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Global slavery index 2013


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18 ott, 2013

Un mondo con 30 milioni di schiavi

Ecco cosa ci svelano il “Global Slavery Index” e il “Child Labour Index”

In questi giorni due rapporti sono balzati all’attenzione del’opinione pubblica. Stiamo parlando del “Global Slavery Index”, pubblicato dalla Walk Free Foundation, e del “Child Labour Index”, analisi condotta da Maplecroft, società di consulenza britannica sui rischi globali.

Con il primo documento è stata realizzata una mappa delle aree nel mondo in cui è di fatto ancora vivo e vegeto il fenomeno della schiavitù e con il secondo sono stati elencati i Paesi in cui il lavoro minorile è maggiormente diffuso.

Secondo il “Global Slavery Index”, sono 30 milioni gli individui che nel mondo vivono in condizione di schiavitù. Sul triste podio troviamo l’India, dove se ne contano 13,9 milioni; poi la Cina, dove se ne registrano 2,9 milioni; e infine il Pakistan, dove se ne contano 2,1 milioni. A seguire la Nigeria, l’Etiopia, la Russia, la Thailandia, la Repubblica Democratica del Congo, il Miyanmar e il Bangladesh. In questi Paesi risiedono i tre quarti dei 29,8 milioni di persone, di ogni età e sesso, che vivono in condizioni di schiavitù.

Alla Cnn Gina Dafalia, manager della Walk Free Foundation, ha spiegato che per questa analisi è stato utilizzato il concetto più ampio di schiavitù, che va dal traffico degli essere umani al lavoro forzato, passando per il matrimonio combinato, fino ad arrivare alla schiavitù per debiti e allo sfruttamento dei bambini.

Con il “Child Labour Index”, invece, è stata analizzata la situazione di 197 Paesi ed è emerso che in 11 degli Stati presi in esame il lavoro minorile è particolarmente diffuso. Nella classifica troviamo: Eritrea, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Myanmar, Sudan, Afghanistan, Pakistan, Zimbabwe, Yemen, Burundi, Nigeria. Si tratta di Paesi con alti livelli di povertà, nei quali i bambini si trovano spesso costretti a dover lavorare per poter integrare il reddito della famiglia. Ma, a ben guardare, ci sono anche Paesi in situazioni economiche differenti – Cina, India, Russia e Brasile – nei quali il rischio di incorrere nello sfruttamento minorile è piuttosto elevato poiché le leggi sul lavoro minorile spesso non vengono applicate.


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