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apr 15th, 2014

Blindati e truppe verso Slavianks
di Enrico Oliari
Direttore responsabile

Come il presidente ucraino ad interim Oleksandr Turchynov aveva annunciato in mattinata davanti al Parlamento, una colonna formata da 10 carri armati, 10 mezzi blindati per il trasporto di truppe e sette pullman con uomini delle forze speciali ucraine è giunta nei pressi della città orientale di Slaviansk, dove, nonostante gli avvertimenti, uomini armati filorussi hanno occupato gli edifici governativi: a sentire dei manifestanti, che, va ricordato, sono armati di tutto punto, la città sarebbe circondata e in procinto di subire un assalto.
Per l’agenzia statale russa Ria Novosti, che cita il capo della “Milizia popolare” della città, Sergey Tsyplakov, l’attacco sarebbe già in corso: “C’è un attacco importante a Slaviansk – ha dichiarato Tsyplakov – veicoli con truppe corazzate stanno entrando in città. Ci sono molte truppe. Gli uomini sono pronti a difendere la città”.
Cero è che nel primo pomeriggio forze ucraine hanno condotto un attacco sull’aeroporto militare di Kramatorsk, preso l’altro ieri dai filorussi. Quattro filorussi sono morti e altri due sono rimasti feriti.
Come lo stesso Turchynov ha spiegato, si tratta di un’operazione che comunque sarà condotta in modo “graduale, equilibrato e responsabile”, con “l’obiettivo di proteggere i cittadini dell’Ucraina, fermare il terrorismo, fermare la criminalità e i tentativi di fare a pezzi il paese”.
Per il presidente ucraino alla base della crisi c’è sempre la Russia, già impadronitasi della Crimea, la quale sobillerebbe le minoranze russofone del paese per impadronirsi del bacino minerario del Donbass e delle varie aree strategiche: “I progetti della Russia sono stati e restano brutali” – ha dichiarato Turchynov. – “Vogliono prendersi non solo il Donbass, ma tutto l’est e il sud dell’Ucraina dalla regione di Kharkiv a quella di Odessa”.
L’avanzata del convoglio militare, tuttavia, crea difficoltà alla politica del premier Arseniy Yatsenyuk, il quale solo ieri ha aperto ai separatisti offrendo loro negoziati e la possibilità di una riforma in senso federalista della Costituzione, un gesto definito “un passo nella giusta direzione, anche se molto tardivo” da parte del ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov.
Alla notizia della risposta di Kiev all’occupazione dei palazzi governativi di Donetsk, Lugansk, Kharkiv e Slaviansk, il capo della diplomazia di Mosca ha rinnovato le accuse al governo di Kiev di procedere a colpi di “minacce e ultimatum”.
La tensione non accenna quindi a calare, nonostante la telefonata tra Vladimir Putin e Barack Obama avvenuta nella notte, anche perché i due restano sulle loro posizioni: Putin continua a negare l’ingerenza nel paese ed a invitare la Casa Bianca a fare pressioni su Kiev perché venga evitato un “bagno di sangue”, mentre il presidente americano insiste nel chiedere alla Russia il ritiro delle truppe lungo il confine ucraino e a smettere di sobillare le minoranze russofone.
Potrebbe tuttavia saltare il vertice a quattro fra Stati Uniti, Unione europea, Ucraina e Russia previsto per giovedì, anche perché a Kiev i blitz dei secessionisti vengono interpretati come un “pretesto” per neutralizzare l’iniziativa.
Resta tuttavia da vedere se realmente alla Russia interessino altre regioni dell’Ucraina dopo l’annessione della Crimea, o se è più plausibile pensare che quanto sta avvenendo sia solo un effetto a domino tutto interno al paese: il passaggio della Crimea alla Russia entra, se vogliamo, in una logica che può andare bene a tutti, persino a Kiev, che così verrebbe a chiudere la questione dei molti debiti con la Gazprom e con le banche russe; all’Unione europea, che porrebbe sotto la propria orbita l’Ucraina e chiuderebbe una volta per tutte l’affaire Kosovo; e alla Russia, che entrerebbe in possesso di una regione strategica dove già ha proprie basi.
Va inoltre notato che le rivolte in Crimea, del tutto simili a quelle nelle altre regioni in fermento, non hanno visto la risposta di Kiev in corso in questo momento.

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