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giovedì 9 maggio 2013 10:19

Gerusalemme Est rischia di scomparire
di Emma Mancini



Rapporto drammatico: l'80% della popolazione palestinese della Città Santa vive sotto la soglia di povertà. ONU: colpa delle politiche di segregazione israeliane.

Gerusalemme, 9 maggio 2013, Nena News - L'80% dei palestinesi residenti a Gerusalemme Est vive sotto la soglia di povertà. È questo il risultato di una ricerca condotta dalle Nazioni Unite e pubblicata oggi dall'UNCTAD, Conferenza ONU per il Commercio e lo Sviluppo. 



Il dito è puntato contro le "politiche di segregazione" implementate dalle autorità israeliane nei confronti delle comunità palestinesi della Città Santa: ben l'82% dei bambini palestinesi vive in gravi condizioni di povertà, contro il 45% di quelli ebrei. Il rapporto Onu riprende e sviluppa una ricerca dell'Association for Human Rights in Israel, secondo la quale un simile tasso di povertà non ha precendenti nella storia di Gerusalemme. Le ragioni di un simile dato sono svariate, ma tutte correlate alla volontà di giudaizzare la città, espellendo gradualmente la popolazione araba. Come? Rendendo nella pratica impossibile la vita delle comunità palestinesi.

La costruzione del Muro di Separazione, la mancata integrazione dell'economia araba con quella israeliana, la divisione delle famiglie dalle loro terre agricole: tutti fattori che hanno provocato a Gerusalemme Est la perdita, secondo l'UNCTAD, di oltre 760 milioni di euro, in mancate opportunità lavorative e crollo del settore commerciale. A ciò si aggiunge il particolare status attribuito ai palestinesi di Gerusalemme Est (293mila su una popolazione totale di circa 800mila), non considerati cittadini a pieno titolo dello Stato di Israele, ma meri residenti: uno status volatile e revocabile in qualsiasi momento per decisione unilaterale di Tel Aviv.

Nel 2012, il Ministero degli Interni israeliano ha revocato la residenza a 116 palestinesi che a Gerusalemme sono nati e cresciuti. Dal 1967 ad oggi, sono state oltre 14mila le revoce dello status di residente. Ciò si traduce nell'applicazione di politiche diverse nel settore dell'edilizia, del mercato del lavoro e della tassazione: la popolazione palestinese paga normalmente le tasse al Comune, pur non ricevendo in cambio quasi nessun servizio pubblico, dalla raccolta dei rifiuti ai trasporti pubblici fino alla definizione di piani di urbanizzazione e alla costruzione di infrastrutture.

Nei quartieri palestinesi mancano le fogne, almeno 50 chiometri di tubazioni, una mancanza particolarmente pericolosa per le condizioni di salute della popolazione.

Negli ospedali di Gerusalemme Est, le difficoltà economiche dovute ai mancati finanziamenti statali hanno provocato nel tempo un crollo del numero di medici e infermieri e di conseguenza di pazienti, molti dei quali provenivano prima della costruzione del Muro dalla Cisgiordania e ora nella pratica impossibilitati a ricevere cure a Gerusalemme.



Mancano le scuole: solo il 46% degli studenti palestinesi può frequentare gli istituti pubblici a causa della mancanza cronica di classi. E una volta diplomati, la maggior parte di loro non può iscriversi alle università israeliane che non riconoscono il diploma di maturità rilasciato dalle scuole arabe. Infine, la questione della casa: per le comunità palestinesi costruire una nuova abitazione è nella pratica impossibile a causa del rifiuto del Comune di Gerusalemme di rilasciare permessi di costruzione.

I palestinesi costruiscono comunque, sfidando il pericolo concreto di demolizione: secondo i dati raccolti dall'associazione israeliana per i diritti umani B'Tselem, dal 2004 a febbraio 2013 a Gerusalemme sono state demolite 442 case e 1.746 persone (di cui 945 minori) sono state lasciate senza un tetto sulla testa. Nena News

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