui si confrontano ogni giorno altre comunità zapatiste, come nel caso di Guadalupe Los Altos o come in quello delle comunità di Comandante Abel e Union Hidalgo.

La Marcia Silenziosa degli zapatisti del 21 dicembre 2012 è stata una risposta a tutto quanto precede. Un “dichiarazione silenziosa” che ha urlato: “Siamo ancora qui! E siamo ancora forti!” Una dichiarazione che ha dimostrato il sostegno delle comunità indigene al sogno zapatista di costruire un altro mondo attraverso la “via del potere non statale”, pur sotto le costanti violenze del potere statale.

E tutti noi dovremmo appoggiarli in tutti i modi che ci sono possibili. Perché in quel modo difenderemo l’utopia zapatista delle comunità autogestite che si organizzano sulla base dell’associazione volontaria, del mutuo aiuto e della democrazia diretta.

“Ma le utopie non esistono”, potreste obiettare.

Per questo dovremmo difenderle. Fino a quando non esisteranno.


Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

Fonte: http://www.zcommunications.org/chiapas-cries-out-the-sound-of-zapatista-silence-by-leonidas-oikonomakis

Originale: Roarmag.org

traduzione di Giuseppe Volpe

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