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5 maggio 2014

Rogo di Odessa: l’ipocrisia degli europei
di Fabio Marcelli
Giurista internazionale

Chi avesse ancora dubbi sulla natura fascista delle bande che hanno preso il potere in Ucraina sull’onda della “rivolta” di piazza Maidan guardi queste immagini. Si riferiscono al rogo appiccato dalle bande in questione al palazzo dei sindacati di Odessa, in cui sono perite almeno quaranta persone bruciate vive.

Con immagini come queste in mente si può capire un po’ meglio ciò che sta accadendo nel Paese. Altro che revanscismo di Putin e velleità di ricostituire l’Unione Sovietica. La reazione al golpe fascista di Maidan, perché di questo alla fine si è trattato, anche se alcune delle motivazioni di quei dimostranti potevano essere legittime e condivisibili, è del tutto comprensibile. Fanno bene i residenti dell’Est a difendersi da massacri di questo genere con ogni mezzo disponibile. La lotta antifascista del resto, e quello che il fascismo significa come negazione di ogni umanità e diritto, è profondamente scolpita nella memoria storica di quel popolo, eccezion fatta per la piccola minoranza rumorosa e ben armata ed equipaggiata dall’Occidente che ha approfittato della crisi di un regime corrotto come quello di Yanukovitch per tornare a inalberare i vessilli di Bandera.

Questa memoria storica, invece, è completamente assente dall’Europa che si accinge a celebrare il primo centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale. E’ del resto caratteristica particolarmente negativa dei “nuovisti”, fra i quali ai nostri renziani spetta un posto di (dis)onore, è la cancellazione costante della storia. Fessi e “furbetti” al tempo stesso, si crogiolano nella presunta straordinarietà e originalità delle circostanze attuali, ignorando di essere, come il criceto nella ruota, costretti a ripetere vicende e passaggi storici del passato. Basta leggere i commenti di qualcuno al mio recente blog sul primo maggio. Convinti che la lotta di classe sia un fenomeno del passato, oramai sepolto grazie all’avvento redentore del boy scout di Gelli e del profeta della precarietà Poletti.

A poco più di una settimana dalla celebrazione del 25 aprile è giocoforza avvedersi che il concetto stesso di fascismo è del tutto assente da ogni chiave interpretativa dei fatti ucraini. Una stampa ipocrita e complice, non solo in Italia, parla dell’orribile rogo di Odessa come se si fosse trattato di un episodio di autocombustione dovuto al caldo intenso o a qualche sbadato che aveva tirato la cicca accesa in un barile di benzina. Altre testimonianze parlano di contadini schiacciati dai carri armati da Kiev, ma i nostri media li ignorano. La rivolta va bene solo quando è made in Occidente.

Come scrive Pino Cabras: “In materia di guerra la stampa italiana, specie sul web, ci ha già abituati al peggio negli ultimi anni. Con il dramma dell’Ucraina si è già subito portata ai suoi peggiori livelli, già raggiunti nel disinformare i lettori sulla guerra in Libia e poi in Siria. Le pagine web italiote ci farebbero davvero ridere, se non parlassimo di una tragedia: i 38 filo-russi bruciati in una sede sindacale dai nazionalisti ucraini di estrema destra sono diventati delle generiche “38 vittime in un incendio”.

Si tratta del resto di allevare adeguatamente, mantenendoli in un’ignominiosa ignoranza, i cittadini europei, sperando che non si rendano consapevoli di appartenere a un ordinamento giuridico e politico che semina miseria all’interno e guerra all’esterno. Proposito, auguriamoci, vano. Come sicuramente vana è l’illusione che crimini come quello di Odessa non scatenino reazioni sempre più determinate dall’altra parte, verso una guerra che va contrastata in tutti i modi, dissociandosi chiaramente e apertamente dalla Nato e dall’Unione europea stile Merkel che aizzano in tutti i modi al conflitto, salvo levare ipocriti lai di finta preoccupazione quando cominciano a germogliare i frutti mortiferi della propria azione destabilizzante.

Quest’Europa, che subirà una prevedibile, giusta e salutare batosta alle prossime elezioni europee, va distrutta e ricostruita dalle fondamenta, in modo tale da divenire finalmente uno strumento utile per il benessere dei cittadini europei e la pace nel mondo. La Nato, strumento di guerra e di aggressione, va definitivamente spedita nella pattumiera della storia.

E’ questa la duplice sfida per le forze dell’alternativa. Ed è una sfida ardua ma necessaria. Una nuova guerra europea potrebbe essere alle porte. Con Natopolitano presidente della Repubblica e il boy-scout di Gelli presidente del Consiglio c’è davvero poco da stare allegri. Sempre valido il vecchio detto che chi perde la memoria è destinato a ripercorrere gli errori del passato.

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