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2 marzo 2014

La partita economica di Putin
di Marina Mastroluca

Gazprom evoca il pagamento del debito arretrato: 1,5 miliardi di dollari e avverte che potrebbe alzare le tariffe.

«Con l’Ucraina siamo in buoni rapporti, il passaggio del gas sul suo territorio funziona ma bisogna semplicemente che loro il gas lo paghino». Sembrerebbe una frase di buon senso, pronunciata con toni pacati. E invece in quel «ma» a metà strada c’è la cesura tra il prima e il dopo: prima che Kiev alzasse la cresta e il dopo, quello che accadrà ora, o meglio che potrebbe accadere se i mezzi dispiegati da Putin in queste ore non dovessero essere sufficientemente convincenti.

A parlare è il portavoce di Gazprom, Serghei Kupriyanov, ma è solo un dettaglio di stile. Il suo è il messaggio che arriva dal Cremlino e ricorda ai rivoltosi di Kiev che hanno alzato le barricate e spiccato un mandato d’arresto contro il presidente Yanukovich che la libertà sarà anche bella ma ha un prezzo: nel caso specifico è quello del gas, l’enorme bolletta energetica arretrata che Kiev ha accumulato in questi anni. «Il debito è pari a 1,549 miliardi di dollari, ed è immenso - avverte Gazprom -. È chiaro che, con un debito del genere l’Ucraina può non essere in grado di conservare le riduzioni di prezzo per le forniture. L’accordo sugli sconti prevede infatti pagamenti completi e tempestivi».

Una pistola alla tempia, per la disastrata economia Ucraina. Oltre al pregresso, il rischio di dover pagare il gas al prezzo corrente: 400 dollari per mille metri cubi, contro i 268,5 attuali, prezzo di favore eppure già ritoccato rispetto ai 100 dollari del passato. Se la pressione militare di queste ore è enorme, quella del ricatto energetico è non meno pericolosa. Il contratto e i prezzi tra Gazprom e l’Ucraina Naftogaz si rivedono ogni tre mesi: ieri era la data di scadenza e sul piano politico le condizioni non erano delle migliori per convincere Mosca a pazientare sui suoi crediti. L’ultimo decennio mostra come l’altalena dei prezzi sia stata condizionata più dal calore delle relazioni tra i due Paesi che non da leggi di mercato.

L’esposizione ucraina verso Gazprom secondo alcune fonti arriverebbe addirittura a 4 miliardi di dollari. Kiev, che nei giorni scorsi ha evocato una conferenza dei donatori, ha stimato in 35 miliardi di dollari in due anni il suo fabbisogno finanziario per evitare il tracollo. Stati Uniti e Ue hanno ragionato su aiuti per 20 miliardi di dollari, coinvolgendo il Fondo monetario internazionale. Se davvero Putin vuole costringere a più miti consigli le nuove autorità di Kiev - quelle che non ha mai riconosciuto, pur sottolineando la necessità di mantenere aperti canali di comunicazione in campo economico - può farlo usando la leva del gas.

Già nel 2006, in pieno inverno, e poi ancora tre anni dopo, Gazprom ha chiuso i rubinetti, lasciando al gelo non solo l’Ucraina ma un bel pezzo d’Europa. C’era stata la Rivoluzione arancione, c’erano molte pendenze da risolvere, debiti arretrati e Mosca oltre a tutelare i propri interessi voleva punire le ambizioni dell’Ucraina verso l’Europa e in una certa misura anche l’Europa, che aveva salutato la Rivoluzione arancione: dal territorio ucraino passava allora fino al 90 per cento del gas destinato ai Paesi Ue.

Se finora le guerre del gas rischiavano di produrre un effetto boomerang sulla Russia - perché anche Kiev ha minacciato di chiudere il transito al gas russo per ottenere tariffe migliori - oggi Mosca affronta la partita con Kiev da una posizione più forte. Non solo perché Putin ha rimpolpato la presenza militare a Sebastopoli e ottenuto un prevedibile via libera dalla Camera Alta per intervenire in Ucraina - e l’invito dalle autorità di Crimea. Ma anche perché Gazprom in collaborazione con società europee ha realizzato, in tutto o in parte, gasdotti alternativi a quelli che transitano per il territorio ucraino. Intanto, il North Stream verso la Germania e il South Stream che approvigionerà anche l’Italia. Il volume di gas russo che attraversa l’Ucraina è sceso al 60 per cento: una percentuale forte certo, ma nel braccio di ferro tra Mosca e Kiev non c’è dubbio su chi potrà resistere più a lungo.

L’Ucraina negli ultimi anni ha cercato di sviluppare alternative energetiche alla Russia - dal gas di scisto all’esplorazione e sfruttamento dei propri giacimenti - ma il settore è ancora fortemente dipendente da Mosca. E le casse sono vuote. Senza contare che i bacini d’estrazione si trovano soprattutto nel tratto del Mar Nero su cui si affaccia la Crimea. Putin ha tutto il tempo di strangolare economicamente l’Ucraina, prima di far partire un colpo.

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