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19/05/2014

Tra gli irriducibili di piazza Maidan
“Qui finché la Crimea tornerà ucraina”
di Flavia Amabile

Gli scontri sono terminati da mesi, ma le barricate resistono nel cuore di Kiev. Yuri vive da mesi in una tenda: «Lasceremo solo quando entreremo nell’Ue»

Nel centro di Kiev la giostra gira lenta e leggera, come sempre, i bambini si dondolano sui cavalli, sorridono, mangiano lo zucchero filato. Chi ha qualche soldo in tasca entra da Zara a cercare gli abiti indossati da tutt’Europa, e chi non ne ha passeggia lungo lo stradone che porta a piazza Indipendenza a Kiev. Sarebbe tutto identico ad un anno fa se lo stradone non fosse chiuso al traffico, se non avesse cambiato nome - ora si chiama “Viale della Gloria dei Cento Ospiti Celesti” - se piazza Indipendenza non fosse universalmente nota come Maidan, il cuore della rivoluzione di quest’inverno nella capitale ucraina e se i bambini sulle giostre non avessero davanti ai loro occhi una lunga ed ordinata fila di tende militari e barricate protette da sacchetti di sabbia, pneumatici e sampietrini.  

Gli scontri sono terminati più di due mesi fa, in Ucraina si combatte ancora ma a quattrocento e oltre chilometri più ad est della sua capitale. A Kiev è tornata la calma, nessuno mette più a ferro e fuoco le sue strade, i palazzi, auto e camionette. Ma la resistenza è più viva che mai nei 2 chilometri quadrati intorno a Maidan da cui è partito tutto quest’inverno trasformando il centro commerciale di una capitale nel quartier generale della Repubblica libera della rivoluzione. Viva e pienamente operativa come nei giorni caldi dei combattimenti, come se ci si aspettasse un nuovo attacco da un momento all’altro.  

Decine di accampamenti circondati da barricate occupano l’area. Ognuno è pieno di fiori, lampade votive, foto di chi ha perso la vita per dare all’Ucraina un futuro europeo. Resteranno lì di sicuro fino al 25 maggio, quando si terranno le elezioni presidenziali. Poi chissà. Il voto e l’evoluzione del conflitto nell’est decideranno nelle prossime settimane il futuro dell’Ucraina e anche degli irriducibili rimasti a Maidan per tenere viva la memoria degli oltre cento combattenti morti a febbraio per celebrare l’orgoglio di una nazione e la sua battaglia per unirsi all’Unione Europea, ma anche per lanciare un avvertimento. “Andremo via quando la Crimea tornerà ad essere un territorio ucraino”, spiega Andrej, 28 anni. Da mesi vive a Maidan: dopo il referendum e l’annessione della sua regione alla Russia insieme ad altri nati come lui nella penisola affacciata sul Mar Nero, ha innalzato proprio al centro della piazza un tendone per unire gli sforzi di tutti coloro che intendono riconquistarla.  

“Saremo qui finché non entreremo nell’Unione Europea”, sostiene Yuri, 23 anni, mentre trasporta un carico di legname per rinforzare la barricata della sua tenda. “Restiamo qui, siamo pronti a tutto”. 

A centinaia la pensano come loro e vivono nella piazza e lungo il Viale della Gloria come vivrebbero in un accampamento militare. Ma siamo a Maidan, l’atmosfera è molto diversa da quella di una caserma.  

Ogni fine settimana tutta l’area si riempie di persone. Arrivano i parenti delle vittime che vanno in pellegrinaggio sui luoghi dove sono morti i loro cari. Mescolati a loro molti giovani ed anziani di Kiev che cercano nella piazza della rivoluzione le radici dell’orgoglio di quella parte di popolazione che non ha mai sopportato di buon grado l’influenza russa nel Paese. I genitori portano i figli di accampamento in accampamento, di barricata in barricata, perché anche i più piccoli capiscano come si è combattuto per loro a febbraio. Acquistano le bandiere dell’Ue oppure le t-shirt anti-Putin in vendita sui banchi improvvisati lungo i marciapiedi. Chiacchierano con i cosacchi o con i combattenti in tuta mimetica e anfibi. Ascoltano antiche canzoni ucraine suonate sul pianoforte turchese divenuto famoso nei giorni della rivoluzione. Osservano le bombe molotov create con le bottiglie di birra, i fucili, gli scudi rubati alla polizia crivellati dai colpi di proiettile, i vestiti dei caduti messi in esposizione sulle barricate. Recitano una preghiera davanti alle foto dei martiri. “Nessuno tocchi Maidan, il simbolo della nostra lotta, senza darci garanzie su che cosa ne sarà dell’Ucraina. Altrimenti dovrà fare i conti con noi”, avverte Yuri. Sullo sfondo i bambini si dondolano lentamente sui cavalli della giostra dando ancora un morso alla nuvola di zucchero filato

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