La Voce della Russia
31 agosto 2014

Le lezioni della Seconda guerra mondiale per l'Europa d'oggi
di Petr Iskenderov

Settantacinque anni fa, il 1 settembre del 1939, in Europa è scoppiata la Seconda guerra mondiale – un altro incendio sanguinario che ha portato via decine di milioni di vite umane. Due guerre mondiali, questo è il prezzo pagato dai popoli del mondo per i crimini, le ambizioni e gli errori dei propri governanti.

Mentre la Prima guerra mondiale effettivamente ha colto alla sprovvista la schiacciante maggioranza degli europei, ciò non si può dire della Seconda guerra mondiale. Durante gli anni 1930 in Europa imperversavano i conflitti e il loro vettore globale è stato del tutto chiaro.

A dire il vero, come è risultato, non era chiaro per tutti. Risolvendo i propri problemi separati, la Gran Bretagna e la Francia, sopravissute allo shock della Prima guerra mondiale, hanno permesso a Hitler di rinunciare agli accordi di Versailles e poi gli hanno consegnato per lo sbranamento la loro stessa alleata – la Cecoslovacchia. Anche la Polonia stava risolvendo i suoi problemi separatamente, aspettando che l'unione con la Germania in qualche tappa le permetterebbe di mantenere il proprio stato indipendente. Anche la leadership dell'URSS stava risolvendo i suoi compiti separati mentre firmava il Patto Molotov-Ribbentrop con protocolli segreti che tuttora fanno vergognare.

Così alla fine degli anni 1930 è stata persa l'ultima reale possibilità per costituire preventiva coalizione antihitleriana. Al posto di ciò l'Europa è diventata testimone dei patti vergognosi con la partecipazione, tra l'altro, di quelli stati che erano destinati di diventare ennesime vittime della Germania nazista. Anziché sopprimere sul nascere il rafforzamento della potenza politico-militare, a Hitler sono state consegnate l'Austria, i Sudeti, e poi il resto della Cecoslovacchia, chiudendo gli occhi sulla comparsa dei campi di concentramento e dell'ascesa dell'antisemitismo cavernicolo nel paese. Alcuni degli attuali attivi critici della Russia invece – in particolare, la Polonia – hanno partecipato loro stessi allo smembramento della Cecoslovacchia, non dimenticando nel frattempo indirizzare le accuse a Mosca che ha offerto gli aiuti militari a Praga.

Negli annali della diplomazia è stata conservata la dichiarazione pronunciata nel maggio del 1938 dall'ambasciatore polacco a Parigi. Lui ha rassicurato il suo collega americano che la Polonia dichiarerebbe immediatamente la guerra all'Unione Sovietica qualora Mosca tentasse di trasferire le proprie truppe in Cecoslovacchia attraverso il territorio polacco. Allora il ministro degli Esteri della Francia ha comunicato alla parte polacca che "Il piano di Hermann Göring sulla spartizione della Cecoslovacchia tra la Germania e l'Ungheria con il trasferimento delle Slesia Teschin alla Polonia non era un segreto". Nella Slesia Teschin in quel momento vivevano 80 mila polacchi e 120 mila cechi.

Ancora più cinica era la posizione dei leader della Gran Bretagna di allora, compreso il primo - ministro Neville Chamberlain. Secondo la testimonianza del vice-ministro degli Esteri della Gran Bretagna Alexander Cadogan, il capo del gabinetto, ha dichiarato in quei giorni che "piuttosto rassegnerà le dimissioni anziché firmare l'alleanza con i Soviet". Il 10 settembre del 1938, alla vigilia dell'incontro decisivo di Chamberlaine con Hitler sulla Cecoslovacchia, il più stretto consigliere del primo - ministro per le questioni politiche sir Horace Wilson ha proposto a Chamberlaine di confermare che "la Germania e l'Inghilterra sono due pilastri che sostengono il mondo dell'ordine contro lo slancio devastante del bolscevismo".

Anche Stalin curava i propri interessi quando l'URSS ha firmato il Patto Molotov-Ribbentrop. Il prezzo di una simile connivenza è ben noto: il 1 settembre del 1939 Hitler non si è abbattuto con tutta la sua potenza militare sull'URSS, ma sulla Polonia. Poi è toccato anche agli altri paesi dell'Europa Occidentale. Il fascismo tedesco rafforzato ha calpestato tutti gli accordi e ha iniziato a ridisegnare la mappa dell'Europa secondo i propri interessi.

Tuttavia anche dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale le capitali occidentali non si sono affrettate a cambiare i propri approcci agli affari internazionale, addossando abitualmente la responsabilità per tutti i problemi a Mosca. Già nel 1946 l'amministrazione del presidente USA Harry Truman ha deliberato che la stessa esistenza dell'URSS era incompatibile con gli interessi della sicurezza nazionale americana, – ha fatto ricordare in un'intervista concessa a La Voce della Russia il professor Valentin Falin, diplomatico, dottore in scienze storiche:

La stessa cosa diceva il premier britannico Chamberlaine: per far vivere la Gran Bretagna l'Unione Sovietica deve scomparire. Anche oggi l'Occidente professa un simile approccio. Che "la Russia deve scomparire" nel 1996 ha dichiarato l'allora presidente degli USA Bill Clinton. Secondo la sua stessa confessione, con l'attiva partecipazione americana è stata smembrata Yugoslavia. E ora il nostro prossimo compito è quello di smembrare la Federazione Russa – ha promesso Clinton.

Oggi in Europa, in Ucraina, su iniziativa degli USA e di alcuni leader dell'Europa Occidentale di nuovo si gioca uno scenario geopolitico antirusso. La popolazione di Donbass è sacrificata a favore dei piani per "punire" la Russia, ridisegnare le sfere d'influenza e rafforzare le proprie posizioni. "Noi non ci troviamo in stato di una nuova Guerra Fredda, ma le pubbliche accuse, richieste e minacce da parte dei nostri leader evidentemente contribuiscono al ripristino di una tale atmosfera" - ha segnalato in modo del tutto corretto sulle pagine dell'edizione americana The National Interest l'ex ambasciatore degli USA in Russia Jack Matlock, Jr..

Sarà ascoltato a Washington e Bruxelles?

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