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18 ottobre 2013

Perfino la Banca mondiale lo capisce: si sta facendo sparire la Palestina
di Jonathan Cook
Traduzione di Maria Chiara Starace

Due recenti immagini sintetizzano il messaggio che sta dietro le asciutte statistiche del rapporto diffuso la settimana scorsa dalla Banca mondiale sullo stato dell’economia palestinese.

La prima è un manifesto fatto dal gruppo Visualising Palestine  (Immaginare la Palestina) che mostra un’immagine di Central Park inspiegabilmente privo di alberi. Tra i grattacieli di New York, gli alberi del parco sono stati tranciati dalle ruspe. Una didascalia rivela che fino dall’occupazione del 1967, Israele ha sradicato 800.000 alberi di ulivo appartenenti ai palestinesi, abbastanza per riempire 33 Central Park.

La seconda, una fotografia largamente pubblicata il mese scorso a Israele, è quella di una diplomatica francese distesa di schiena per terra che fissa i soldati che la circondano  con le pistole puntate contro di lei. Marion Castaing era stata maltrattata mentre lei e un piccolo gruppo di suoi colleghi diplomatici tentavano di distribuire aiuti urgenti, comprese delle tende, agli agricoltori palestinesi le cui abitazioni erano state appena rase al suolo.

Le demolizioni facevano parte dei tentativi durati molto tempo di evacuare i palestinesi dalla Valle del Giordano, il cuore agricolo di un futuro stato palestinese. La ribellione della signora Castaing e di altri diplomatici ha fatto sì che venisse tranquillamente rispedita in Europa, dato che in  funzionari francesi hanno cercato di evitare uno scontro con Israele.

Il rapporto della Banca mondiale è un modo di dichiarare con discrezione quello che la Castaing ed altri diplomatici speravano di evidenziare più direttamente: Israele sta gradualmente eliminando le fondamenta su cui i palestinesi possono costruire una vita economica indipendente e uno stato che funzionante.

Questo rapporto viene dopo una lunga serie di avvertimenti in anni recenti da parte di organismi internazionali circa la tragica situazione che affrontano i palestinesi. Però, in maniera significativa la Banca mondiale si è diretta verso il campo di battaglia fondamentale per una comunità internazionale che custodisce ancora la disperata speranza che il conflitto israelo-palestinese terminerà con la creazione di uno stato palestinese.

Il rapporto è focalizzato su quasi due terzi della Cisgiordania, noto come area  C, che è esclusivamente sotto il controllo palestinese,  e dove Israele ha  impiantato  più di 200 insediamenti per acchiapparsi la terra e le risorse palestinesi.

Il rapporto della Banca mondiale dovrebbe essere considerato un evento gemello della decisione a sorpresa dell’Unione Europea presa questa estate di escludere dai finanziamenti dell’Unione Europea entità associate con gli insediamenti.

Entrambi riflettono la frustrazione montante nelle capitali europee e altrove per l’intransigenza di Israele e l’apparente impotenza degli Stati Uniti. Gli europei, in particolare, sono esasperati per il loro costante ruolo che efficacemente sussidia  attraverso gli aiuti un’occupazione israeliana di cui non si vede la fine.

Con Israele e la Palestina costretti a tornare al tavolo dei negoziati fin da luglio, e dopo che il Segretario di Stato americano John Kerry ha avvertito che questa era la “ultima occasione” per un accordo, la comunità internazionale ha una necessità disperata di esercitare qualsiasi piccola influenza che ha su Israele e gli Stati Uniti per assicurare uno stato palestinese.

La preoccupazione della Banca Mondiale riguardo all’Area C è giustificata. Questa è la sede di quasi tutte le risorse che uno stato palestinese avrà bisogno di sfruttare: terra non sfruttata per costruzioni future, terra arabile e sorgenti di acqua per far crescere i raccolti; cave per estrarre pietre  e il Mar Morto per estrarre minerali, e siti archeologici per attirare il turismo.

Con l’accesso a queste risorse, l’Autorità Palestinese potrebbe creare un nuovo reddito di 3,4 miliardi di dollari all’anno, aumentando di un terzo il suo PIL, riducendo un deficit che cresce a vista d’occhio, tagliando le percentuali di disoccupazione che hanno raggiunto il 23%,  attenuando la povertà e l’insicurezza alimentare e aiutando lo stato alle prime armi a liberarsi della dipendenza dagli aiuti. Nessuno di questi obiettivi si può però raggiungere mentre Israele mantiene la sua presa soffocante sull’Area C in violazione degli accordi di Oslo del 1993.

Israele ha consolidato il suo dominio nell’Area C esattamente a causa della sua ricchezza di risorse naturali. Israele non vuole né che i palestinesi ottengano le risorse con le quali costruire uno stato né intende perdere i molti benefici materiali che ha  accumulato per sé e per  la popolazione di coloni nell’Area C.

E’ il modo di trattare l’Area C che smentisce la dichiarazione di Netanyahu che ha perseguito la “pace economica” con i palestinesi invece di progressi sul fronte diplomatico. Invece la descrizione che fanno i palestinesi della politica israeliana come “guerra economica” è molto più vicino al segno. Durante il periodo di Oslo, la disparità tra il PIL individuale e quello dei palestinesi, si è raddoppiato, arrivando a 30.000 dollari. E la Banca mondiale dice che l’economia palestinese si sta rapidamente riducendo: la crescita dell’11% di cui Netanyahu  si prendeva il merito, nel 2011, è crollata all’1,9% nei primi sei mesi di quest’anno. In Cisgiordania il PIL si è in realtà contratto, dell’0,1 %.

Malgrado le sue risorse, l’Area C viene deprivata dei finanziamenti  per i palestinesi. Gli investitori sono contrari a trattare con le autorità militari israeliane che  invariabilmente negano loro i permessi per lo sviluppo e limitano severamente gli spostamenti. L’immagine della diplomatica francese stesa a terra è un’immagine che simboleggia il trattamento analogo se si scontrassero con Israele nell’Area C. Nel frattempo gli agricoltori palestinesi non possono far crescere colture redditizie con le misere razioni di acqua che Israele assegna loro e che provengono dalle proprie falde acquifere.

Consapevoli dei molti ostacoli allo sviluppo dell’Area C, i funzionari palestinesi hanno lo semplicemente ignorato, concentrandosi invece sul terzo della Cisgiordania densamente popolato e povero di risorse che è sotto il loro controllo completo o parziale

La speranza era che tutto questo sarebbe cambiato quando Kerry ha annunciato  che nel periodo antecedente ai rinnovati colloqui un piano per incoraggiare gli investitori a impiegare  4 miliardi di dollari per sviluppare l’economia palestinese. Ma la realtà, come nota il rapporto, è che non ci possono essere investimenti seri nel cuore economico dell’Aera C fino a quando non finisce il controllo di Israele.

In effetti, la Banca mondiale dice che il piano di Kerry – e il ruolo dell’inviato della comunità internazionale Tony Blair, il cosiddetto rappresentante del Quartetto (Stati Uniti, Unione europea, Russia e Nazioni Unite) – non è soltanto sbagliato, ma assolutamente visionario. Il Quartetto aveva cercato di  far rivivere l’economia palestinese per annunciare le condizioni per l’esistenza di uno stato; l’opinione della Banca mondiale è che non ci può essere uno stato palestinese, non parliamo poi di rinascita economica, fino a quando Israele non viene costretto ad andare fuori dai territori. La comunità internazionale la vede tutta al contrario.

L’idea che un’ancora di salvezza finanziaria – che si tratti del piano di Kerry o della  pace economica di Netanyahu – faciliti la strada verso la fine del conflitto, è un’illusione. Pace e prosperità arriveranno soltanto quando i palestinesi saranno liberati dal controllo israeliano.


Jonathan Cook ha vinto il Premio Speciale  Martha Gellhorn per il Giornalismo.  I suoi libri più recenti sono: “Israel and the Clash of Civilisations: Iraq, Iran and the Plan to Remake the Middle East” [ Israele e lo scontro di civiltà: Iraq, Iran e il piano per rifare il Medio Oriente] (Pluto Press) Disappearing Palestine: Israel’s Experiments in Human Despair” [La Palestina che scompare:gli esperimenti di Israele di disperazione umana] (Zed Books).  Il suo nuovo sito web è: www.jonathan-cook.net.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org./even-the-world-bank-understands-palestine-is-being-disappeared

Originale: Jonathan Cook’s ZSpace Page

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