Originale: The Huffington Post
http://znetitaly.altervista.org/
23 maggio 2014

Dentro la sconvolgente ascesa dei partiti fascisti in tutta Europa
di Robert Kuttner
Traduzione di Maria Chiara Starace

Mentre continua la depressione in Europa sei anni dopo il crollo finanziario del 2007-2008, aspettatevi che i partiti di destra guadagnino molto nelle elezioni di questa settimana per il parlamento dell’Unione Europea. E perché no? I partiti dell’establishment dell’Europa di centro destra e di centro sinistra hanno messo le politiche di austerità e gli interessi delle banche davanti a un reale recupero economico delle persone comuni.

Più di 20 anni fa, quando l’Unione Europea ha creato la sua costituzione sotto forma del Trattato di Mastricht, la speranza era che l’Europa sostenesse un accordo sociale che mettesse i cittadini al primo posto. L’Europa, specialmente l’Europa del Nord, era un modello di stipendi decenti, di benefici sociali per tutti e di regolamenti che impedivano che la ricchezza sommergesse la condizione di essere cittadini.

Oggi, tuttavia, i governi di centro o di centro-destra che  appoggiano l’austerità oppure la approvano, governano in ogni importante capitale d’Europa, tranne che in Francia, e la Francia è troppo debole per andare per conto suo. La crisi economica con l’elevato livello di disoccupazione non fa altro che stimolare maggiore emigrazione, che mette pressione sui mercati locali del lavoro e spinge la classe operaia locale sempre più nelle braccia dell’estrema destra nazionalista.

In Europa, i partiti proto-fascisti che sono anti-immigrati, anti-Islam, anti-semiti e anti Unione Europea sono adesso i secondi o terzi più grande partiti in una cintura di ex società liberali che corre dalla Norvegia e dalla Finlandia all’Olanda e alla Francia. In Ungheria, dove il partito Fidesz nazionalista anti-democratico governa di già, il Partito Jobbik più estremista sta registrando  un ulteriore aumento.

Abbiamo già visto prima questa situazione. Il fascismo europeo è stato nutrito in un clima di grande disoccupazione e di ortodossia economica. Dopo la I Guerra Mondiale, le elite di quell’epoca si preoccupavano di più di sostenere il valore della valuta e di raccogliere i debiti di guerra che della vera condizione dell’economia.

Le democrazie hanno perduto legittimità presso il loro popolo. Quando la stagnazione degli anni ’20 è peggiorata arrivando alla profonda depressione degli anni ’30, la gente ha rinunciato alla democrazia.

Alle grosse banche e alle grosse aziende, in posti come la Germania nazista e l’Italia fascista, piaceva  davvero molto il crollo della democrazia. Il fascismo classico era un’alleanza di uno stato autocratico, di elite finanziarie e di persone ordinarie timorose che barattavano l’ultra-nazionalismo con gli imprevisti della democrazia che per loro non portava loro benefici.

Se questo vi suona famigliare, si sta ripetendo oggi. La Banca centrale europea e la leadership politica dell’Europa, con la Cancelliera tedesca Angela Merkel, ha messo per prime le necessità delle banche e la gente per ultima. Non abbiamo ancora il fascismo “in fiore” ma ne abbiamo le precondizioni.

Un sondaggio fatto dal gruppo Open Europe prevede  che i partiti contrari al sistema potrebbero vincere 218 seggi su 751 o il 29%,  alle elezioni parlamentari europee di questa settimana. Questo vuol dire un aumento rispetto al 21% nel parlamento attuale.

Una svolta inattesa è che l’austerità funziona per la Germania, dove in effetti l’euro è una moneta sottovalutata. Non c’è molta attività dell’estrema destra questa volta, in Germania, perché i tedeschi godono di prosperità economica. La Germania è in grado esportare la sua disoccupazione. Ma quasi nessun altro può farlo.

La Germania, la terra che ci ha dato la parola rivelatrice schadenfreude (gioia a spese della sofferenza altrui) sta traendo profitto dalla sofferenza del resto dell’Europa. Malgrado la molta  esperienza del fascismo, la Germania sembra ostinatamente cieca a quello che accade quando le persone vengono spinte al punto di rottura.

Mentre gli oligarchi dell’economia maltrattano le vite dei lavoratori, la gente disperata rinuncia al governo democratico come contrappeso e si rivolge verso l’ultra-nazionalismo e l’estrema destra. C’è una bizzarra alleanza tra i plutocrati e

coloro che vanno verso il basso. Le elite stanno facendo un sacco di soldi.

Il grande profeta di questo pericolo non è stato Karl Max, ma un filoso della politica del 20° secolo che si chiamava Karl Polanyi. Come ha scritto Polanyi, descrivendo le tendenze distruttive delle elite del mercato nel 19° secolo e la scivolata verso il fascismo dopo la Prima Guerra Mondiale: “La soluzione fascista dell’impasse raggiunta dal capitalismo liberale può essere descritta come una riforma dell’economia di mercato raggiunta a prezzo dello sradicamento di tutte le istituzioni democratiche.”

Come ho scritto di recente su The American Prospect, questo mese è il 70°anniversario della pubblicazione del classico testo di Karl Polanyi: The Great Transformation [La grande trasformazione], che era stato pubblicato nel maggio del 1944. E’ anche  il 50° anniversario della morte di Polanyi, avvenuta nel maggio 1964.

L’idea di Polanyi è che se vogliamo che la democrazia sopravviva, dobbiamo stare attenti ai  signori della finanza e ai loro alleati nell’ideologia che vendono utopie di libero mercato.

L’Unione Europea è stata un progetto di statisti lungimiranti che hanno capito l’avvertimento di Polanyi e che volevano evitare una ripetizione della II Guerra mondiale. L’idea era di contenere la Germania in una totalità democratica più ampia, e di creare un equilibrio socialmente sostenibile tra economia di mercato e cittadinanza democratica.

I fondatori del progetto europeo del dopoguerra hanno imparato dalla storia. Se la gente dovesse rifiutare il totalitarismo della destra o della sinistra, i governi non avrebbero necessità di distruggere le vite e le libertà in nome di qualsiasi astrazione: o l’ideale di una razza superiore, la dittatura del proletariato o il dio del lasciare che accada. Ma nel periodo antecedente al crollo del 2008 e  nel periodo successivo, l’UE è alla fine ha rappresentato l’austerità per la gente comune e le protezioni sociali per le banche.

La tragedia del momento attuale è che mezzo secolo di politica si sta distruggendo in cerca di una concezione dell’economia che serve soltanto ai banchieri e ai possessori di obbligazioni. Non sorprende che la gente non abbia nulla di questo.

Il caustico drammaturgo tedesco Berthold Brecht, sentendo che un burocrate aveva riferito che il governo aveva perduto la fiducia della gente, ha suggerito che forse il governo doveva dissolvere la gente e trovarne altra. Questo, naturalmente, è quello che fanno i dittatori, dato che barattano i cittadini con i leccapiedi. L’Unione Europea corre il grave rischio di crollare in un progetto di elite che hanno perduto la fiducia del popolo.

Qui in patria, non siamo in una vera e propria depressione, ma vediamo la stessa bizzarra alleanza tra i ricchissimi e coloro che sono preoccupati per la situazione economica. Vediamo gli stessi che non sanno nulla che urlano  contro il governo e la stessa distruzione della democrazia, a opera di blocchi faziosi, di governo dei plutocrati e di corti corrotte. E vediamo un governo di centro-sinistra troppo compromesso e indebolito per poter governare.

Come ha scritto Thomas Piketty nel suo famoso libro, Capitalism in  the 21st Century [Il capitalismo nel 21° secolo], la metà del ventesimo secolo è stato un periodo  eccezionale in una storia dipiù di 200 anni di ricchezza sempre più concentrata. Una delle cose più eccezionali dell’era post bellica era che quella robusta democrazia non soltanto dava ai lavoratori una porzione maggiore del prodotto economico totale del sistema, ma rendeva i lavoratori attori nel progetto democratico.

Oggi rischiamo di perdere sia una porzione socialmente  giusta di produzione economica che la democrazia stessa. Non dovremmo essere sorpresi quando le persone disperate si rivolgono verso il nazionalismo e anche peggio.


Robert Kuttner è l’ex condirettore della rivista The American Prospect e socio anziano di Demos. Il suo libro più recente è: “Obama’s Challenge: America’s Economic Crisis and the Power of a Transformative Presidency.” [“La sfida di Obama: la crisi economica dell’America e il potere di una Presidenza trasformativa.”]


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/inside-the-troubling-rise-of-fascist-parties-across-europe

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