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http://www.middleeastmonitor.com
Thursday, 26 September 2013

Dentro l’imperialismo: il discorso di Obama all’assemblea generale delle Nazioni Unite
di Ramona Wadi

Il discorso di Obama all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite era pieno di riferimenti imperialisti sulla base dell'interpretazione corrente principale della storia. Cominciando con una glorificazione delle Nazioni Unite in un contesto che sostiene la politica estera degli Stati Uniti, Obama ha affermato che, come risultato di questo lavoro e della cooperazione con alleati e partner, il mondo è più stabile rispetto a cinque anni fà. Questa valutazione si basa sull'eredità del presidente, un agglomerato di promesse e realtà fraintese che omettono l'aspetto umanitario aggravato dall'imperialismo.

Secondo Obama, gli Stati Uniti si sono spostati da un perpetuo piede di guerra. Una dichiarazione che non tiene in considerazione i danni collaterali e la straordinaria interpretazione dei presunti problemi di sicurezza. L'aspetto sorprendente del discorso di Obama è il modo in cui il concetto universale di umanità viene applicata nel contesto generale, solo per essere poi, frammentato in un istante, mentre l'approvazione di violazioni del diritto internazionale è discretamente definita come una necessità per evitare turbolenze, l'eufemismo per un’autonomia indesiderabile, nella retorica degli Stati Uniti.

Gli stessi concetti sono stati applicati alle dichiarazioni di Obama per quanto riguarda la Palestina. A differenza del suo precedente discorso in Israele, dove i palestinesi sono stati del tutto annientati, dal suo discorso, Obama tenta di intrecciare le preoccupazioni palestinesi all'interno del concetto di umanità e di preoccupazione per i diritti umani. "Gli Stati Uniti restano impegnati con la convinzione che il popolo palestinese ha il diritto di vivere in sicurezza e dignità nel proprio Stato sovrano." L'affermazione è rapidamente contraddetta dalla consueta glorificazione della potenza occupante. Imbarcandosi su generalizzazioni, Obama dichiara che i palestinesi riconoscano che la soluzione dei due Stati è l'unica vera via per la pace: perché proprio come il popolo palestinese non deve spostarsi, lo stato di Israele è qui per restare.

Ignorando comodamente la memoria storica prima della realizzazione della Nakba da parte di Israele, Obama stereotipizza i palestinesi facendo rispettare il punto di vista imperialista contro la razza indigena, trascurando i vari percorsi della storia che creano una cronologia della memoria collettiva palestinese. E' impertinente supporre che tutti i palestinesi sostengano l'idea dei due stati, ed è assurdo implicare che qualsiasi presunto feedback da parte dei palestinesi che vivono a Ramallah rappresenti un parere unico che, guarda caso, riflette gli interessi americani e israeliani nel territorio usurpato e in Medio Oriente. Abbandonando un mero riconoscimento della memoria collettiva palestinese e la moltitudine di esperienze che culminano nel diritto indiscutibile del ritorno e dell’autonomia, Obama ha fornito un'ulteriore prova del disprezzo imperialista per la libertà, che non appartiene ai suoi influenti alleati.

L’interesse imperialista nella proposta per due stati è sostenuta unicamente perché fa riferimento all’ambito della disuguaglianza. Eppure Obama si aspetta che i palestinesi e la comunità internazionale abbandonino il discernimento e lo snodo verso il discorso che non solo ha cercato di favorire lo spostamento dei palestinesi all'interno della storia contemporanea, ma ha anche tentato di manipolare i principi del diritto internazionale in territorio neoliberista. Secondo Obama, l'America cerca una comunità in cui le nazioni non desiderano la terra o le risorse di altre nazioni. Come evidenziato nel corso della storia, il privilegio della suddetta usurpazione riguarda solo i poteri designati che conferiscono una parvenza di autonomia come componente di una resa negoziata.


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Thursday, 26 September 2013

Insights into imperialism: Obama's UNGA speech
By Ramona Wadi

Obama's speech at the United Nations General Assembly was replete with imperialist references based upon the mainstream interpretation of history. Commencing with a glorification of the UN within a context which supports US foreign policy, Obama asserted that 'as a result of this work and cooperation with allies and partners, the world is more stable than it was five years ago'. This assessment is based upon the president's legacy – a conglomeration of promises and misconstrued realities which omit the humanitarian aspect exacerbated by imperialism.

According to Obama, the US has shifted from 'a perpetual war-footing'. A statement which fails to take into account collateral damage and extraordinary rendition for the sake of alleged security concerns. The striking aspect of Obama's speech is the manner in which the universal concept of humanity is applied within the general context, only to be fragmented within an instant as the endorsement of international law violations is discretely defined as a necessity to prevent turmoil – the euphemism for undesirable autonomy in US rhetoric.

The same concepts have been applied to Obama's statements regarding Palestine. Unlike his previous address in Israel where Palestinians were entirely obliterated from his discourse, Obama attempts to weave Palestinian concerns within the concept of humanity and concern for human rights. "The United States remains committed to the belief that the Palestinian people have a right to live with security and dignity in their own sovereign state." The assertion is swiftly contradicted by the usual glorification of the occupying power. Embarking upon generalisations, Obama declares that Palestinians recognise that 'two states is the only real path to peace: because just as the Palestinian people must not be displaced, the state of Israel is here to stay".

Conveniently ignoring historical memory prior to Israel's realisation of the Nakba, Obama stereotypes Palestinians by enforcing an imperialist perspective upon the indigenous people while neglecting the various memory trajectories which create a chronology of Palestinian collective memory. It is impertinent to assume that all Palestinians support the notion of two states, and absurd to imply that any alleged feedback from Palestinians living in Ramallah represents a single opinion which, coincidentally, reflects US and Israeli interests within the usurped territory and the Middle East. By forsaking a mere acknowledgement of Palestinian collective memory and the multitude of experiences culminating into the indisputable right to return and autonomy, Obama has provided further evidence of the imperialist disdain for freedom which does not pertain to its influential allies.

Imperialist interest in the two states proposals is advocated solely because it pertains to the coveted status of inequality. Yet Obama expects Palestinians and the international community to abandon the significance of discernment and pivot towards discourse which has not only sought to further the displacement of Palestinians within contemporary history, but also attempted to manipulate the principles of international law within the neoliberal territory. According to Obama, America seeks a community 'where nations do not covet the land or resources of other nations'. As evidenced throughout history, the privilege of the aforementioned usurpation pertains only to the designated powers which bestow a semblance of autonomy as a component of a negotiated surrender.

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