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11 settembre 2014

Il prezzo, da pagare, per l’indipendenza della Scozia I^parte di tre, (continua sotto)

Anche la Royal Bank of Scotland ha annunciato che sposterà la sua sede in Inghilterra se dovesse vincere il sì all’indipendenza. E non è la prima azienda che progetta questa dismissione dal territorio scozzese

L’economia dell’intero Regno Unito rischia grandi contraccolpi se il 18 settembre la maggioranza degli scozzesi aventi diritto al voto per il referendum sull’indipendenza metterà una croce sul sì. Non solo la Scozia infatti dovrebbe fare i conti con una macchina economico-finanziaria da mettere in moto quasi ex novo, ma anche per il resto del Regno Unito ci sarebbero grossi problemi. Intanto alcune grandi aziende stanno facendo sapere la loro posizione se dovesse vincere il sì, alimentando anche qualche dubbio sulla correttezza di questa operazione.

La Royal Bank of Scotland sposterà la sua sede in Inghilterra in caso di vittoria del «sì» nel referendum del 18 settembre per l’indipendenza della Scozia. A confermano in una nota è lo stesso istituto bancario britannico. «Ci sono una serie di significative incertezze legate all’esito del voto in Scozia», sottolinea Rbs. Per questo motivo la banca «ha intrapreso piani di emergenza per le possibili conseguenze sul business di un ‘sì’ al voto.

Rbs ritiene che sia la cosa più responsabile e prudente da fare a difesa dei suoi clienti, dipendenti e azionisti». Nell’ambito del piano di emergenza Rbs ritiene «che sarebbe necessario un trasferimento della sede in Inghilterra». Questo, comunque, «non avrà alcun impatto sui servizi bancari quotidiani utilizzati dai nostri clienti». Il voto per l’indipendenza, conclude Rbs, «è una questione che riguarda il popolo scozzese. La Scozia è stata la patria di Rbs dal 1727. Rbs intende mantenere un livello significativo delle sue operazioni e della sua occupazione in Scozia».

Ma questa decisione della Banca scozzese fa il paio con quella che avrebbero annunciato ieri, in quello che il Daily Mail definisce il “Black Wednesaday“, due importanti colossi dell’economia britannica : la Standard Life e la British Petrol che hanno ammonito sui rischi di un voto favorevole all’indipendenza per l’economia della Scozia. Ed entrambe potrebbero smobilitare in parte piuttosto ampia i loro uffici nella regione per trasferirli in Gran Bretagna.


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14 settembre 2014

Il prezzo da pagare per l’indipendenza scozzese, II^parte

La seconda parte del nostro tentativo di capire cosa può accadere in termini di conseguenza se la Scozia diventasse indipendente

Ad oggi il 52 per cento degli scozzesi voterebbe no al referendum per l’indipendenza della Scozia dalla Gran Bretagna. Tre giorni fa, riprendendo una notizia della Royal Bank of Scotland, abbiamo cercato di illustrare quale fosse uno dei pericoli per gli scozzesi se al referendum del prossimo 18 settembre vincessero i sì.

Ovvero il fatto che molte importanti aziende, a cominciare proprio dall’istituto di credito, hanno dichiarato che se la Scozia diventasse uno stato a sè stante, sposterebbero le loro ragioni sociali e le sedi principali in Gran Bretagna. Un problema non da poco che ne introduce almeno altri due – poi ci occuperemo degli altri – di particolare rilievo.

La Scozia diventa indipendente e che fa con la moneta? Mantiene la sterlina? Entra nella zona euro? Ne conia una tutta nuova? L’ultima alternativa è davvero la più complicata, lunga e costosa dunque ci sarebbe da escluderlo. La seconda significherebbe che il nuovo stato entrasse a far parte dell’Unione Europea che allo stato delle cose appare anche questa un’operazione piuttosto difficile e soprattutto come tengono a far notare da Bruxelles, è inusuale : uno stato che nasce ex novo separandosi da uno già membro. Il che non vuol dire che non si possa risolvere, ma per la burocrazia si sa, le novità sono una cosa spaventosa.E c’è l’opposizione di alcuni stati membri

Dunque la soluzione migliore sarebbe quella di mantenere la sterlina – si registra l’opposizione della Bank of England che ne fa una questione di “incompatibilità con la sovranità – anche senza bisogno di stabilire un accordo particolare con Londra.

L’altro grande problema è quello del nucleare. Il programma nucleare del Regno Unito si chiama Trident, ed ha base a Clyde, dalle parti di Glasgow. Lì sono di stanza 4 sottomarini nucleari che rappresenterebbero un problema perché la maggior parte degli scozzesi non è a favore delle armi nucleari dunque coloro che oggi si battono per l’indipendenza assicurano che la Scozia entro 6 anni uscirebbe dal programma Trident. Il che può cambiare alcuni equilibri nella zona del mare del Nord, un punto considerato assolutamente strategico dal punto di vista militare.

Il mare del Nord ha anche un’altra peculiarità intorno alla quale girano diverse situazioni decisive: il petrolio. Ne parleremo nel prossimo post dedicato all’argomento.


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17 settembre 2014

Il prezzo dell’indipendenza scozzese III^parte

Terza ed ultima parte della nostra analisi delle conseguenze dell’eventuale indipendenza scozzese. Si vota domani.

Ormai ci siamo: domani gli scozzesi andranno al voto per decidere se voglio staccarsi dalla Gran Bretagna e diventare uno Stato a sè, una Nazione che decide da sola del suo destino politico economico, giuridico e quant’altro. Gli ultimi sondaggi danno leggermente in vantaggio il partito del no all’indipendenza (52 per cento) rispetto a quello del sì(48%) me c’è da considerare il partito degli indecisi che è intorno al 10 per cento che potrebbe cambiare l’esito del voto.

Come abbiamo scritto molto in queste settimane, le conseguenze del distacco della Scozia sarebbero molrte ed alcune molto negative non solo per la Scozia stessa, ma per l’Inghilterra e per l’Unione Europea addirittura. Economia, politica, questioni militari, rapporti internazionali, equilibri interni.

Per esempio. I laburisti avrebbero da perdere davvero molto visto che la Scozia è laburista molto più della media britannica: nelle ultime elezioni dei 59 deputati eletti in Scozia, 49 erano laburisti ed uno conservatore. La vittoria del sì avrebbe gravi conseguenza anche sul premier Cameron che sarebbe in enormi difficoltà, al punto che sarebbe probabilmente costretto a dimettersi.

Un’altra questione di estremo rilievo è quella delle frontiere. L’Inghilterra in questo momento non aderisce al trattato di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini membri degli Stati Ue. Gli indipendentisti scozzesi invece hanno annunciato una certa fermezza nel regolarizzare gli ingressi ma in un modo più simile a quello dell’UE. A proposito della quale : i fautori dell’indipendenza vorrebbero l’ingresso nell’Unione, ma il procedimento, in quanto inusuale e senza precedenti richiederebbe trattative e procedimenti lunghissimi.

L’ultima annotazione: se vincessero i sì la Scozia diverrebbe formalmente ed ufficialmente indipendente il 24 marzo del 2016, la stessa data in cui nel 1707 fu sancita l’unione delle due corone, inglese e scozzese.

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