Reseau International
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4 settembre 2014

Il fallimento passo dopo passo dell’operazione antiterrorismo ucraina
di Valentin Vasilescu
Traduzione di Alessandro Lattanzio

Ai primi di luglio 2014, lo Stato Maggiore Generale ucraino lanciava una grande offensiva contro le forze di auto-difesa per infliggerle la sconfitta totale. Il risultato è stato un disastro per l’esercito ucraino. La giunta di Kiev ordinava all’esercito ucraino di occupare il Donbas e catturare o distruggere le forze di autodifesa. Il piano dell’offensiva ucraina prevedeva diversi passaggi: concentrare e bloccare le forze di autodifesa nelle grandi città di Donetsk e Lugansk, quindi un’operazione sull’asse nord-sud per separare Donetsk da Lugansk. A tal fine, lo Stato Maggiore dell’esercito ucraino creò il gruppo d’assalto Alfa concentrato nei distretti d’avvio dell’offensiva, con grandi unità del 13° Corpo d’armata, schierato nell’Ucraina occidentale, rinforzate da 6-8 battaglioni di riservisti e militari del ministero degli Interni. Per garantire il successo al gruppo d’assalto Alfa, fu creato anche un forte distaccamento di riserva chiamato gruppo d’assalto Bravo, composto da unità dell’8° Corpo d’armata di stanza nell’Ucraina settentrionale, con 4-5 battaglioni di riservisti volontari appartenenti a Pravij Sektor. Il gruppo d’assalto Bravo doveva effettuare autonomamente una manovra a tenaglia lungo 150 km sul confine con la Russia. Durante la preparazione dell’offensiva dell’esercito ucraino, i leader delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk riuscirono a sfruttare a proprio vantaggio alcuni errori commessi dai capi di Kiev. La prima conquista degli indipendentisti fu la creazione di uno Stato Maggiore unificato delle forze di autodifesa, competente quanto il quartier generale ucraino che dirigeva le presunte operazioni antiterrorismo nel Donbas. Nel 2008, in occasione del vertice NATO di Bucarest, l’Ucraina, guidata dalla “rivoluzione arancione” filo-statunitense al potere, fu invitata ad aderire alla NATO. Con il pretesto della compatibilità con le forze della NATO, il Pentagono impose all’Ucraina un cosiddetto “piano di modernizzazione e sviluppo”. L’esercito ucraino ritirò gran parte delle attrezzature militari rimaste dalla prima riduzione dovuta all’attuazione del Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa. Il Pentagono cercò di minare le capacità difensiva dell’Ucraina, per soddisfare i propri interessi, e cioè usarla come forza d’occupazione in Iraq e in Afghanistan. Allo stesso tempo, il Pentagono ridusse i mezzi da combattimento ed inviò nella riserva 3500 ufficiali del Comando e dello Stato Maggiore ucraino, di età tra i 35 a 45 anni e tutti del Donbas. Costituiscono oggi lo Stato Maggiore dell’autodifesa e il comando di battaglioni e compagnie delle forze volontarie.

Il secondo successo delle forze di autodifesa fu l’individuazione e la cattura di tre grandi depositi di armi e munizioni nel Donbas. La difesa dell’Ucraina meridionale, da Kharkov a Odessa e Crimea, era responsabilità della 6° Corpo d’armata. Con la mobilitazione dell’esercito ucraino, il 6° Corpo avrebbe creato 3 nuove brigate meccanizzate e d’artiglieria della riserva con materiale bellico e munizioni immagazzinati in diversi luoghi segreti. Catturando i tre grandi depositi, le forze di autodifesa s’impossessarono di 140 carri armati T-64, 280 BTR e BMP, 34 lanciarazzi multipli 9P140 Uragan da 220mm, 24 cannoni da 152mm (2S3 Akatsija e 2S19), oltre a circa un migliaio di missili anticarro 9M113 Konkurs (a guida a fibre ottiche) e 9K111 Fagot, e lanciamissili portatili antiaerei 9K35 Strela-2 e 9K38 Igla. Ma la cosa più utile per le forze di auto-difesa fu la cattura di sistemi di comunicazione e disturbo, e di centinaia di radio ricetrasmittenti portatili occidentali che gli permisero di comunicare ed infiltrarsi inosservati nelle reti dei comandi delle truppe ucraine. Anche se era a conoscenza di queste azioni delle forze di autodifesa, la junta di Kiev scelse di manipolare l’opinione pubblica internazionale, proclamando un’inesistente invasione militare russa. E il quartier generale della NATO produsse immagini satellitari per sostenere le aberrazioni della junta di Kiev.
Nelle prime due settimane dell’offensiva, l’esercito ucraino riuscì ad avanzare, ma era lontano dal programma prefissato, e cioè riuscire a bloccare le due grandi città di Donetsk e Lugansk, sfondando sull’asse nord-sud per una profondità di 40 km e creando un corridoio di sicurezza lungo l’80% del confine con la Russia. L’accumularsi di stanchezza, perdite significative e carenze dei rifornimenti alle truppe, che arrivavano ad intermittenza, costrinsero l’esercito ucraino a sospendere l’offensiva. L’attacco al volo MH17 delle Malaysia Airlines coincise con la ripresa dell’offensiva dell’esercito ucraino. Solo che l’offensiva avvenne con la totale assenza di osservazione aerea. Intere brigate dell’esercito ucraino avanzarono alla cieca verso le forze dell’autodifesa che compirono abilmente delle diversioni, utilizzando con successo un autoveicolo per le trasmissioni catturato all’esercito ucraino ed inviando falsi ordini dello Stato Maggiore ucraino. Eseguendo tali falsi ordini, alcuni battaglioni meccanizzati ucraini caddero in un’imboscata delle forze di autodifesa e vennero completamente distrutti dai lanciarazzi 9P140 Uragan degli indipendentisti. Le vittorie delle FAD allungarono notevolmente il dispositivo lungo il confine con la Russia, una fascia troppo lunga per il gruppo d’assalto Bravo (150 km di lunghezza). Ciò permise alle forze di autodifesa di frammentare il gruppo Bravo e accerchiarne le brigate. Pur di salvarsi e sfuggire all’accerchiamento, 500

soldati ucraini, i resti della 72.ma brigata meccanizzata, attraversarono il confine con la Russia, preferendo arrendersi ai russi. Ai primi di agosto, l’esercito ucraino fermò una seconda volta le operazioni di rischieramento delle proprie forze, per cercare di raggiungere il gruppo Bravo accerchiato. La missione fallì perché 3 battaglioni del 13° Corpo d’armata erano così demoralizzati che si rifiutarono di combattere. I soldati furono inviati nelle guarnigioni nell’Ucraina occidentale e i loro mezzi da combattimento assegnati ai riservisti volontari dallo scarso addestramento al combattimento. Quindi, a metà agosto l’iniziativa dei combattimenti fu presa dalle forze di autodifesa, riuscendo infine a sconfiggere il gruppo d’assalto Bravo e a recuperare i 150 km di fascia lungo il confine con la Russia. Le offensive della forza di autodifesa si rivolsero al gruppo d’assalto Alfa, respingendolo 40 km a nord e ripristinando la linea difensiva esistente all’inizio di luglio.
Al momento di questa analisi, le forze di autodifesa hanno raggiunto le coste del Mare d’Azov, vicino al presidio di Marjupol. Allo stesso tempo, ciò che resta del gruppo d’assalto, cioè 7000 soldati con carri armati, blindati e artiglieria, si trova in una situazione critica, circondato da due settimane e a corto di munizioni. Perciò il Presidente Vladimir Putin ha proposto ai comandanti della forza di autodifesa di aprire un corridoio per consentire ai soldati ucraini di ritirarsi.

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