http://comune-info.net
9 aprile 2014

Cosa vuoi fare da grande?
di Mickey Z.

“È cominciato come un errore”. Con questa riga di apertura audace Charles Bukowski ha lanciato il suo primo romanzo Post Office (1971). Altri avevano contestato la decantata etica del lavoro statunitense prima … ma nessuno con lo stile, la vendetta e l’esperienza di un uomo che chiamavano Hank.

Negli Stati Uniti, il tema del lavoro penetra in molti aspetti della nostra vita. Considerate la domanda più comune che ci viene rivolta dal momento che siamo abbastanza grandi per capirla: “Cosa vuoi fare da grande?”.

Il presupposto inespresso in tale questione, naturalmente, è che il bambino o l’adolescente a cui viene ricolta non è niente in quel momento … ma sarà qualcuno quando sarà in grado di trascorre otto-dieci ore al giorno in un cubicolo per macinare numeri sotto la luce artificiale al suono di Muzak (nome di un’azienda statunitense nata negli anni Trenta, oggi utilizzato per alludere alla musica di sottofondo dei locali commerciali, ndt).

Liberarsi da questa formula che tende a uniformare è diventato sempre più difficile, così come viene percepito il valore, di solito sinonimo di materiale che guadagna potere e materiale da consumare. Bukowski ha deriso e decostruito questo edificio statunitense, scrivendo in Post: “Qualsiasi idiota può elemosinare qualche tipo di lavoro; ci vuole un uomo saggio per farlo senza lavorare“.

E sapeva di quello che scriveva. Per sostenere la sua attività di scrittura, Bukowski ha faticato in una vasta gamma di posti di lavoro come lavapiatti, autista di camion e scaricatore, postino, guardia, benzinaio, magazziniere, parcheggiatore, lavoratore della Croce Rossa, operatore di ascensore. Altri luoghi di lavoro sono stati una fabbrica di biscotti per cani, una fabbrica di torte e biscotti e le metropolitane di New York, dove ha appendeva manifesti. Poi, naturalmente, sono arrivati gli anni presso l’ufficio postale … gli anni che racconta nel suo leggendario primo romanzo.

«Non troverete Bukowski nelle liste di lettura della maggior parte dei professori inglesi, perché Bukowski scrive troppo chiaramente“, dice il romanziere Anis Shivani. “Non è possibile falsificare il suo messaggio per far sembrare la vita borghese tutta bella, dopo tutto”.

“Bukowski ha scritto di uomini e donne come si butta giù un bicchiere di birra, sulla resistenza, la rabbia, il desiderio, il sesso e, soprattutto, di se stesso”, spiega William Booth, uno scrittore e collaboratore del Washington Post. “Era un bestseller in Brasile; la sua poesia viene insegnata agli studenti delle scuole superiori in Francia; negli Stati Uniti, ai suoi tempi, era un simbolo di ribellione“.

Quella ribellione vive ogni volta che una libreria ha su uno scaffale con Post Office e altri libri di Bukowski dietro il bancone per evitare il furto. I libri di Hank, a quanto pare, sono i più comunemente rubacchiati. Come mi ha spiegato una volta il proprietario di un negozio di libri: “Bukowski era uno scrittore anti-establishment, ha preso un sacco di rischi e praticamente ha fatto quello che voleva. Forse la gente considera rubare i suoi libri come un atto di solidarietà. A causa dello stile di Bukowski, molto probabilmente pensano sia giusto rubare i suoi libri; si tratta di un gesto contro l’establishment”.

E tutto è cominciato come un errore.

 


Mickey Z, ovvero Michael Zezima, è scrittore ma anche giornalista e fotografo (la foto in alto è sua), e vive a New York. Autore di oltre dieci libri, il più recente è il romanzo Darker Shade of Green (tra quelli tradotti in Italia «Salvate Il Soldato Potere: I falsi miti della Seconda Guerra Mondiale», Il Saggiatore). Fino a quando la legge non cambierà o finirà l’’energia elettrica, potete trovarlo in un paio di oscuri siti web chiamati Facebook e Twitter. Chiunque desideri sostenere i suoi sforzi da pensatore critico, da sempre nei movimenti sociali, può farlo con una donazione qui. Comune è il sito in Italia al quale invia periodicamente i suoi articoli. Questo articolo è stato pubblicato anche su worldnewstrust.com (con il titolo originale Bukowski Quits at the Post Office). Altri articoli di Zezima sono qui.


Leggi Anche

Il rifiuto creativo dell’ideologia del lavoro [Chris Carlsson]
Sempre più persone quando non sono al lavoro a fare soldi, sono impegnate gratuitamente e duramente su progetti che hanno scelto, nei quali possono creare. In quel modo smettono di sostenere l’ideologia del lavoro e dell’autosfruttamento

Smettiamola di preoccuparci del lavoro [Francesco Gesualdi]
La domanda giusta da porci non è come si fa a creare lavoro, ma come si fa a garantire a tutti una vita dignitosa. Qualche risposta la offrono la riduzione dell’orario di lavoro, gli scambi non monetari, l’autogestione delle cooperative

Mettiamo in comune [John Holloway]
Come misuriamo la ricchezza? Attraverso il denaro, le persone più ricche sono quelle che accumulano più denaro, sembra ovvio. E invece non lo è. John Holloway ci ricorda che sotto l’apparente solidità del denaro c’è un liquido che bolle: é la nostra ricchezza – quella prodotta dal nostro fare, dalla nostra attività creativa – che lotta contro la sua astrazione-negazione in forma di merce.

Lavorare meno e viver meglio [Florent Marcellesi]
Nei movimenti spagnoli di resistenza all’austerity si ragiona della proposta di riduzione dell’orario di lavoro a ventuno ore e di reddito di cittadinanza. I lavoratori vanno tutelati ma l’idea di lavoro va ripensata. Attività domestiche, di volontariato, artistiche, sociali: c’è vita oltre la crescita

Dalla precarietà alla convivialità [Gustavo Esteva e Irene Ragazzini]
Pezzi di società latinoamericana mettono in discussione le condizioni di precarietà costruendo relazioni di mutuo soccorso e solidarietà tra buen vivir e convivialità. Un lungo saggio le analizza e le confronta con il contesto europeo

Trabajar menos, vivir más: un tema per archeologi? [Eduardo Galeano]
Il grande scrittore-uruguayano ragiona sul tema del lavoro. Storie e analisi su come ovunque le conquiste operaie vengono gettate nella spazzatura. Galeano dice anche che è il momento per ridurre il tempo di lavoro e ampliare gli spazi di libertà

Decrescita e diritto del lavoro [Serge Latouche]
Un punto di vista critico, da un blog dedicato al pensiero di Serge Latouche. La riduzione drastica del tempo di lavoro costituisce una prima protezione contro la flessibilità e la precarietà.

Il non-lavoro è un modo di fare la rivoluzione? No, di viverla [Philippe Godard]
Abbiamo interiorizzato il lavoro da non poterlo più mettere in discussione, se non ragionando sul senso della vita. Ebbene, è ora di farlo

top