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22/07/2014

MH17: verità e bugie
di Andrea Purgatori
Giornalista d'inchiesta

Paradossalmente dicono tutti la verità. Giocando con le parole, ma la dicono. La dice Obama, che accusa i separatisti filorussi sulla base delle registrazioni dei satelliti americani. La dice Putin, che nega un coinvolgimento delle proprie forze armate e garantisce che eserciterà la propria influenza sui ribelli perché non ostacolino le indagini. La dicono persino i ribelli, che affermano di non possedere la capacità tecnica per gestire il sistema missilistico responsabile dell'abbattimento del Boeing 777 malese. Ma dietro ciascuna verità ci sono anche omissioni, e bugie. Dunque, è tempo che gli attori coinvolti in questa tragedia mettano le carte sul tavolo, evitando che la confusione già vista e sperimentata sul campo si sommi alla confusione delle informazioni che da cinque giorni stanno circolando e si gonfiano senza alcun controllo.

Un'inchiesta indipendente non solo è possibile, ma è un dovere nei confronti di 298 vittime innocenti. E a questo punto è bene chiarire che nessuno potrebbe nascondere le prove del missile, a meno di far sparire ogni singolo frammento di un aereo che ha le dimensioni di un campo di calcio. Obama non abbia paura, c'è poco da occultare. Se si è trattato, come ormai sembra, di un missile terra-aria del tipo Buk - M1 di fabbricazione russa, stiamo parlando di un'arma che pesa circa settecento chilogrammi e al momento dell'impatto deve aver lasciato tracce su una superficie consistente del Boeing 777.

Ma anche se si fosse trattato di un aria-aria lanciato da un caccia (ipotesi che Mosca ha cercato di accreditare, peraltro con poca convinzione, sostenendo che in coda al jet malese c'era un Sukhoi-25 dell'Aeronautica ucraina) sarebbe impossibile cancellare le "impronte" di un ordigno da duecento chili, visto che i rottami del Boeing 777 sono precipitati tutti a terra e non in mare come ad esempio accadde al DC9 Itavia al largo di Ustica, recuperato al 70 per cento e mancante proprio della parte della fusoliera dove sarebbe avvenuto l'impatto.

In entrambi i casi, rottami, schegge, fori, segni sui corpi, permetteranno di stabilire con precisione la natura del missile. Diverso il discorso che riguarda la responsabilità e l'identità di chi lo ha materialmente fatto partire. È vero che i separatisti filorussi non hanno questa capacità. A meno che, tra i militari che mesi fa hanno defezionato nella base di Logansk, ci sia anche una squadra di lanciatori. Oppure che Mosca abbia inviato qualche consigliere in supporto alle milizie ribelli, proprio con il compito di gestire gli armamenti più complessi, Buk compresi. Ma è un fatto che già il 14 giugno un cargo ucraino con a bordo 49 militari era stato abbattuto con modalità molto simili a quelle che hanno segnato la tragedia del volo MH17.

L'ambasciatore russo alle Nazioni Unite non ha escluso una responsabilità dei separatisti, affermando però che se così sono andate le cose si sarebbe trattato di "confusion", un errore. Certo madornale, dal momento che qualsiasi addetto al radar di un sistema missilistico è in grado di distinguere tra un obiettivo militare e civile. A meno che lo scenario non prevedesse l'abbattimento deliberato di un aereo passeggeri per incolpare il nemico. Ipotesi estrema e mostruosa, che nessuno prende in considerazione. Ma è questo ventaglio di possibilità che sta creando incertezza, garantisce benzina al braccio di ferro diplomatico e non aiuta l'inchiesta.

Le scatole nere (arancioni, in realtà) sono state consegnate dai separatisti alle autorità malesi. Non c'è da aspettarsi troppo (i parametri di volo dal Flight Data Recorder, le registrazioni delle conversazioni nella cabina di pilotaggio dal Voice Cockpit Recorder), visto che l'evento è stato catastrofico e istantaneo. Ma è un passo avanti. Ora sarebbe importante vedere le foto dei satelliti americani e valutare con un'indagine indipendente le informazioni d'intelligence ucraine, che incastrerebbero i leader separatisti spiati in varie conversazioni (e ammissioni) subito dopo l'abbattimento. Il resto lo dirà il relitto. Come dicono gli investigatori aeronautici, 99 su 100 un relitto parla. E anche quello del Boeing 777 malese adesso potrà dirci la sua

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