http://comune-info.net
10 giugno 2014

Le altre facce della Copa do Mundo
di Gloria Muñoz Ramírez

Ormai si attende solo il fischio dell’arbitro ma l’immenso popolo del pallone – in Brasile e altrove – non guarderà questo come altri mondiali del passato. Molto prima del calcio d’inizio, questa volta, si sono giocate diverse partite. La più importante delle quali è stata quella sulla possibilità di esercitare pensiero critico anche a costo di venire arrestati o accusati di essere nemici della patria e dello sport. S’era manifestata, quella possibilità, giusto un anno fa, Comune-info ne aveva fatto perfino un dossier. Sono ancora in pieno svolgimento, poi, partite altrettanto decisive come quella sulla geopolitica regionale o quella sulla campagna elettorale che si conclude a settembre, oppure quella sull’organizzazione di un evento militarizzato e riservato ai ricchi (il biglietto d’ingresso vale cifre impossibili per un lavoratore brasiliano) da far pagare – sul piano sociale – alla gente povera delle favelas. C’è, infine, la grande partita dell’estrattivismo urbano, il saccheggio irresponsabile e predatorio delle risorse naturali in aree metropolitane. Parla le lingue della forza e del denaro: per rubare alla gente bisogna sottometterla. Lo chiama così, anche in questa ampia intervista che ha concesso a Desinformémonos, Raúl Zibechi, autorevole studioso del Brasile “potenza” di questi anni e bussola nei fantastici mari del Sudamerica per Comune-info  

Raúl Zibechi è giornalista e scrittore uruguayano, uno degli analisti che conosce di più le sofferenze dell’America Latina. Impegnato con il mondo che si muove in basso e a sinistra (per un approfondimento dei concetti di abajo e arriba e di derecha e izquierda, secondo Zibechi, puoi vedere qui), Zibechi ha percorso il Brasile a partire dai movimenti. Frutto di questo suo cammino è Brasil potencia, un libro dedicato al “nuovo che sta nascendo in America Latina, a tutti i movimenti e le azioni di ribellione contro le nuove forme di oppressione come quelle dell’industria mineraria, delle monocolture, delle grandi dighe … e dei nuovi imperialismi …”.

Dal suo studio di Montevideo, Raúl condivide con i lettori di Desinformémonos il suo punto di vista su los abajos che si muovono intorno alla Coppa del Mondo, riflette sulla militarizzazione, gli sgomberi, la repressione e la prostituzione ma, soprattutto, sull’irruzione dei nuovi movimenti di cui sono protagonisti i poveri tra i poveri, quelli che faranno senza dubbio parlare ancora di séEcco l’intervista con Zibechi, uno dei primi allievi della Escuelita Zapatista.

Quale Brasile ospita la Coppa del mondo, in termini sociali, economici e politici?

Il Brasile che riceve il Mondiale, dal punto di vista dei settori popolari, è un Brasile che viene da decenni di politiche sociali che hanno provato ad alleviare la situazione di povertà. Era un paese di poveri,  oggi ci sono un po’ meno poveri ma il modello neoliberista brasiliano è ancora in piedi. Così una parte della popolazione non può sopravvivere con dignità se non facendo lavori precari. A partire dal giugno scorso, un anno fa, in piena Copa das Confederações della Fifa, il grosso della gioventù brasiliana ha detto: basta! Lo ha detto in primo luogo per rifiutare il brutale aumento dei prezzi. Dobbiamo tenere presente che per esempio il trasporto, una sola corsa, costa più di un dollaro (circa quindici pesos messicani). Stiamo parlando di condizioni di vita, a livello di salute ed educazione, con servizi molto precari e trasporti che nelle grandi città richiedono ore e ore per andare da una parte all’altra, molto cari e molto scomodi. All’inizio le mobilitazioni sono state contro l’aumento del prezzo dei trasporti, poi contro la repressione, perché in Brasile c’è una polizia militare che viene da un’altra epoca. Fu creata con l’abolizione della schiavitù, oltre un secolo fa, proprio per contenere i poveri. È una polizia brutale. La gente ha dunque cominciato a dire: basta! Per tutto il mese di giugno del 2013 ci sono manifestazioni in 353 città del Brasile. Sono proteste contro la politica economica e contro il Mundial, perché il Mundial comporta lo sgombero, lo sfollamento di oltre 200 mila persone per fare aeroporti, strade, questo è l’importante, il nuovo. Il fatto che a partire da un certo momento, cominciano a farsi vedere quelli che stanno più in basso, quelli delle favelas, i favelados, i più giovani, i più poveri, i neri …Questi settori hanno iniziato a mobilitarsi dal giugno scorso. Poi sono venute le occupazioni di massa di luoghi pubblici come i malls, che hanno preso il nome di rolezihnos (il rolé è un modo di uscire a divertirsi). Hanno fatto grandi occupazioni di vari shopping di lusso suscitando, come risposta, una repressione molto forte. Ora, nell’ultimo mese, sono cominciate le mobilitazioni nelle favelas. L’emergere dei favelados è una cosa che non si può nascondere, è successo a San Paolo e a Rio de Janeiro. Lo dico perché bisogna tener conto che finora i favelados non si mobilitavano, sapevano che se le classi medie che manifestano vengono represse con proiettili di gomma, ma a loro sono riservati i proiettili di piombo. La coscienza del livello di violenza della repressione, per molto tempo aveva provocato un arretramento nella mobilitazione, adesso però i manifestanti stanno perdendo la paura. E bisogna fare attenzione perché i favelados in Brasile sono tanti. Soltanto a Rio sono 2 milioni e 700 mila sui 12 milioni di abitanti della città. È una percentuale importante di persone quella che sta dicendo: “basta!”. Tutto questo è destinato a modificare radicalmente la situazione politica in Brasile. Non so se accadrà in questo Mundial, ma siamo già in un processo nel quale i “poveri poveri” non si fermano più.  

E nella politica che sta in alto che sta succedendo con queste “sinistre” al potere? Che accade nel Brasile di sopra e nel governo di Dilma Rousseff?  

Questo è un anno elettorale nel quale Dilma Rousseff si presenta perché venga rieletta nel mese di novembre, tre mesi dopo la fine del Mundial. Il Partido do Trabalhadores (Pt) compete in un momento molto difficile. Dopo dodici anni di governo è logorato, le politiche sociali ed economiche sono in difficoltà, mostrano i loro limiti. Bisogna considerare tutto questo nel contesto dell’offensiva che gli Stati Uniti e tutto il blocco del Nord hanno sferrato contro i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), e i paesi del sud, per disciplinarli. Si sta vedendo molto chiaramente anche in Ucraina, con poche eccezioni come quella della Germania, che non vuole la guerra o lo scontro: il grosso della Nato, gli Stati Uniti, e la grande maggioranza dei paesi dell’Europa sono su una posizione molto dura. A quanto sembra, le oligarchie finanziarie pretenderebbero che il Pt non vinca nuovamente le elezioni. Vogliono disciplina in Brasile. Il governo del Pt e Dilma sono attaccati dalla destra e da quelli che stanno in basso, in uno scenario abbastanza difficile per l’appuntamento elettorale. Anche se Dilma continua a essere la favorita, ha sempre meno margini di vantaggio.

Quando emergono movimenti che mettono in discussione in modo sostanziale governi considerati progressisti, in questo caso quello della presidente Dilma, li si accusa di essere reazionari, di fare il gioco della destra, di non creare unità, etc. Come viene vissuto questo in Brasile?

Si sta dicendo proprio tutto questo. Gli intellettuali del Pt non cessano di dire che è una politica che favorisce la destra. C’è anche una politica del governo tesa a creare dei movimenti simili al Passe Livre, movimenti con la stessa logica ma subordinati al governo. Durante il Mundial, a Rio de Janeiro il governo sta programmando grandi festival, che si terranno però in spazi chiusi, al fine di dissuadere la gente dal manifestare. Il grande tema è che in Brasile nei mesi di giugno e luglio non ci devono essere manifestazioni, per questo hanno occupato con duemila militari la favela più grande: il Complexo Da Maré, che ha 130 mila abitanti. Stanno cercando di impedire le mobilitazioni a tutti i costi, perfino il Movimento dei Sem Terra ha già chiesto che durante il Mundial non ci siano manifestazioni. In questi giorni, il dibattito in Brasile è molto intenso. C’è una forte ostilità verso i Comitati della Coppa del Mondo (un’organizzazione formata per protestare contro i costi del Mundial), si vuole che non si mobilitino, è un’ostilità ideologica e politica. Per ora, tuttavia, loro sono decisi a mobilitarsi, ma vedremo se potranno farlo perché saranno necessarie determinate condizioni.

Oltre alla repressione, immaginiamo che ci sia un altro fattore contro le mobilitazioni: quel che rappresenta il calcio per il popolo del Brasile, dove è radicato in tutti gli strati sociali…

Sì, però in Brasile sta succedendo qualcosa che nessuno di noi sospettava. I sondaggi, che sono sempre un po’ interessati o conservatori, hanno scoperto che il 50 per cento dei brasiliani è contro la Coppa del Mondo. È molto sorprendente in un paese che ama tanto il calcio come il Brasile, ma lo si può comprendere perché i movimenti hanno fatto un lavoro di divulgazione molto interessante, al quale hanno partecipato anche alcuni calciatori. Una cosa che ha un grande merito perché la Fifa non tollera la critica.

Ronaldihno ha fatto delle dichiarazioni …

È così, molto interessanti. Ronaldihno è la punta di iceberg di un gruppo di grandi calciatori che vivono in Brasile; altri, come Kaká, che sta in Europa, hanno compreso che la Coppa del Mondo è un modo di speculare molto forte e feroce contro i popoli. E poi c’è qualcosa in più: in Brasile è stato presentato un libro che raccoglie le esperienze della Coppa del Mondo in Sudafrica e Germania. Spiega come il campionato mondiale in questi due paesi, ma soprattutto in Sudafrica, abbia fatto crescere la disuguaglianza.

Pensi che stia avvenendo una presa di coscienza sui bilanci di questi mega-eventi sportivi?

Quel che sta avvenendo è che per diverse ragioni la gente sta diventando più sensibile. Stiamo cominciando a chiamare “estrattivismo urbano” gli sgomberi che stanno avvenendo, e la gente lo sta di certo notando. Io sono stato in favelas dove le minacce di sgombero sono permanenti. A Rio de Janeiro c’è una favela, la più antica del Brasile, che è stata creata dai soldati smobilitati della guerra di Canudos, quelli che stavano dalla parte del popolo. Sono perseguitati dal capitale speculativo che vuole mettere in un angolo gli abitanti. Arrivano con la vernice gialla e mettono un numero sulla casa, vuol dire che in qualsiasi momento potrà essere abbattuta. D’altra parte, si sta cominciando a denunciare il fatto che i campionati mondiali favoriscono la prostituzione, e concretamente proprio quella di bambine e bambini. Insomma, si fanno tante denunce molto ben pensate e molto bene preparate dai Comitati della Coppa e delle Olimpiadi, che sono stati creati in occasione dei Giochi Panamericani del 2007 di Rio, dove si verificò un altro disastro. I Comitati stanno facendo un lavoro veramente meraviglioso, e non lo fanno perché esca sulla stampa ma si tratta di un lavoro quotidiano vero, di denuncia e organizzazione nelle comunità che vengono colpite.

Prima parlavi del paragone con i campionati mondiali del Sudafrica e della Germania, c’è anche la Grecia, dove ancora sentono le conseguenze dei Giochi Olimpici… 

Senza dubbio, perché le città restano sconvolte, vengono realizzate grandi opere. Mi ricordo di quando sono stato in Grecia, con la stessa gente che hai visto anche tu, mi raccontavano dell’aeroporto, dell’autostrada e di un mucchio di altre costruzioni. Tutto era nuovo e le città che rimangono indebitate.

Indebitate e sorvegliate con i meccanismi di sicurezza…

Chiaro. In Brasile, oltre a questi meccanismi di vigilanza, lo Stato mobiliterà 250 mila effettivi tra soldati, polizia militare e poliziotti comuni. Soldati della marina, dell’esercito, della forza aerea, stanno applicando dispositivi di vigilanza marittima ed elettronica negli aeroporti. Avranno uno spiegamento e una forza che prima non avevano e che certo rimarrà anche dopo il Mundial. Controllare una favela per tre mesi, in quel modo, dal primo aprile al 31 luglio, quando finisce la Coppa del Mondo, fa parte di una politica che resterà in vigore e avrà conseguenze sul lungo periodo.

Allora, il controllo militare che si stabilisce durante il torneo sportivo, rimane come controllo sui cittadini?

Certamente e c’è qualcosa di ancora più terribile. I militari brasiliani dicono che stanno applicando nelle favelas la stessa tecnica che hanno collaudato a Haiti. Se si guarda l’intervento dei paesi del Cono Sud, molti dei quali hanno governi progressisti, si vede, tra le molte altre cose, uno sfondo politico di controllo della popolazione. È qualcosa che è venuto per restare, che non se ne andrà presto. È come un giro di vite più a fondo sul controllo sociale.

Andando più a fondo sulla parte economica, cosa si può pronosticare per il Brasile dopo il Mundial e i Giochi Olimpici?

Non a caso i responsabili del Mundial non parlano di questo. E non ne parlano non perché il Brasile è un paese con una situazione economica molto complicata, ma proprio perché stanno nascondendo ciò che avverrà il giorno dopo i mega-eventi. Esattamente ciò che invece vogliono discutere i movimenti. Non è chiaro ciò che avverrà. Apparentemente i conti dello Stato brasiliano sono compromessi, il Brasile subisce una forte concorrenza nelle esportazioni con la Cina. In Argentina e in altri paesi della regione. le esportazioni cinesi stanno spodestando quelle brasiliane. Quello che sembra evidente è che la vulnerabilità del paese e della popolazione, con i Giochi Olimpici e il Mundial, non sarà minore ma maggiore. Il Brasile è in un momento di rottura molto difficile, perché le politiche sociali che ha applicato il governo di Lula nel 2003 sono arrivate a un limite, non hanno più la capacità di imporre disciplina o di soddisfare le necessità della gente. Questo fatto avrà conseguenze molto forti nel breve periodo.

Tornando al Movimento dei Sem Terra, una delle organizzazioni sociali più importanti in Brasile, qual è il ruolo che sta giocando in questo momento, oltre a evitare le mobilitazioni durante il Mundial?

Il Mst è molto grande e negli ultimi 30 anni ha giocato un ruolo veramente importante in Brasile. Ha avuto, inoltre, la capacità di formare generazioni di giovani, compresi molti dei giovani urbani che oggi sono nel movimento Passe Livre. Di recente il Movimento dei Sem terra ha tenuto un congresso molto importante (credo sia stato il sesto congresso), dove ha spiegato che il problema non è più la riforma agraria, la tradizionale ripartizione delle terre del vecchio latifondismo. Oggi il principale problema è combattere l’agro-business. Questo mette il movimento direttamente di fronte al governo di Dilma, che ha molti legami con il Mst e fornisce molto sostegno materiale. Io credo che il Mst si trovi in una situazione complicata, perché non può continuare a essere filo-governativo, come è stato finora; nello stesso tempo gli costa molta fatica criticarlo, il governo, non solo per i sostegni che riceve ma proprio per come è fatto il Mst. Siamo di fronte a una situazione nella quale il movimento è molto sotto pressione, ha un’etica importante, come una riserva morale, e questo forse sarà ciò che lo aiuterà. Ciò che posso notare è che in questo momento c’è una certa distanza tra il Mst e i movimenti urbani. Non posso esprimere opinioni su quello che ciascuno di essi fa perché non mi spetta, ma posso constatare che questa distanza esiste e che genera i suoi problemi. Oggi per il Mst la situazione è abbastanza complicata.

Che lezioni lascerà all’America Latina quel che avviene in Brasile? La congiuntura eccezionale  del Mundial  mostra cose che sicuramente già esistevano, o processi che seguivano il loro corso, ma quali saranno le lezioni da trarre da ciò che avverrà in questi mesi?

Sì, sono in corso processi che già esistevano,  forse ora si acutizzano, si intensificano o diventano visibili con maggior nitidezza. A me sembra che il Brasile sia un paese molto importante per la nostra regione, tutto ciò che avviene in Brasile avrà grandi conseguenze sul continente. Ho l’impressione che il Brasile sia in un momento molto delicato, di logoramento, credo che il suo ruolo tanto nella regione come nel mondo abbia bisogno di una aggiustamento, e ciò che vedo è che l’offensiva degli Stati Uniti nell’America del Sud porterà coloro che governano in Brasile, a un certo momento, a dover decidere. Il Brasile si è abituato fino ad ora a navigare tra due acque e forse non può continuare a farlo senza scontrarsi radicalmente con nessuno. Siamo a un punto in cui gli attuali equilibri tendono a modificarsi e credo che il fattore che stia forzando la mano sia l’irruzione di quelli che stanno sotto. Un altro fattore che sta spingendo a fare dei cambiamenti (cambiamenti che in Messico si vivono da alcuni anni), è la crescente intransigenza delle élites dominanti negli Stati Uniti, soprattutto dalla crisi del 2008 in poi, che hanno visto i loro margini di manovra ridursi ogni volta. Mi pare che questo stia segnando alcune urgenze che finora i movimenti non contemplavano e che faccia sì che bisogna cambiare, bisogna prendere delle decisioni. In Brasile e nella regione sudamericana i tempi si stanno accorciando, lo abbiamo visto anche in Venezuela, dove c’è una forte irruzione della destra e c’è anche un crescente spiegamento dell’autoritarismo statale. Siamo in uno di quei momenti nei quali è necessario prendere decisioni, un momento di urgenze, e bisogna fare in modo che queste urgenze non implichino un tradimento dell’etica. C’è un’etica che deve essere al di sopra di tutto e non può essere tradita, per quanto la situazione sia urgente, questo è ciò che ci hanno insegnato alla Escuelita Zapatista. Uno non può, per quanto l’urgenza sia grande, guardare da un’altra parte e dire: “Bene, è la stessa cosa questo o l’altro”. Bisogna mantenere la dignità, i principi, non si possono ammainare le bandiere perché le cose si sono fatte complicate. Il fatto che il governo brasiliano occupi con i militari una favela sta dicendo in quale direzione va quel progressismo. Il progressismo sta mantenendo un livello repressivo ogni volta maggiore e mi riferisco ai casi dell’Argentina, del Brasile e un po’ anche dell’Uruguay. Qui in Uruguay abbiamo avuto dei dibattiti molto interessanti su come il progressismo possa concedere diritti alle lesbiche, ai travestiti, ai consumatori di marijuana, possa concedere anche il matrimonio con pari diritti, ma poi i più poveri vengono repressi in modo molto duro. Allora siamo in un doppio gioco.  

Nota: questa intervista è uscita nel maggio scorso su Desinformémonos.Titolo originale: El Brasil que recibe la Copa del Mundo. Traduzione per Comune-info: m.c. La pubblichiamo nei giorni dell’apertura del Mundial perché ci sembra ancora il testo più interessante per uno sguardo complessivo sul paese di Neymar prima del calcio d’inizio. Nel diluvio giornalistico (anche italiano) che si sta abbattendo sul Brasile prima del calcio d’inizio, ci limitiamo a consigliare un solo articolo, quello di Silvestro Montanaro, “Due parole sui Mondiali in Brasile“, che potete leggere sul diario facebook dell’autore dei grandi reportage di C’era una volta, il programma dissenatamente chiuso dalla Rai nel 2013, oppure su Carlinho Utopia 


http://carlinhoutopia.wix.com/carlinhonews#!
due-parole-sui-mondiali-in-brasile-di-s/cqxu, il blog del Brasile che non ci raccontano, che sarà certo una delle migliori fonti d’informazione anche durante la Coppa.

top