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28 Feb 2014

Le contromosse di Putin per non perdere l’Ucraina
di Vittorio Strada

Dall'asilo a Yanukovich al separatismo della Crimea, alla leva economica; il Cremlino ha molte carte. Le giocherà tutte

Era prevedibile, se non assolutamente scontato, che Mosca, dopo la presa del potere del blocco nazionalista e tendenzialmente pro-occidentale in Ucraina, avrebbe reagito. Vladimir Putin intende rendere la vita dura ai nuovi poteri di Kiev. Può farlo. Ha molte carte da giocare e le sta calando al tavolo con freddezza, in modo calcolato. Una dopo l’altra.

Una delle mosse su cui il Cremlino sta insistendo particolarmente è quella di presentare i rivoluzionari di Kiev come un manipolo di golpisti di estrema destra e di screditare così il nuovo esecutivo, appena insediatosi. Le parole pronunciate ieri dal deposto presidente Viktor Yanukovich rientrano perfettamente in questo schema. Yanukovich, non si sa da dove, ha rivendicato di essere l’unico presidente legittimo dell’Ucraina, spiegando che i nuovi ministri sono stati nominati da quella che, a suo avviso, è la teppaglia criminale che ha orchestrato il cambio di regime.

Oltre a questo, Yanukovich ha chiesto a Mosca di garantire la sua incolumità personale. La risposta è stata positiva, sembrerebbe. A Yanukovich, sul territorio russo, verrà accordata protezione. E oggi l’ex presidente sarà a Rostov, proprio in Russia, per la sua prima conferenza stampa dopo le dimissioni. D’ora in avanti potrebbe agire come capo del governo ucraino in esilio, rimarcando appunto che l’attuale potere è frutto di un processo golpista.

Nelle ultime ore Putin, allo scopo di alzare il livello della tensione, ha messo in campo anche l’arma delle manovre militari. Le forze armate russe del distretto occidentale, confinante con l’Ucraina, sono state allertate. Si manovra.

Ma il punto dove il presidente russo sta agendo con più efficacia è la Crimea, l’unica regione dell’Ucraina a maggioranza russa. Nel porto di Sebastopoli è ancorata la flotta russa sul Mar Nero. A Simferopoli, il capoluogo, parlamento e governo locali sono stati occupati da gruppi di uomini armati. Sugli edifici sventola la bandiera russa. L’altro ieri ci sono stati scontri, sempre a Simferopoli, tra persone che dimostravano il proprio sostegno al Cremlino e altre che invece sostenevano l’unità con Kiev. Tra queste c’erano anche diversi cittadini appartenenti alla minoranza tatara, pari al 12-13 per cento della popolazione locale, i cui rapporti con la maggioranza russa (attualmente lambisce il 60 per cento) sono stati sempre complicati. Questi attriti, che stanno acquisendo rinnovata forza, in queste settimane, fanno il gioco di Putin.

Ora, si tratta di capire se la Crimea potrebbe separarsi dall’Ucraina (divenendo protettorato russo o unendosi a Mosca) o se piuttosto si muove nell’ottica di strappare un’autonomia ancora maggiore rispetto a quella di cui al momento gode. Ieri il parlamento regionale di Simferopoli ha convocato un referendum sullo status della Crimea. Si terrà il prossimo 25 maggio, lo stesso giorno delle elezioni presidenziali.

Ma l’impressione, fino a prova contraria, è che si voglia evitare lo strappo. Il fine di Putin è creare contrappesi al nuovo potere di Kiev, squadernare ricatti, allargare le fratture regionali tra l’ovest ucrainofono e i distretti che più tendono, culturalmente, economicamente e storicamente verso la Russia. Oltre alla Crimea ci sono l’area di Donetsk, quella di Kharkiv e la città di Odessa, nel versante meridionale dell’ex repubblica sovietica.

In questo copione trova posto anche l’economia. Mosca ha forti interessi in Ucraina, le cui grandi aziende, controllate dalle oligarchie, trovano nel mercato russo lo sbocco principale del loro export. Insomma, Putin ha un’ulteriore pedina a disposizione e la situazione finanziaria di Kiev, drammatica, gli dà modo di muoverla con una certa spregiudicatezza.

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