La Voce della Russia
16 luglio 2014

Alla NATO non interessa la sicurezza globale
di Ilja Kharlamov

Nonostante le innumerevoli promesse, la NATO continua il suo allargamento verso l’Est. Mosca mette in guardia: questa politica, che ignora la necessità della sicurezza equa e indivisibile per tutti, porterà alla comparizione in Europa di nuove linee di divisione.

La stabilità e la sicurezza della regione euro-atlantica possono essere garantite soltanto sulla base di compromessi che tengano conto degli interessi di tutte le parti e prevedano la rinuncia al rafforzamento della propria sicurezza a scapito della sicurezza di altri. Tuttavia Bruxelles preferisce pensare soltanto ai propri interessi, tanto da non disdegnare la provocazione di conflitti per poter chiedere nuove risorse e ribadire l’importanza della NATO.

L’allargamento dell’Alleanza Atlantica ha già attraversato alcune fasi. Prima del momento della disgregazione dell’URSS membri della NATO sono diventate Grecia, Turchia, Germania e Spagna. Poi, alla fine degli anni ’90, Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca. Nel 2004 all’Alleanza hanno aderito ben 7 Stati, comprese la Bulgaria, la Lettonia, la Lituania e l’Estonia. Quattro anni più tardi è avvenuto l’adesione di Croazia e Albania. Sempre in quel periodo hanno chiesto adesione l’Ucraina e la Georgia. Più tardi però il cosiddetto Piano d’azione per l’adesione (MAP) per la Georgia e l’Ucraina è stato rinviato su richiesta della Germania e della Francia.

Nel 2010 poi l’allora presidente ucraino Viktor Yanukovich ha addirittura liquidato il Centro nazionale ucraino per l’integrazione euro-atlantica, ma gli strateghi della NATO non hanno rinunciato alle loro intenzioni. Anche nel caso dell’attuale crisi ucraina il desiderio degli USA di trasformare l’Ucraina in una delle loro basi militari è perfettamente visibile. Con l’attuale governo fantoccio a Kiev la realizzazione di questo piano è abbastanza probabile, ma in tal caso si tratterebbe di un nuovo girone di tensione nei rapporti con Mosca. Il Direttore del Centro di congiuntura strategica, Ivan Konovalov, dice che avere un nemico, anche se solo immaginario, per la NATO è indispensabile. In questo senso, la Russia è un nemico quasi ideale.

L’Alleanza Atlantica è nata come un’alleanza militare e può esistere soltanto se esiste un nemico. Pertanto, malgrado tutte le parole dei dirigenti della NATO sulla loro fedeltà alla pace, ogni volta riescono a trovare un avversario contro cui bisogna lottare. Senza l’allargamento la NATO non può essere: l’espansione e l’inclusione di nuovi territori sono la legge della sua esistenza, come ogni struttura deve svilupparsi.

L’espansione dell’Alleanza signifca non solo una geopolitica del tutto reale, ma anche immagine e soldi. Col tempo la NATO, dove comandano gli USA, ha cominciato a perdere non solo prestigio e influenza, ma anche dei soldi. Occorreva un pretesto per dichiarare che senza una NATO forte e crescente l’Europa non sarebbe sopravvissuta e sarebbe crollata sotto i colpi dell’Iran o della Corea del Nord, o a seguito di un’aggressione da parte della Russia. Ed ecco che si profila il fattore ucraino. Sulla scia del conflitto ucraino si è levata un’ondata di dichiarazioni scottanti sull’aggressione della Russia contro l’Ucraina, sulle ambizioni imperiali di Mosca e sul suo desiderio di far rinascere l’URSS e di controllare tutta l’Europa. Tuttavia, a detta del politologo Aleksandr Fomenko, tra i membri della NATO non c’è l’unità di vedute sul futuro dell’Alleanza.

Se gli USA e i loro satelliti dell’Est, come la Polonia e gli Stati Baltici, continuano a bramare l’ulteriore espansione, per la Germania o la Francia l’allargamento della NATO verso l’Est non è una priorità. Anzi, l’establishment militare di questi Paesi non approva queste intenzioni. Tuttavia, dopo la Seconda guerra mondiale la sovranità di molti Stati europei, compresa la stessa Germania, risulta fortemente limitata, pertanto la politica militare della NATO viene determinata non dagli Stati membri, bensì dalle strutture ufficiali dell’Alleanza.

Quindi, considerata la dipendenza dell’Europa dagli USA, riconfermata dalla crisi ucraina, non è il caso di sperare che Berlino o Parigi possano opporsi attivamente ai piani di Washington nell’Europa centrale. Di conseguenza è ingenuo sperare che in questa importantissima regione vengano rispettati gli interessi di tutte le parti. Almeno fino a quando i dirigenti europei non avranno capito che qualsiasi conflitto vedrebbe come vittima i loro connazionali e non gli strateghi e burattinai d’oltreoceano.

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