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24 settembre 2014

Un clima infuocato
di Alberto Zoratti

E’ stato un pellegrinaggio di alto livello, quello del 23 settembre a New York. Oltre 120 Capi di Stato hanno accettato di rendere omaggio alla Casa di Vetro delle Nazioni Unite su invito del Segretario Generale Ban Ki-Moon, perché sulla questione clima, e per scongiurare il suo quasi irreversibile mutamento, qualche rito bisognerà pur celebrarlo. “Il mondo deve prendere un altro corso e vi chiedo di mettervi a capo di questo cambiamento”, ha detto Ki-Moon all’apertura del vertice assieme all’attore Leonardo Di Caprio, nominato rappresentante dell’Onu per la lotta ai cambiamenti climatici, scelta quanto meno simbolica considerando le sue acrobazie sulla prua del Titanic.

L’evento, lanciato tra gli auspici dell’Onu nel settembre 2013 come tappa intermedia verso la Conferenza delle Parti Onu di Parigi del 2015, dove si dovrebbe sdoganare un nuovo accordo globale sul clima, ha visto l’imponente presenza di amministratori delegati delle principali multinazionali. All’interno del protocollo informale sostenuto in ambito Nazioni Unite, e sottoscritto al vertice di Rio+20 nel giugno 2012, le politiche del settore privato e i mercati deregolamentati non sono più tanto la causa della crisi ecologica e climatica, quanto parte delle possibili soluzioni. Un mantra che produce i primi miracoli, considerato che persino l’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, ha dichiarato alla Rai che la sua azienda raggiungerà “la carbon neutrality entro il 2015” smentendo l’ex presidente Colombo che giusto un anno fa sottolineava ad Agi come la quota di energia a ‘zero emissioni’ sul totale prodotto dal Gruppo fosse ancora attorno al 42 per cento. Potere dei grandi vertici. Che d’altro canto sono riusciti a far mobilitare centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo per dare una spinta decisiva ai negoziati sul clima che sembrano essere inadeguati davanti alla sfida della lotta al climate change.

Un’inadeguatezza dettata da un sistema economico che ha scelto di perseguire la sua strada e i suoi tempi, incurante delle dinamiche della bio-geofisica. Basterebbe pensare che il carbone ha raggiunto la più alta quota di mercato degli ultimi quarant’anni, con una crescita del 3 per cento nel 2013, la più alta di tutti i combustibili fossili, grazie anche all’incremento delle importazioni in Europa che ha scelto di importare più carbone statunitense ormai a basso costo grazie alla rivoluzione energetica del fracking d’oltreoceano.

“False soluzioni”, questo hanno denunciato centinaia di organizzazioni e di movimenti sociali tra cui l’italiana Fairwatch in un appello diffuso pochi giorni prima della grande mobiltazione del 21 settembre organizzata in tutto il mondo, alla vigilia della due giorni. Un documento che chiede urgentemente un cambio radicale del sistema economico piuttosto che gli impegni volontari e basati sul mercato e i preoccupanti partenariati pubblico-privato che hanno caratterizzato l’agenda del vertice, come il Redd+, la Climate-Smart Agriculture e la Sustainable Energy for All initiative.

Il summit di New York è considerato una pietra miliare nel percorso verso la 21a Conferenza delle Parti dell’Onu sul Cambiamento Climatico (Unfccc) che si terrà a Parigi nel 2015, ma i movimenti sociali che promuovono il documento sottolineano che questo dovrà richiedere impegni legalmente vincolanti e un cambio profondo di sistema, piuttosto che lo scenario “business as usual” attualmente proposto.

“Ovviamente chiediamo azioni concrete” ha sottolineato Cindy Wiesner della Grassroots Global Justice Alliance, “ma non ogni tipo di azione. Nessun impegno volontario e nessuna promessa vuota. Non si potrà tornare indietro dal caos climatico se non facciamo nulla per affrontare e sfidare l’inazione dei nostri governi, le cui politiche sono spesso state condizionare dalle imprese inquinatrici. E’ cruciale per tutti noi rafforzare il nostro impegno sul terreno delle lotte e focalizzare le nostre energie su un cambiamento del sistema”. Un sistema che ha determinato la nascita persino di una nuova era geologica, l’Antropocene, come approfonditamente discusso alla Geological Society di Londra alcuni anni fa. Secondo Science oltre 322 specie di vertebrati si sono estinte negli ultimi secoli, mentre il 67 per cento delle specie invertebrate mostrano un marcato declino e il clima, rimasto stabile negli ultimi 11700 anni, ha cominciato a modificarsi profondamente.

Da New York esce una linea chiara: il coinvolgimento del privato, della presunta efficienza dei mercati e la trasformazione del piano di lotta al cambiamento climatico da vincolante a volontario. Una nuova architettura climatica che dovrebbe vedere la luce nel 2020. Obiettivo è quello di tenere tutti a bordo, nessuno escluso ma in una cornice di promesse ed eventuali verifiche di ciò che è stato mantenuto. E vista la prospettiva mostrata dagli scienziati, un aumento della temperatura media di oltre 2°C entro pochi decenni, il dubbio che l’impresa riesca è più che legittimo.

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