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Sab 01 Mar2014

Putin
di Gabriele Adinolfi   

Dedicato a quelli che hanno scoperto Putin e che rischiano di fare qualche confusione

Quando molti anni fa su questo portale si tracciavano le lodi di Putin, la quasi totalità della cosiddetta area oggi “eurasiatista” lo considerava un autocrate liberale.
Ci sono voluti un paio d'anni prima che la maggioranza di voi si accodasse al mio filo-putinismo.
Qualsiasi cosa si pensi degli Eroi di Piazza Maidan e del risorgimento ucraìno, quel che penso della Russia e di Putin non è cambiato da allora.
Oggi ritengo Putin uno dei quattro leaders al mondo degni di rispetto (anche se è possibile che me ne sfugga qualcuno). Gli altri sono Assad, Orban e Shinzo Abe.
Come scrivevo in tempi non sospetti, in netto ritardo su Degrelle ma solo su Degrelle, un'intesa con la Russia è la vera possibilità per l'Europa di emanciparsi e di autonomizzarsi.
Non lo è “geopoliticamente” come sostengono in tanti; o meglio lo è solo in parte,
Lo è invece perché ha un potenziale energetico, di materie prime, nucleare e satellitare indispensabile, in un'intesa da costruire, a non farci stritolare dalla tenaglia composta da Usa e Cina.

Putin come campione


Poi Putin è diventato, per molti, il modello dei modelli.
Visto come lo tratta l'intellighenzia liberal occidentale e osservate le pussy riot, è un riflesso automatico, anche per me,
Alcuni lo esaltano per la sua barriera ai matrimoni gay e soprattutto alle adozioni.
E' triste che la frontiera dello scontro di civiltà sia ormai scesa sulle chiappe, ma tant'è.
So benissimo che, al di là delle mille diverse considerazioni in merito, la crociata liberal va ben oltre la semplice questione degli accoppiamenti e va contrastata.
Non solo per la questione dei bambini che, condivido, non dovrebbero essere assegnati a coppie gay; anche se, vedendo come li trattano le madri italiane, non so neppure cos'è peggio e francamente li manderei, tutti, da piccoli, a crescere in colonia in Ucraìna o sul Baltico.
Comunque concordo che abbiamo bisogno di campioni e che ci sta che Putin lo sia, pur se per una battaglia che davvero dà i segni dei tempi.
Putin è quindi diventato un campione e, come sempre accade a quelli che proiettano sui campioni le lotte che non sono in grado di fare, è diventato anche qualcosa che non è ma che si è voluto credere fosse. Scaricando su di lui le nostre aspirazioni ne abbiamo fatto l'antagonista dell'Occidente.
Il che è vero quanto è falso. Perché nella complessità del reale, divenuto ancor più complesso nell'intreccio tridimensionale che ha reso perfino desueti molti canoni della geopolitica, la Russia di Putin qui coopera e qui confligge, sia con l'America che con la Cina.
L'unica costante sembra essere la conflittualità con l'Inghilterra.
Nulla però oggi è lineare, salvo nella mente di chi combatte virtualmente e solo per procura. Emblematico è il rapporto Iran-Israele. Sbagliato sarebbe liquidare tutto sulla base della sua complessità e contradditorietà e non avere una visione prospettica. Ovvero basata sul potenziale e sulla selezione di quanto si ritiene più consono o positivo per la propria causa. Che non significa, come fanno in molti, nasconderselo per tranquillizzare il proprio dualismo infantile.

Putin e l'Europa


Putin è e resta uno dei quattro leaders che rispetto ed è un potenziale partner-alleato dell'Europa.
Ovviamente di un'Europa da rivoluzionare, ma se non si parte di qui, se non si parte da chi si è, dalla propria identità, dalla propria cultura, dalla propria terra e dal proprio mito, gli altri, chiunque siano, diventano padroni e noi. 
Non è dato allo schiavo di scegliere il padrone. E se posso convenire che dovendo essere schiavo preferirei servire un tartaro a uno wasp, aggiungo che, soprattutto, non intendo servire null'altro che il mio popolo (in senso anche lato, anche partendo dai legami archetipici e preistorici) e il mio mito
E questo mi consente di restare filo-putiniano e filo-russo pur essendo nell'anima e nel cuore a fianco del popolo ucraìno e di Pravy Sektor e sposandone la causa.
Non si deve però mistificare, tanto per arrangiarsi il piatto virtuale in cui fare la nostra virtuale scorpacciata.
A Putin – giustamente – dell'Europa non frega niente, Non ha mai promosso alcun'azione di affrancamento dagli Usa.
E' un autocrate (il che mi sta bene) che impone un nazionalismo liberale sulla base di un neostalinismo dell'era del mercato, che fa eisensteinemente l'occhiolino allo zarismo.
Ha giustamente in testa il panslavismo, gioca da affarista sul cartello energetico (anche questo mi sta bene) e ha sì una logica eurasiatica ma questa, nel significato ideologico e pratico, nulla ha a che fare con le pugnette nostrane perché si rifa alla dottrina ctonia, tellurica e anti-europea che prese quella definizione un secolo fa.
Il mix che guida orgogliosamente è fatto di cartelli oligarchici e di revanscismo sovietico.
Mi sta comunque bene. Continuo a prenderlo in considerazione e ragionare come potenziale, probabilmente il solo potenziale, alleato futuro.
Cosa che non sarà possibile se verrà in qualche modo troncato il legame d'interesse e di divenire che lega Mosca con Berlino. E ci provano, almeno Soros; ma non credo ci riescano.

L'Ucraìna domani


Putin è un leader degno di rispetto e la Russia è il potenziale partner di complemento dell'Europa.
Qualunque altra rappresentazione del padrone del Cremlino e della potenza dell'est è fantomatica e irreale. Mentre qualunque diserzione al compito della Rivoluzione Nazionale in Europa non consente la costituzione di quella relazione.
La rivoluzione ucraìna potrà finire in mille modi. In ogni caso la spartizione in atto del Paese e l'intervento diplomatico tedesco (che si presume sia stato sollecitato sotto banco da Mosca) lasciano credere che la situazione oggettiva non cambierà di molto, tranne che per il prezzo che pagheremo per il gas. Forse Putin sarà anche sollevato dal fatto di non essere più ostaggio di funzionari ottusi e corrotti come quelli ai quali aveva lasciato, non avendo altra scelta, la direzione dell'Ucraìna. Addirittura, la probabile incorporazione dell'Ucraina dell'est potrà forse saziare i revanscismi imperialistici dell'opinione pubblica sovietizzata.
L'Ucraìna della Rivoluzione Nazionale finirà, prima o poi, per trattare comunque con Mosca, perché vi è obbligata. E sono convinto che Mosca tratterà meglio e più volentieri con uomini che rispetta, come si sono fatti rispettare in armi quelli che noi siamo soliti rappresentarci come operai e mariti di cameriere che ci arrapano. E che invece sono donne e uomini vivi e coraggiosi mentre noi siamo zombies cervellotici. Li rispetterà e si rispetteranno.
Resta però il dubbio sul futuro ucraìno nell'Europa delle banche.
Un dubbio valido perché sappiamo di cosa si tratta. Ci preoccuperemmo un po' meno del loro futuro se ci ricordassimo che ad est c'è un liberismo regolamentato ma pur sempre di liberismo si tratta. 
La Russia è nel WTO e Putin (per ragioni strategiche diverse e anche condivisibili) ha espresso due volte l'auspicio di entrare nella NATO.
Qui comunque è sicuramente peggio e noi che lo sappiamo temiamo per loro.
Ma qui c'è anche l'Ungheria che dà un esempio unico. L'Ucraìna potrebbe affiancarvisi e magari il contagio potrebbe estendersi anche ai Paesi Baltici e produrre un nostro risveglio.
Certo è solo un auspicio, ma una volta tanto si basa su di un esempio tangibile, sullo spirito indomito, sull'anima magnifica, sulla dignità e sul sangue di un popolo che ci è fratello. E non sulle teorie salottiere di un'area che dopo avere a lungo liquidato tutte le categorie del reale come plebee e non degne di significato si è riscoperta piena zeppa di “esperti” di geopolitica e di finanza. Che a sentirli blaterare fanno rimpiangere i tempi dell'oscurantismo consapevole: almeno aveva più solidità. E si aveva ben chiaro il valore del sangue.

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