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15 ottobre 2014

La socialista e verde Silva sta consegnando il Brasile a Washington?
di Franco Fracassi

La leader del Partito socialista alle presidenziali si schiera contro la Rousseff, appoggiando apertamente il candidato della destra Neves, ora in vantaggio nei sondaggi. A rischio un sistema monetario alternativo al dollaro, ma anche l’indipendenza dagli Usa di Venezuela, Bolivia e Cuba.

C’è un candidato di destra, amico di coloro che fecero parte dell’Amministrazione Bush. Poi, c’è una candidata di sinistra, che ama poco l’Amazzonia, uso il pugno duro con poveri e dimostranti e attua anche alcune politiche che proprio di sinistra non sono. Infine, c’è una ex candidata ancora più di sinistra, che ama l’Amazzonia, il movimento dei contadini senza terra e gi indios, che vorrebbe una politica più trasparente e vicina al popolo, ma che decide apertamente di schierarsi con il candidato di destra. Il 26 ottobre in Brasile si voterà per eleggere il nuovo presidente. È in gioco non solo il futuro del Paese, ma anche quello dell’America Latina e, almeno a breve termine, quello di tutto il pianeta. Vista la posta in gioco, la strana alleanza tra la leader del Partito socialista Marina Silva e il candidato del Partito socialdemocratico Aécio Neves non è poi così bizzarra.

In parte Popoff ha già fornito una spiegazione di quanto sta accadendo. Abbiamo raccontato di come la presidente uscente Dilma Rousseff abbia firmato accordi con Russia, India, Cina e Sudafrica (Brics) per fondare una banca dei Brics con l’obiettivo di superare il dollaro come valuta di riserva. Se ciò accadesse gli Stati Uniti e la sua economia si troverebbero in grossa difficoltà, e il mondo si trasformerebbe in monopolare a multipolare. Una sorta di cambiamento epocale. Inoltre, la Rousseff (e il suo predecessore Lula) ha anche instaurato ottime relazioni con l’Iran, Cuba, il Venezuela e la Bolivia, tanto da spingere il Brasile a non opporre alcun tipo di resistenza alla decisione del presidente Evo Morales di espropriare le raffinerie boliviane della compagnia energetica brasiliana Petrobras.

Dunque, da una parte in queste elezioni è in gioco il futuro dell’Amazzonia, delle tribù indie e del movimento Sem Terra (Silva ha già dichiarato che questi due punti fanno parte dell’accordo con Neves), dall’altra la nascita o meno di polo di potere economico e politico alternativo agli Stati Uniti, l’indipendenza da Washington di Paesi come la Bolivia e il Venezuela (oltre a Cuba), il cui appoggio da parte di Brasilia è stato decisivo in questi ultimi dodici anni.

Inizialmente Silva non era la candidata del suo partito. Lei era vice di Edoardo Campos, il quale era fornito di scarso appeal per l’elettorato brasiliano. La morte di quest’ultimo in un incidente aereo lo scorso 13 agosto ha aperto le porte della corsa elettorale a Silva.

Popoff ha già spiegato come ci siamo molti sospetti sul fatto che non si sia trattato di un incidente. «Tutti gli elementi indicano che la Cia abbia assassinato in volo il candidato del Partito socialista Edoardo Campos, il principale rivale della presidente in carica Dilma Rousseff. Ma non sarà lei a beneficiare di questa morte. se lo si vuole trovare, il beneficiario, bisogna spostarsi settemila chilometri più a nord, a New York. Avete presente George Soros?», aveva dichiarato a questo giornale l’ex funzionario della National Security Agency (la principale agenzia di spionaggio Usa) Wayne Madsen.

Il 13 agosto Campos viaggiava su di un Cessna Citation 560XLS, precipitato nei pressi di Santos. Insieme al candidato socialista sono morti anche i suoi collaboratori e l’equipaggio. Come Popoff ha avuto modo di accertare, il Cessna era un aereo di nessuno, era un aereo fantasma. Secondo il procuratore di Santos che si occupa delle indagini, «la proprietà dai contorni oscuri serviva a occultare l’utilizzo dell’aereo per operazioni segrete che coinvolgono la Cia». «Aerei simili di proprietà incerta e con carte di circolazione registrate saltuariamente, sono stati utilizzati dalla Cia per le operazioni di “rendition” dei musulmani sequestrati per essere interrogati e detenuti all’interno delle “prigioni segrete” Usa sparse in tutto il mondo», ha confermato Madsen.

Approfondendo, invece, la figura di Marina Silva emerge la figura di una fervente ambientalista, che da tre decenni si batte per la salvaguardia dell’Amazzonia. Ma emerge anche che le sue campagne ambientaliste siano state finanziate dall’Open Society Institute, di proprietà del finanziere statunitense George Soros. Come di Open Society sono anche gli slogan utilizzati dalla candidata verde: «Società sostenibile», «società della conoscenza», «diversità».

Popoff ha più volte scritto di Soros. Egli è stato il principale finanziatore dei movimenti di dissidenti nell’Est Europa durante la guerra fredda, negli anni Novanta ha costretto al tracollo la Lira per convincere l’Italia (e l’Europa) a cedere la propria sovranità monetaria. Negli anni Duemila è stato il principale finanziatore del complicato meccanismo organizzativo che ha generato ventidue rivoluzioni in tutto il mondo, tra cui l’ultima in Ucraina. Le azioni di Soros sono strettamente legate alle politiche promosse dal Dipartimento di Stato Usa e nel corso dei decenni è stato sempre molto legato ai direttori della Cia che si sono susseguiti. Soros è il più importante sponsor ed esponente del soft power degli Stati Uniti.

Marina Silva è anche membro della Chiesa pentacostale di Dio, i cui fedeli si definiscono anche «cristiani sionisti» e sono tra i principali finanziatori dell’estrema destra israeliana. Nei salotti buoni di Washington viene sponsorizzata dai legali della Kissinger Associates. E nel corso di questi ultimi anni sia è dimostrata molto più favorevole a stringere affari economici con Washington rispetto alla Rousseff del Partito di sinistra dei lavoratori brasiliani, da cui si è dimessa nel 2009.

Madsen: «Qui a Washington la Silva viene considerata il candidato brasiliano di “Third Way” (Terza via). Il “Third Way” è un movimento internazionale che è stato utilizzato dai politici all’interno delle aziende, molte delle quali finanziate da Soros, per infiltrarsi e prendere il posto dei partiti storicamente a favore del lavoro, il Partito socialista e i partiti progressisti. I politici più importanti del “Third Way” sono l’ex presidente Usa Bill Clinton, l’ex premier britannico Tony Blair, l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, il liberale canadese Justin Trudeau, il presidente francese François Hollande, il primo ministro francese Manuel Valls, il presidente del consiglio italiano Matteo Renzi, l’ex premier portoghese Jose Socrates, l’ex premier israeliano Ehud Barak. E ancora, funzionari del Partito socialista brasiliano, dei Verdi, e dei Socialdemocratici, compresa la Silva, Neves, il compianto Eduardo Campos, e l’ex presidente Fernando Henrique Cardoso».

La ricercatrice dell’Istituto di alti studi in geopolitica e scienze ausiliarie (l’Isag) e latinoamericanista esperta di Brasile Simona Bottoni ha spiegato così quanto sta accadendo: «Sicuramente il quadro politico che si sta delineando in Brasile ha sorpreso un po’ tutti gli osservatori sia internazionali ma anche brasiliani stessi. Non ci si aspettava che al ballottaggio potesse arrivare Aécio Neves, i sondaggi davano con molta certezza un ballottaggio tra le due leader donna, Marina Silva e l’attuale presidente in carica Dilma Rousseff».

«Nel contesto internazionale il partito conservatore di Aécio Neves qualche cambiamento dovrebbe produrlo, il che andrebbe ad avere delle ripercussioni a livello geopolitico. Il Brasile ha un ruolo preminente nel Brics, avendo stretto accordi forti con la Russia, partner privilegiato in questi equilibri geopolitici che vanno sempre più spostandosi da un bilateralismo a un multilateralismo. Sicuramente ha una prospettiva di allargamento, gli obiettivi che si pongono i Brics dovrebbero andare in funzione a partire dal 2015-2016. Il Brasile di Dilma Rousseff ha cercato di muoversi all’interno del Brics in funzione antistatunitense, questo è molto chiaro, perché ha stretto accordi commerciali con la Russia di Putin, anche ad agosto scorso, proprio approfittando della crisi ucraina. Sono state incrementate le esportazioni di carni verso la Russia, poiché Putin ha bloccato l’export agroalimentare nei confronti degli Stati Uniti e dell’Europa nella querelle formatasi con l’Ucraina. Il Brasile diventa un Paese d’appoggio e di contraltare con cui avere scambi commerciali, che prima sarebbero stati conclusi con Paesi occidentali», ha proseguito l’esperta di geopolitica.

«Negli ultimi dodici anni è emerso questo ruolo in maniera ineluttabile. Il Brasile, prima quello di Lula, e poi quello di Dilma Rousseff, è stato ed è un Brasile che si vuole porre come player globale nei confronti di tutti gli altri Paesi che contano sullo scacchiere internazionale, stringendo accordi con i Paesi Brics, in America Latina e con la Cina. Questo sposta l’asse commerciale verso oriente, con particolare riguardo anche all’Africa, perché nella politica estera brasiliana c’è l’intenzione di non rinnegare le proprie radici, che sono quelle africane, e di essere di aiuto per quei Paesi senza questo sviluppo a portata di mano. Tutto ciò con Aecio Neves e il suo partito conservatore filo statunitense, che si dichiara pronto a sottoscrivere accordi di cooperazione con gli Stati Uniti, verrebbe messo in discussione», ha concluso Simona Bottoni.

La Rousseff, Putin, Pranab Mukherjee, Xi Jinping e Jacob Zuma stanno cercando di costruire un sistema economico, monetario e politico alternativo alle multinazionali nordamericane, al dollaro e alla Nato. «Se ciò accadesse gli Stati Uniti si troverebbero nel baratro, e con loro le economie strettamente collegate a Washington. Obama non lo potrebbe mai permettere», ha dichiarato il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman.

Grazie all’appoggio della Silva, Neves è balzato in vantaggio nei sondaggi: 54 a 46 per cento. Che cosa accadrebbe dopo la sua elezione Neves lo ha dichiarato più volte: «È ora di finirla con questo appoggio incondizionato a cleptocrazie e a dittature mascherato da qualcos’altro. Il Brasile non sarà più la stampella del Venezuela o della Bolivia, non chiuderà più gli occhi di fronte alla violazione dei diritti umani a Cuba, la smetterà di sorreggere economie come quella iraniana, chiuderà i ponti con governi antidemocratici come quello al potere in Cina, in Guinea Equatoriale o in Angola».

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